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YOGA SUTRA - LE QUALITA' INNATE DELLA MENTE (3.11-3.13)

 


3.11:

 

सर्वार्थतैकाग्रतयोः क्षयोदयौ चित्तस्य समाधिपरिणामः ॥३.११॥

 

In caratteri latini:

sarvārthataikāgratayo kayodayau cittasya samādhipariāma ||3.11||

 

Sciogliamo il sandhi:

sarvārthataikāgratayo kayodayau cittasya samādhi - pariāma ||3.11||

 

Ovvero:

sarva - arthatā - ekāgratayo kaya - udayau cittasya samādhi - pariāma ||3.11||

 

sarvarthatā, dvandva, sostantivo femminile dall’aggettivo “sarva”, “tutto”; dal sostantivo maschile “artha”, “oggetto”, “obbiettivo”, “scopo”; la parola termina con il suffisso “tā” che forma nomi astratti femminili. Significato “tutti gli scopi”, in Kularatnoddyota “tutti i propri scopi”[1];

ekāgratayo, genitivo duale del sostantivo femminile “ekāgratā”, da “eka”, parola numerica, “uno”; dal sostantivo neutro “agra”, “primo”, “migliore”, “innanzitutto”; ”; la parola termina con il suffisso “tā” che forma nomi astratti femminili. Significato : “attenzione mirata e indisturbata”, “concentrazione”, “risolutezza”. Nel buddhismo tibetano “ekāgratā”, indica una delle classi di Dhyāna (meditazione).

kaya, sostantivo maschile, dalla radice “ki”, “diminuire”, “perdere”, “porre fine”. Significato: “perdere”, “dimagrire”, “caduta” (ad esempio di un Re”; in astrologia indica la fase calante della Luna (vedi Bhatsahitā 4);

udayau, nominativo duale del sostantivo maschile “udaya”; prefisso “ud”, “su”, “verso l’alto”, “sopra”; radice verbale “i”, “andare”, “uscire”, “vai”. Significato: “montagna”, “sorgere”, ma è un termine è un termine tecnico sia dello āyurveda (vedi Aṣṭāgahdayasahitā 3.52) sia dell’astrologia indiana (vedi Pīyūadhārā 424) che indica “il sorgere del sole e di una pianeta sulla linea dell’orizzonte” o “la prima apparizione di una stella dopo un periodo di invisibilità dovuto alla sua congiunzione con il sole” (ovvero la “levata eliaca”). Nello Yoga indica il manifestarsi della percezione del cosiddetto “Quarto (livello di coscienza) “ o “turiya” (vedi Mahānayaprakāśa di Arasiha 182 - 197: “[...] Quei raggi della coscienza [...] sono i migliori dei Siddha, [...] risiedono nella dimora del Vuoto (della pura coscienza) nella forma del soggetto che percepisce. — Sono manifestazioni (udaya) della percezione (prathā) dello svolgersi del Quarto Stato insieme a (quelli) chiamati veglia, sogno e sonno profondo che, dotati di unità suprema, dimorano sempre con le più elevate (energie della coscienza)”.

Indica anche il sorgere del potere delle śakti ", secondo il Guhyasūtra (https://www.wisdomlib.org/definition/udaya): “Io sono Purusatattva e tu sei Prakti e anche Niyati; […] Maheśvara è il Tempo; tu sei Māyā e Vidyā, mentre io sono Īśvara - tattva. Io, o dea, sono Sadāśiva [e] tu sei la padrona delle quattro  kalā. (137–138) Poiché governo, controllo, sono onnisciente, poiché sono eternamente in quiete, senza divisioni e in equilibrio, sono Śiva. (139) Tu sei la mia Energia della volontà perché sei tu Colei da cui scaturisce il potere delle śakti (śaktibala - udayā)! L'intero universo è scaturito da te; Tu concedi la natura di Śiva, o tu permeata di vera compassione! (140)”;

cittasya, genitivo singolare del sostantivo neutro “citta”, dalla radice verbale “cit”, “percepire”, “notare”, “osservare”. Significato: dello “spazio percettivo”, della “mente percettiva”, “della facoltà della percezione”;

samādhi, sostantivo maschile “dal prefisso “sam”, “insieme, “con”, e dal sostantivo maschile ādhi, formato dal prefisso "ā", "verso", "vicino", e dalla radice verbale “dhā”, “mettere”, “posizionare”, “posare”. significato: “assorbimento”, “connessione”, “esperienza unitaria”.

pariāma, nominativo singolare del sostantivo maschile “pariāma”, dal prefisso “pari”, “rotondo, “attorno”, “in giro”, “ulteriormente”, “eccessivamente”, e dalla radice verbale “nam”, “inchinarsi”, “abbassare”, “sottomettersi”, “affondare”. Significato: “sviluppo”, “trasformazione”, “maturazione”, “cambiamento di stato”, “digestione”.

