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YOGA SUTRA - SAMADHIPRAJNA (3.5-3.7)

 


 

3.5:

 

तज्जयात् प्रज्ञालोकः ॥३.५॥

 

In caratteri latini:

tajjayāt prajñālokaḥ ||3.5||

 Sciogliamo il sandhi:

taj-jayāt prajñālokaḥ ||3.5||

tat-jayāt prajñā-ālokaḥ ||3.5||

tad, dal pronome di terza persona “tat”;significato: “quello”, “di quello”;

jayāt, ablativo singolare del sostantivo maschile “jaya”; radice verbale “ji”, “vincere”, “conseguire”,  “ottenere”. Significato: “conseguimento”, “conquista”;

prajña karmadhāraya[1]/ sostantivo femminile, prefisso "pra", "avanti", "fuori"; radice verbale “jñā”, “sapere, “conoscere”. Significato: “conoscenza”, “saggezza”;

ālokah, nominativo singolare del sostantivo maschile āloka, dal prefisso "ā", "verso", "vicino";  radice verbale “lok”, “guardare, “vedere”. Significato: “vista”, “sguardo”, “aspetto”, “luce”, “apparenza”;

 

Quindi abbiamo:

Di quello-conquista-conoscenza-sguardo/vista/luce.

 

Possibile interpretazione:

Padroneggiando quello [ovvero conquistando (jayat) la tecnica del saṁyama del versetto precedente] sorge la luce (āloka) di prajñā.

 

Commento di Vyāsa: Con il raggiungimento di questo saṃyama arriva la luce di prajñā.. Man mano che il saṃyama diventa sempre più saldo, samādhiprajñā [intesa come “pratica della concentrazione e dell’intuizione profonda”. N.B. Si tratta di un termine tecnico buddhista.] diventa sempre più luminosa.

 

Commento di Vyāsa in sanscrito:

tajjayātprajñālokaḥ ||3.5||

tasya saṃyamasya jayātsamādhiprajñāyā bhavatyāloko yathā yathā saṃyamaḥ sthirapado bhavati tathā tathā samādhiprajñā viśāradī bhavati. 3.5

 

 3.6:

 तस्य भूमिषु विनियोगः ॥३.६॥

 

In caratteri latini:

tasya bhūmiṣu viniyogaḥ ||3.6||

 

tasya, genitivo singolare del pronome di terza persona “tat”; “suo” [riferito in questo caso a “viniyogaḥ”];

bhūmiṣu, locativo plurale del sostantivo femminile bhūmi; dalla radice verbale “bhū”, “divenire”, “sorgere”, “accadere”; significato: “regioni”, “territori”, “livelli”;

viniyogaḥ, nominativo singolare del sostantivo maschile “viniyoga”, prefisso "vi", "a parte", “separato”, “diverso”; dal prefisso “ni”, “dentro”, “all’interno”, “dietro”; sostantivo maschile “yoga”, dalla radice “yuj”, “agitarsi”, “tendersi”, “unire”. Significato: “impiego”, “utilizzo”, “applicazione”;

 

Quindi abbiamo:

Il suo-territori/livelli-impiego/applicazione.

 

Possibile interpretazione:

La sua applicazione ((viniyoga) [ovvero l’applicazione del saṁyama (tasya)] [avviene per ] livelli (bhūmiṣu) [ovvero fase per fase].

 

Commento di Vyāsa: Quando un piano è stato conquistato con il Saṃyama, viene applicato al livello immediatamente successivo. Nessuno può saltare all livello immediatamente successivo senza aver conquistato il piano inferiore, per poi raggiungere - con riferimento al livello più lontano - Saṃyama. E se questo Saṃyama non può essere raggiunto, come potrà arrivare la luce della conoscenza [prajñā]? Colui, tuttavia, che ha conquistato i piani superiori facendo di Īśvara il motivo di tutte le azioni, non deve compiere Saṃyama con riferimento ai livelli inferiori, come la lettura del pensiero , ecc. Perché? Perché lo scopo è già stato raggiunto con mezzi diversi da questo. Quanto a quale sia il successivo  livello dopo un certo livello, è solo la pratica dello Yoga che lo insegnerà. Come? È stato detto: 'Lo Yoga deve essere conosciuto tramite lo Yoga; lo Yoga si manifesta attraverso lo Yoga; chi non è confuso gode a lungo dello Yoga attraverso lo Yoga.