 

Quindi avremo:

Tutti gli oggetti/tutti gli scopi - della attenzione concentrata - calare/diminuire - sorgere - della mente -  samādhi - trasformazione/maturazione.

 

Possibile interpretazione:

Samādhi pariāma [consiste nello] scemare (kaya) dell'attenzione verso tutti gli oggetti [sarva - arthatā ovvero onnidirezionalità dell’attenzione] [cui si accompagna] il sorgere (udaya) [della capacità] di concentrazione della mente (cittasya) su di un unico oggetto (ekāgratā).

 

Commento di Vyāsa: La molteplicità degli obbiettivi [onnidirezionalità] è una qualità della mente (sarvarthatā cittadharma). Anche la concentrazione è una qualità della mente (ekāgratāpi cittadharma. Lo scemare dell’onnidirezionalità [ovvero della distrazione] è la sua scomparsa. Il sorgere della concentrazione è la sua comparsa. La mente viene posta su entrambe queste caratteristiche. Seguendo entrambe queste qualità di distrazione e manifestazione la mente diviene incline al samādhī che è una qualità della sua propria natura. Questo è il samādhi pariāma della mente.

 

Commento di Vyāsa in sanscrito:

sarvārthataikāgratayo kayodayau cittasya samādhipariāma || 3.11 ||

 

sarvarthatā cittadharma. ekāgratāpi cittadharma. sarvārthatāyā kayastirobhāva ityartha. ekāgratāyā udaya āvirbhāva ityartha. tayordharmitvenānugata citta, tadida cittamapāyopajanayo svātmabhūtayordharmayoranugata samādhīyate sa cittasya samādhipariāma.

 

 

3.12:

 

ततः पुनः शान्तोदितौ तुल्यप्रत्ययौ चित्तस्यैकाग्रतापरिणामः ॥३.१२॥

 

In caratteri latini:

tata puna śāntoditau tulyapratyayau cittasyaikāgratāpariāma ||3.12||

 

Sciogliamo il sandhi:

tata puna śāntoditau tulya - pratyayau cittasyaikāgratā - pariāma ||3.12||

 

Ovvero:

tata puna śānta - uditau tulya - pratyayau cittasya ekāgratā - pariāma ||3.12||

 

tata(tatas), avverbio indeclinabile, “da quello”, “quindi”, “pertanto”;

puna, “punar”, avverbio, “ancora”, “di ritorno”, “di nuovo”;

śānta, aggettivo, dalla radice “śam”, essere in quiete”, “calmare”, “acquietarsi”. Significato: “calmo”, “tranquillo”, “pacificato”;

uditau, nominativo duale dell’aggettivo “udita”, dal prefisso “ud”, “su”, “verso l’alto”, “sopra”; radice verbale “i”, “andare”, “uscire”, “vai”. Significato:  “sbocciare”, “sbocciato”, “sorgere”, “sorto”, “manifestare”, manifestato”;

tulya, aggettivo, dal sostantivo femminile “tulā””unità di misura del peso”, “segno zodiacale della Bilancia”, “trave”, “sostegno”. Significato: “somigliante”, “somiglianza”; in Sarvajñānottaratantra 18 “diventare uguali a Śiva” (Vedi: https://www.wisdomlib.org/definition/tulya);

pratyayau, nominativo duale del sostantivo maschile “pratyaya”, dal prefisso “prati”, “indietro”, “contro”; radice verbale “i”, “andare”, “uscire”, “vai”. Significato: “esperienza”, “cognizione”, “idea”. [N.B. “pratyaya” assume vari significati a seconda dell’ambito in cui è inserito. In ambito grammaticale, in ambito filosofico, in ambito medico assume significati completamente diversi];

cittasya, genitivo singolare del sostantivo neutro “citta”, dalla radice verbale “cit”, “percepire”, “notare”, “osservare”. Significato: dello “spazio percettivo”, della “mente percettiva”, “della facoltà della percezione”;

ekāgratā, sostantivo femminile da “eka”, parola numerica, “uno”; dal sostantivo neutro “agra”, “primo”, “migliore”, “innanzitutto”; ”; la parola termina con il suffisso “tā” che forma nomi astratti femminili. Significato : “attenzione mirata e indisturbata”, “concentrazione”, “risolutezza”. Nel buddhismo tibetano “ekāgratā”, indica una delle classi di Dhyāna (meditazione).