 

Commento di Vyāsa in sanscrito:

tasya bhūmiṣu viniyogaḥ || 3.6 ||

tasya saṃyamasya jitabhūmeryānantarā bhūmistatra viniyogaḥ. na hyajitādharabhūmiranantarabhūmiṃ vilaṅghya prāntabhūmiṣu saṃyamaṃ labhate. tadabhāvācca kutastasya prajñālokaḥ. īśvaraprasādājjitottarabhūmikasya ca nādharabhūmiṣu paracittajñānādiṣu saṃyamo yuktaḥ. kasmāt, tadarthasyānyata evāvagatatvāt. bhūmerasyā iyamanantarā bhūmirityatra yoga evopādhyāyaḥ. kathamevaṃ hyuktam. "yogena yogo jñātavyo yogo yogātpravartate / yo'pramattastu yogena sa yoge ramate ciram" iti.

 

 

3.7:

त्रयमन्तरङ्गं पूर्वेभ्यः ॥३.७॥

 

In caratteri latini:

trayamantaraṅgaṁ pūrvebhyaḥ ||3.7||

Sciogliamo il sandhi:

trayam antar-aṅgaṁ pūrvebhyaḥ ||3.7||

Ovvero:

trayam antaḥ-aṅgam pūrvebhyaḥ ||3.7||

 

trayam, nominativo singolare del numerale neutro “traya”, dalla parola numerica “tri”, “tre”; significato: “i tre”. “l’insieme dei tre”;

antaraṅgam, nominativo singolare del sostantivo neutro “antaraṅga”, dall’avverbio “antar”, “dentro”, “all’interno”, “tra”, e dal sostantivo neutro “aṅga”, “membro del corpo”, “parte di un insieme”. Significato: “interno”, “intimo”;

pūrvebhyaḥ, dativo plurale dell’aggettivo “pūrva”, “antico”, “vecchio”, “primo”, “riferito ad esperienze precedenti ( vedi: Īśvarapratyabhijñākārikā 1.5.8-9).

 Quindi abbiamo:

L’insieme dei tre- interno-membro-dei precedenti.

 

Possibile interpretazione:

L’insieme dei tre (trayam) [ovvero l’insieme di dhāraṇā, dhyāna e samādhi] è più interno dei [cinque aṅga] precedenti.

Commento di Vyāsa: Questo [il versetto 3.7, significa] che l’insieme dei tre - dhāraṇā, dhyāna e samādhi, sono mezzi più interni [in questo caso “più diretti”, vedi “Tattvavaiśāradī” di Vācaspatimiśra] per realizzare samādhiprajñā rispetto ai cinque precedenti come yama ecc.

Commento di Vyāsa in sanscrito:

trayamantaraṅgaṃ pūrvebhyaḥ ||3.7|| 

tadetaddhāraṇādhyānasamādhitrayamantaraṅgaṃ saṃprajñātasya samādheḥ pūrvebhyo yamādibhyaḥ pañcabhyaḥ sādhanebhya iti



[1] Karmadhāraya (कर्मधारय) è un sottoinsieme del composto tatpuruṣa in cui è presente samānādhikaraṇa , “accordo di caso”, tra i due membri fondamentali. In altre parole, la relazione di caso tra i due è sempre nominativa. Il tipo più comune karmadhāraya ha un aggettivo nella sua forma radicale apposto a un sostantivo o radice nominale. Il tipo “appositivo” di karmadhāraya in cui due sostantivi sono equiparati è “meno comune ma ancora frequente” nella lingua.

Karmadhāraya (कर्मधारय).-Nome tecnicamente dato a una formazione composta di due parole in apposizione cioè usate nello stesso caso, tecnicamente chiamato समानाधिकरण ( samānādhikaraṇa ) che mostra lo stesso substrato; cfr. तत्पुरुषः समानाधिकरणः कर्म-धारयः ( tatpuruṣaḥ samānādhikaraṇaḥ rayaḥ ) I 2.42. Il composto karmadhāraya è considerato una varietà del composto tatpuruṣa. Non esiste una spiegazione soddisfacente del motivo per cui un tale composto è chiamato कर्म-धारय ( karma-dhāraya ) . Śākaṭāyana definisce Karmadhāraya come विशेषणं व्यभिचारि एकार्थं कर्मधारयश् ( viśeṣaṇaṃ vyabhicāri ekārthaṃ karmadhārayaśca ) dove la parola विशेषण ( viśeṣaṇa ) è spiegata come व्यावर्तक ( vyāvartaka ) o भेदक ( bhedaka ) (attributo distintivo) che mostra che la parola कर्म ( karma ) può significare भेदकक्रिया ( bhedakakriyā ) . La parola कर्मधारय ( karmadhāraya ) in quel caso potrebbe significare ' कर्म भेदकक्रिया, तां धारयति अस कर्मधारयः ( karma bhedakakriyā , tāṃ dhārayati asau karmadhārayaḥ ) ' un composto che fornisce una specificazione della cosa in mano.


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