pariāma, nominativo singolare del sostantivo maschile “pariāma”, dal prefisso “pari”, “rotondo, “attorno”, “in giro”, “ulteriormente”, “eccessivamente”, e dalla radice verbale “nam”, “inchinarsi”, “abbassare”, “sottomettersi”, “affondare”. Significato: “sviluppo”, “trasformazione”, “maturazione”, “cambiamento di stato”, “digestione”;

 

Quindi avremo:

Da quello/da questo - di nuovo -  acquietato/pacificato - uguale a/simile a - idea/contenuto mentale - della mente - trasformazione/maturazione.

 

Possibile interpretazione:

Lì, di nuovo (tata punah) [ovvero nella condizione definita samādhi pariāma] [quando] il contenuto mentale (pratyaya) che tramonta (śānta) è uguale (tulia) [al contenuto mentale] che sorge (udita) [si sperimenta] ekāgratā - pariāma, la modificazione (pariāma) della mente (cittasya) [detta] concentrazione in un punto (ekāgratā).

 

Commento di Vyāsa: In colui la cui mente è incline [ovvero addestrata] al samādhi il contenuto mentale passato/precedente si attenua e il contenuto mentale che sorge diventa uguale a quello [precedente]. La mente incline al samādhi è comune ad entrambi. Lo stesso accadrà di nuovo [fino alla fine dell’esperienza del samādhi].

Questa ekāgratā - pariāma [condurrà ] alla mente isolata/indipendente dalle [sue proprie] qualità (sa khalvaya dharmiaścittasyaikāgratāpariāma).

 

Commento di Vyāsa in sanscrito:

tata puna śāntoditau tulyapratyayau cittasyaikāgratāpariāma ||3.12||

 

samāhitacittasya pūrvapratyaya śānta uttarastatsadśa udita, samādhicittamubhayoranugata punastathaivāsamādhibhreāditi. sa khalvaya dharmiaścittasyaikāgratāpariāma

 

 

3.13:

 

एतेन भूतेन्द्रियेषु धर्मलक्षणावस्थापरिणामा व्याख्याताः ॥३.१३॥

 

In caratteri latini:

etena bhūtendriyeu dharmalakaāvasthāpariāmā vyākhyātā ||3.13||

 

Sciogliamo il sandhi:

etena bhūtendriyeu dharma - lakaāvasthā - pariāmā vyākhyātā ||3.13||

 

Ovvero:

etena bhūta - indriyeu dharma - lakaa - avasthā - pariāmā vyākhyātā ||3.13||

 

etena, strumentale singolare del pronome di terza persona “eta”, ”questo”, “questo qui”. Significato: “da lui”, “da questo”, “con lui”, “con questo”;

bhūta, sostantivo neutro radice verbale “bhū”, “divenire”, “insorgere”, “accadere”. Significato: “vero”, “reale”, “esistente”; con la definizione “pañca bhūta” si intendono i cinque “elementi grossolani”, ovvero Spazio, Vento; Fuoco, Acqua e Terra;

indriyeu, locativo plurale del  sostantivo neutro “indriya”, “potere appartenente a Indra”, “organo di senso e di azione”;

dharma, sostantivo maschile, dalla radice verbale “dh”. Significato: “tenere”, “trattenere”, “portare avanti” “legge”, “codice”, “legge”, “dovere”. In Īśvarapratyabhijñāvimarśinī (KSTS vol. 65, 330)[2] indica i diversi aspetti di Śakti e, in genere, le diverse qualità di una sostanza, un’energia ecc.;

lakaa, sostantivo maschile, dalla radice verbale “lak”, “designare”, “contrassegnare”, “definire”. Significato: “definizione”, “caratteristica generale”, “proprietà peculiare”, “ciò che costituisce il carattere essenziale di una cosa”;

avasthā, sostantivo femminile, dal prefisso “ava”, “giù”, “basso”, “sotto”; e dalla radice verbale “sthā”, “in piedi”, “stare eretti”. Significato: “stato”, “condizione”. In Īśvarapratyabhijñāvimarśinī (KSTS vol. 65, 330) indica i cinque stati mistici - detti anche pañcāvastha – ovvero: ghūri (stato “vorticoso”, confusione), nidrā (stato del sonno, ottusità), kampa (stato “del tremore”, eccitazione), udbhava (stato “dell’elevazione”, concentrazione”), ānanda (stato della beatitudine); in questo testo indica le differenze di condizione dovute alle fasi temporali (passato, presente e futuro; vedi il commento di Vyāsa 3.13);

pariāmā, nominativo plurale del sostantivo maschile “pariāma” dal prefisso “pari”, “rotondo, “attorno”, “in giro”, “ulteriormente”, “eccessivamente”, e dalla radice verbale “nam”, “inchinarsi”, “abbassare”, “sottomettersi”, “affondare”. Significato: “sviluppi”, “trasformazioni”, “maturazioni”, “cambiamenti di stato”, “digestioni”;

vyākhyātā, nominativo plurale del sostantivo maschile “vyākhyāta”, dal prefisso “vi”, ”, “a parte”, “separato”, “disgiunto”; dal prefisso “ā”, “vicino”, “verso”; e dalla radice verbale "khyā",”vedere”, “apparire”. Significato di vyākhyāta: “ciò che è stato spiegato”, “ciò che è stato enunciato”;

 

Quindi abbiamo:

Con questo - bhūta/ciò che esiste/elementi grossolani - gli organi di senso e di azione -  qualità - caratteristica peculiare - stato/condizione - modificazioni/maturazioni - sono spiegate.

 

Possibile interpretazione:

Con questo (etena) [ovvero con le descrizioni di nirodha pariāma, samādhi - pariāma e ekāgratā - pariāma fatte in precedenza] vengono spiegate (vyākhyātā) le modificazioni (pariāmā) di qualità (dharma[3]), peculiarità (lakaa[4]), e condizione (avasthā[5]) negli organi di senso e di azione (indriya)[6] [e in ciò che esiste ovvero ciò che è composto da elementi grossolani] bhūta.

 

Commento di Vyāsa: [il versetto] si deve intendere nel senso che descrivendo le trasformazioni di qualità, caratteristiche peculiari e condizione con riferimento alla mente percettiva (citta), vengono descritte anche le trasformazioni di qualità, caratteristiche peculiari e condizione riferimento alle forme oggettive della materia e agli strumenti di azione e sensazione.

Là, lo scemare e il sorgere dei contenuti mentali e […] [nirodha pariāma, samādhi - pariāma e ekāgratā - pariāma descritte in precedenza] erano le modificazioni della qualità (dharma) di un oggetto [sostrato] che esiste indipendente dalle qualità e dalle caratteristiche peculiari. [l’oggetto] ha tre caratteristiche peculiari e ciò è connesso ai tre sentieri dell’essere [adhvā, ovvero passato, presente e futuro]; [N.d.R. il testo non è chiaro, potrebbe significare che samādhi - pariāma e ekāgratā - pariāma sono considerate qualità secondarie di nirodha pariāma].

[…] Abbandonando il primo sentiero [passato], assume la caratteristica peculiare del secondo e manifesta la sua “vera natura” nel presente pur non essendo privo delle qualità del passato e delle qualità non ancora manifestate (lakaa).

Allo stesso modo l'attività esteriore possiede tre qualità secondarie ed è collegata ai tre percorsi dell'essere [ovvero passato, presente e futuro].

Avendo rinunciato alla qualità secondaria del presente, ma non avendo rinunciato alla sua caratteristica, la assume come qualità del passato. Questo [il futuro] è il suo terzo percorso dell'essere, e non è privo delle qualità secondarie del futuro e del presente.

Allo stesso modo, portando l’attenzione nuovamente sull'attività esteriore, rinuncia alla qualità secondaria non ancora manifesta; ma non avendo rinunciato alla sua caratteristica di esistenza come tale, la assume come qualità secondaria del presente, dove, manifestando la sua vera natura, agisce come tale. Questo è il suo secondo percorso di ciò che è in esistenza, e non è privo delle qualità secondarie del passato e del futuro.

[…] Simile è la modificazione della condizione. Durante il momento di soppressione, le potenze soppressive vengono rafforzate e le potenzialità delle attività in uscita si indeboliscono. Questa è la modifica delle condizioni delle qualità (dharma).

Quindi l'obiettivo cambia attraverso le qualità ; le qualità possedute dai tre percorsi dell'essere vengono modificate mediante le caratteristiche peculiari, e le caratteristiche peculiari si modificano negli stati.

È così che [l’esistenza] […] non è mai priva nemmeno per un istante dei cambiamenti delle qualità, delle caratteristiche peculiari e delle condizioni ; e […] [l’esistenza consiste in un'attività incessante. È stato inoltre detto che la causa dell'attività [ovvero delle trasformazioni] delle “qualità”[dharma] è la loro stessa natura.

Con ciò deve intendersi che il triplice cambiamento dei fenomeni oggettivi e strumentali (bhūtendriyeu) è dovuto alla discriminazione tra l’oggetto e le sue caratteristiche e qualità. In realtà però il cambiamento è uno solo, perché le caratteristiche e le qualità rappresentano la natura stessa dell’oggetto. […] sono solo le condizioni dell’oggetto nel passato, presente e futuro che mutano ma la sostanza non viene cambiata. Pertanto, quando un vaso d'oro viene distrutto [fuso] per essere trasformato in qualcos'altro, è solo la condizione che cambia, non l'oro.

Un altro dice: - l’oggetto non è altro che le sue qualità e caratteristiche, in quanto la realtà del primo non oltrepassa queste ultime. Se fosse qualcosa di coesistente [ovvero se le trasformazioni dovute allo scorrere del tempo avessero una natura propria] l’oggetto cambierebbe soltanto come esistenza indipendente, trasformandosi semplicemente in condizioni anteriori e posteriori distinte.

Questo non è un difetto [della spiegazione]. Perché? Perché in quel caso non esiste “costanza”. Così i tre mondi [ovvero passato, presente e futuro] rinunciano alle loro apparenze individuali, perché è stata loro negata l’eternità, ciononostante esistono anche in caso di scomparsa, perché è stata loro negata la distruzione.

[…]

Il cambiamento della caratteristica peculiare è lo spostamento della qualità lungo i sentieri dell’esistenza [passato, presente e futuro]. La qualità passata unita alla caratteristica peculiare passata non è priva delle caratteristiche peculiari del futuro e del presente.

Allo stesso modo, la qualità presente unita alla caratteristica peculiare presente non è priva della caratteristica peculiare passata e futura. Allo stesso modo, il futuro unito alla caratteristica peculiare futura non è privo delle qualità secondarie presenti e passate. Ad esempio, un uomo che è innamorato di una donna non odia, per questo, tutte le altre.

Altri trovano un difetto in questo cambiamento di caratteristiche peculiari. Dicono che essendo tutte le qualità e caratteristiche in esistenza simultanea, i loro percorsi dell'esistenza non devono essere separati nettamente.

Ciò si verifica così: che le qualità esistano come tali non richiede alcuna prova. Quando esiste una qualità, esistono anche le differenze delle caratteristiche peculiari. Non è solo il tempo presente che determina le qualità e le caratteristiche. Se fosse così la mente non possederebbe la qualità dell'attaccamento , poiché l'attaccamento non si manifesta nell’espressione della rabbia e dell’avversione. Inoltre, le tre qualità secondarie – presente, passato e futuro - non possono esistere contemporaneamente in un individuo. Esse possono tuttavia apparire in successione in virtù dell'azione delle loro diverse cause. […] Ad esempio, se si manifesta l'attaccamento rispetto ad un qualsiasi oggetto non per questo cessa di esistere per tutti gli altri oggetti, al contrario esiste naturalmente in riferimento ad essi.

Simile è il caso delle caratteristiche peculiari. Non è l'oggetto caratterizzato che possiede i tre sentieri dell'essere, ma sono le qualità che possiedono i tre sentieri. Possono essere manifeste o latenti. Di queste quelle manifeste assumono condizioni diverse, e di conseguenza vengono chiamate in modo diverso perché diverse sono le qualità, e non la sostanza. Questo è allo stesso modo in cui “la cifra 1 significa dieci al posto di dieci, cento al posto di cento e uno al posto di unità”; O ancora una donna, pur essendo una sola, viene chiamata madre, figlia e sorella.

Alcuni ritengono difettosa la teoria del cambiamento di qualità poiché rende necessaria un'esistenza indipendente. Come? Ci sono intervalli tra le operazioni dei percorsi dell'essere: una qualità è definita futura, quando non svolge la sua funzione; è definita presente quando svolge la sua funzione; è definita passata quando cessa di funzionare.

Ora il difetto a tale teoria che trovano gli oppositori è che in questo modo la qualità e l'oggetto caratterizzato, come anche la caratteristica peculiare e la condizione, devono essere necessariamente considerate come esistenze indipendenti.

Questo non è un difetto della teoria. Perché? Per la varietà dovuta all'interazione delle 'qualità' anche nel caso in cui gli oggetti siano permanenti.

Come la confluenza [percezione] degli elementi essenziali ed indistruttibili del suono è solo un evento che ha un inizio e quindi è distruttibile, così lo è anche lo stato indifferenziato della materia che va a porsi come una qualità dell’elemento essenziale ed indistruttibile del suono. Essenzialità, ecc., ed è come tale distruttibile. È per questo motivo che un oggetto viene definito viene definito "Vikāra", cioè “mutevole2. Ecco un esempio: l'argilla è un oggetto [sostanza] dotato di caratteristiche. La sua esistenza sotto forma di zolla ne è una qualità. Rinuncia [per così dire] a questa qualità e ne assume un'altra, per esempio la forma di un vaso. Nella forma di vaso la sua caratteristica peculiare “rinuncia” al suo futuro e arriva a possedere la caratteristica peculiare manifestata nel presente. Cambia così la sua caratteristica peculiare. Il vaso cambia, mostrando in ogni momento la sua vecchiaia e la sua nuova condizione. Questo è un cambiamento di condizione.

Un'altra qualità assunta dal substrato (dharmi) caratterizzato (dharma) non è altro che un cambiamento di condizione. in pratica è sempre la stessa sostanza che si trasforma; Così il cambiamento della qualità, della caratteristica peculiare e della condizione non oltrepassa l'essere del substrato caratterizzato, e per questo motivo non vi è che un solo cambiamento che attraversa tutte queste specializzazioni.

Ebbene, qual è questo cambiamento? Il cambiamento è la manifestazione di un'altra qualità in seguito alla rimozione della qualità precedente di una sostanza che rimane costante.

 

Commento di Vyāsa in sanscrito:

etena bhūtendriyeu dharmalakaāvasthāpariāmā vyākhyātā ||3.13||

 

etena pūrvoktena cittapariāmena dharmalakaāvasthārūpea bhūtendriyeu dharmapariāmo lakaapariāmo'vasthāpariāmaścokto veditavya. tatra vyutthānanirodhayorabhibhavaprādurbhāvau dharmii dharmapariāma. lakaapariāmaśca nirodhastrilakaastribhiradhvabhiryukta. sa khalvanāgatalakaamadhvāna prathama hitvā dharmatvamanatikrānto vartamānalakaa pratipanna. yatrāsya svarūpeābhivyakti. eo'sya dvitiyo'dhvā. na cātītānāgatābhyā lakaābhyā viyukta. tathā vyutthāna trilakaa tribhiradhvabhiryukta vartamānalakaa hitvā dharmatvamanatikrāntamatītalakaa pratipannam. eo'sya ttīyo'dhvā. na cānāgatavartamānābhyā lakaābhyā viyuktam. eva punarvyutthānamupasapadyamānamanāgatalakaa hitvā dharmatvamanatikrānta vartamānalakaa pratipannam. yatrāsya svarūpābhivyaktau satyā vyāpāra eo'sya dvitīyo'dhvā. na cātītānāgatābhyā lakaābhyā viyuktamiti. eva punarnirodha eva punarvyutthānamiti. tathāvasthāpariāma tatra nirodhakaeu nirodhasaskārā balavanto bhavanti durbalā vyutthānasaskārā iti. ea dharmāāmavasthāpariāma. tatra dharmio dharmai pariāmo dharmāā tryadhvanā lakaai pariāmo lakaānāmapyavasthābhi pariāma iti. eva dharmalakaāvasthāpariāmai śūnya na kaamapi gunavttamavatiṣṭhate. cala ca guavttam. guasvābhāvya tu pravttikāraamukta guānāmiti. etena bhūtendriyeu dharmadharmibhedāttrividha pariāmo veditavya. paramārthatastveka eva pariāma. dharmisvarūpamātro hi dharmo dharmivikriyaivaiā dharmadvārā prapañcyata iti. tatra dharmasya dharmii vartamānasyaivādhvasvatītānāgatavartamāneu bhāvānyathātva bhavati na tu dravyānyathātvam. yathā suvarabhājanasya bhittvānyathākriyamāasya bhāvānyathātva bhavati na suvarānyathātvamiti. apara āha - - - dharmānabhyadhiko dharmī pūrvatattvānatikramāt. pūrvāparāvasthābhedamanupatita kauasthyenaiva parivarteta yadyanvayī syāditi. ayamadoa. kasmat. ekāntatānabhyupagamāt. tadetattrailokya vyakterapaiti nityatvapratiedhāt. apetamapyasti vināśapratiedhāt. sasargāccāsya saukmya, saukmyāccānupalabdhiriti. lakaapariāmo dharmo'dhvasu vartamāno'tīto'tītalakaayukto'nāgatavartamānābhyā lakaābhyāmaviyukta. tathānāgato'nāgatalakaayukto vartamānātītābhyā lakaābhyāmaviyukta. tathā vartamāno vartamānalakaayukto'tītānāgatābhyā lakaābhyāmaviyukta iti. yathā purua ekasyā striyā rakto na śeāsu virakto bhavatīti. atra lakaapariāme sarvasya sarvalakaayogādadhvasakara prāpnotīti parairdoaścodyata iti. tasya parihāra - - - dharmāā dharmatvamaprasādhyam. sati ca dharmatve lakaabhedo'pi vācyo na vartamānasamaya evāsya dharmatvam. eva hi na citta rāgadharmaka syātkrodhakāle rāgasyāsamudācārāditi. kica vassoioāā lakaānā yugapadekasyā vyaktau nāsti sabhava.kramea tu svavyañjakāñjanasya bhāvo bhavediti. ukta ca rūpātiśayā vttyatiśayāśca virudhyante, sāmānyāni tvatiśayai saha pravartante. tasmādasakara yathā rāgasyaiva kvacitsamudācāra iti na tadānīmanyatrābhāva, kitu kevala sāmānyena samanvāgata ityasti tadā tatra tasya bhāva tathā lakaasyeti. na dharmī tryadhvā dharmāstu tryadhvānaste lakitā alakitāstatra lakitāstā tāmavasthā prāpnuvanto'nyatvena pratinirdiśyante'vasthāntarato na dravyāntarata. yathaikā rekhā śatasthāne śata daśasthāne daśaikā caikasthāne yathā caikatve'pi strī mātā cocyate duhitā ca svasā ceti. avasthāpariāme kauasthyaprasagadoa kaiścidukta. Katham. adhvano vyāpārea vyavahitatvāt. yadā dharma svavyāpāra na karoti tadānāgato yadā karoti tadā vartamāno yadā ktvā nivttastadātīta ityeva dharmadharmiānānāmavasthānā ca kauasthya pr apnotiti parairdoa ucyate. nasau doah. kasmat. guninityatve'pi guānā vimardavaicitryāt. yathā sasthānamādimaddharmamātra śabdādīnā guānā vināśyavināśināmeva ligamādimaddharmamātra sattvādīnā guānā vināśyavināśinā tasminvikārasa jñeti. tatredamudāharaa mddharmī piṇḍākārāddharmāddharmāntaramupasapadyamāno dharmata pariamate ghaākāra iti. ghaākāro'nāgata lakaa hitvā vartamānalakaa pratipadyata iti lakaata pariamate. ghao navapurāatā pratikaamanubhavannavasthāpariāma pratipadyata iti. dharmio'pi dharmāntaramavasthā dharmasyāpi lakaāntaramavasthetyeka eva dravyapariāmo bhedenopadarśita iti. eva padārthāntarevapi yojyamiti. ta ete dharmalakaāvasthāpariāmā dharmisvarūpamanatikrāntā ityeka eva pariāma sarvānamūnviśeānabhiplavate. atha ko'ya pariāma. avasthitasya dravyasya pūrvadharmanivttau dharmāntarotpatti pariāma iti.

 

 



[1] “[...] O goddess, (this form) bestows all fruits and gives (both) worldly enjoyment and liberation and accomplishes all (one’s) goals [i.e., sarvārtha - sādhanī]. She destroys all suffering and drags (away all) disturbance. She bestows tranquillity, fulfillment and accomplishment. She bestows flight and the rest as well as the most divine gathering in the circle (of initiates). O beloved, she bestows the cosmic form and whatever desire (kāma) and wealth (one may) wish for. You will thus be the object of adoration (pujyā) by means of the Vidyā of thirty - two syllables”. [ https://www.wisdomlib.org/definition/sarvartha ]

[3] Nel versetto 3.13 la parola dharma (धर्म) viene intesa solitamente come “caratteristiche essenziali” o “proprietà essenziali” di un oggetto, ma occorre tener presente che ha molti significati diversi:

-       Può indicare la “virtù” che si realizza recitando determinati mantra (vedi Kakapuatantra 1.43);

-       Può indicare le “qualità della coscienza” (vedi Īśvarapratyabhijñāvimarśinī, KSTS vol. 65, 330);

-       Può indicare i “compiti” o i “doveri”, ovvero “doveri di casta”(vara - dharma), “doveri relativi alle quattro fasi della vita” (āśrama - dharma) o i “doveri relativi alle qualificazioni” (gua - dharma);

-       Derivando dalla radice verbale dh che significa nutrire, sostenere, sostenere, proteggere  può indicare la “legge universale”, che sostiene e protegge l’intera manifestazione;

-       Per la scuola filosofica Mīmāsa significa “giusta azione”;

-       Per il buddhismo theravada indica i quattro caratteristiche fondamentali dell’esperienza umana, ovvero:

1.        Citta, (mente, coscienza, consapevolezza);

2.        Cetasika, (52 tipi di fattori mentali, eventi mentali, mentalità);

  1. Rūpa, (28 tipi di eventi e oggetti fisici);
  2. Nibbāna, (Estinzione, cessazione).

-       Nel buddhismo mahāyāna (vedi Mahāprajñāpāramitāśāstra XXV capitolo) indica le cose mentali, citta - dharma (ovvero rabbia, tristezza, dubbio ecc. ) e le cose non mentali,  acitta - dharma (ovvero freddo, caldo, vento, pioggia fame, sete ecc.).

[4] Nel versetto 3.13 il termine lakaa (लक्षण) viene solitamente interpretato nel senso di “caratteristiche secondarie” o per alcuni “caratteristiche temporali”, ovvero riguardanti passato, presente e futuro, ma, così come abbiamo suggerito per “dharma” occorre considerare che può assumere molti vari significati:

-       Per la scuola filosofica Vaiśeika significa “definizione di un argomento filosofico”;

-       Per la grammatica sanscrita, Vyakarana, indica “l’inferenza” o “l’implicazione”, ovvero il procedimento che porta ad abbandonare il significato reale di una parola per comprenderne un significato diverso ma legato alla parola stessa;

-       Per lo Āyurveda indica i “segni e i sintomi”. Vedi ad esempio Yogaśataka (X secolo).

-       Nella Śrī Bhad - bhāgavatāmta il termine lakaa viene usato nel senso di “qualità”, “caratteristica”.

-       Nello Hahayoga prende il significato di “segno” (vedi Amtasiddhi).

[5] Nel versetto 3.13 la parola avasthā (अवस्था) viene interpretata solitamente come “condizione di un oggetto o di un fenomeno”, esempio un vaso di argilla che può essere “vecchio” o “nuovo”, ma, esattamente, come si è detto, per lakaa e per dharma, assume significati diversi a seconda del contesto. Qui può essere interessante notare come nella tradizione dello Hahayoga vada ad indicare:

-       I quattro stadi della pratica, (vedi Amtasiddhi, 19–33) ovvero:

1.        Ārambha, ovvero i rituali iniziali;

2.        Ghaa, che significa vaso ed indica la conoscenza del corpo;

3.        Paricaya,”familiarità”, nel senso del prendere confidenza con la pratica meditativa e la circolazione delle energie sottili;

4.        Nipanna o nipatti, che indica la cessazione del respiro e delle attività della mente ordinaria nella pratica della meditazione.

-       I pañcāvastha, o”cinque stati mistici”, affini ai cinque “citta bhumi” (vedi Īśvarapratyabhijñāvimarśinī KSTS 6 5, 330) ovvero:

1.        Beatitudine (ānanda),

2.        Ascesa (udbhava),

3.        Tremore (kampa),

4.        Sonno (nidra),

5.        Vortice (ghūri).

 

[6] Traduzione di I. K. Taimni:

3.13. By this (by what has been said in the last four sutras) the property, character and the sense - organs are also explained.

Traduzione di Swami Vivekananda:

3.13. By this is explained the threefold transformations of form, time and state, in fine or gross matter and in the organs.

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