Il Joga Pradīpikā, pubblicato nel 1737, è un manuale di Haṭhayoga scritto in un antico dialetto Hindi,in cui forme e vocaboli delle lingue conosciute come Braj Bhasa e Khari Boli si fondono con alcuni elementi di sanscrito[1]. Il cammino dello Yoga, nella Joga Pradīpikā viene diviso in sette parti o branche - सप्ताङ्ग Saptāṅga - che risultano sostanzialmente diverse da quelle descritte nello अष्टाङ्ग aṣṭāṅga di Patañjali:
1. षटकर्म ṣaṭkarma (le “sei purificazioni” ovvero purificazione delle narici, del tratto digerente, dell’addome, del colon, del cranio e degli occhi);
2. मुद्रा mudrā (intesi come “bandha” e non come gesti delle mani. Joga Pradīpikā ne elenca 24);
3. आसन āsana (nel testo vengono citate 84 posture spesso diverse nei nomi e nella descrizione dagli āsana dello Yoga moderno);
4. प्राणायाम prāṇāyāma (inteso come “sospensione” o कुम्भक kumbhaka; il joga Pradīpikā ne elenca 8);
5. मन्त्र mantra (inteso come recitazione e visualizione delle sillabe sacre):
6. ध्यान dhyāna (meditazione);
7. समाधि samādhi;
Un terzo del testo – 314 versi su 964 –è dedicato alla descrizione delle 84 posture, alla maniera di assumerle e alla direzione dello sguardo (दृष्टि dṛṣṭi), e il resto alle altre branche del Saptāṅga.
Per ciò che riguarda il samādhi - ultimo dei sette aṅga - è definito“raggiungimento della grotta delle api” e questo ci introduce in un ambito che raramente, a torto, viene associato allo Haṭhayoga: la Dottrina delle Vibrazioni.
La realizzazione – intesa sia come “liberazione”, मोक्ष mokṣa, sia come insorgere di poteri psichici, सिद्धि siddhi[2] - nello, haṭhayoga è accompagnata dall’insorgere di suoni – grilli, api, tuoni, cembali, tamburi, flauti … - che corrispondono all’essenza delle sillabe dell’alfabeto.
Nello haṭhayoga si lavora, oltre che sui cakra tradizionali e le 72.000 nāḍi – canali – citati nello āyurveda e nei manuali di yoga moderno, su cinque “maṇḍāla interni”, o “cakra mistici” definiti पञ्चचक्र pañcacakra (“cinque cakra”) o, व्योमपञ्चक vyoma-pañcaka (“quintupla stan-za/spazio” o “fatto di cinque stanze/spazi”) o a volte व्योमचक्र vyoma-cakra [N.B. spesso queste parole vengono usate per indicare altri concetti o determinate tecniche operative; vedi p.e. हठयोगप्रदिपिका haṭha-yoga-pradīpikā 3. 37 ].
Ogni maṇḍāla interno è la dimora di una forma di una diversa forma di Śiva o, a seconda delle diverse scuole e lignaggi, di una divinità Hindu o di una particolare forma del Buddha, accompagnati da gruppi di divinità femminili:
- Nel centro del primo cakra mistico risiede ब्रह्मा Brahmā;
- Nel centro del secondo अनन्त Ananta (letteralmente “infinito”) considerato qui una forma di Śiva dall’aspetto di serpente;
- Nel centro del terzo शिव Śiva;
- Nel centro del quarto ईष्वर Īṣvara;
- Nel centro del quinto सदाशिव Sadāśiva;
1. Devīcakra, all’interno della zona genitale, rappresentato a volte come un fiore di loto a 32 petali, è legato all’elemento Terra, ed è la dimora di 24 forme della quattro forme della Dea, di 4 Devī che, per così dire, “moltiplicano se stesse”;
2. Dūtīcakra, situato poco sopra il Devīcakra, rappresentato a volte come un fiore di loto a 64 petali, è legato all’elemento Acqua, è la dimora di nove gruppi di nove divinità femminili – 81 forme della Dea - chiamate appunto Dūtī, “messaggere” unite ad Ananta, qui inteso come Śiva in forma di serpente avvolto in nove spire;
3. Mātṛcakra, situato nel cuore e rappresentato sempre come un fiore di loto a otto petali legato all’elemento Fuoco, è la dimora di otto gruppi di otto divinità femminili – 64 forme della Dea– che sono legate sia alle 8 direzioni dello spazio, sia agli 8 elementi della manifestazione, ovvero Spazio, Aria, Fuoco, Acqua e Terra più Sole, Luna e “Sé”:
- - “Madri dello Spazio”, Nord-Est;
- - “Madri dell’Anima o del Sé”, Est;
- - “Madri della Luna”, Sud-Est;
- - “Madri del Fuoco, Sud;
- - “Madri del Vento”, Sud-Ovest;
- - “Madri del Sole”, Ovest;
- - “Madri della Terra”, Nord-Ovest:
- - “Madri dell’Acqua”, Nord;
4. Yoginīcakra, detto anche ghaṭādhāra – “pilastro del vaso” - situato nella gola è rappresentato a volte come un fiore di loto a sedici petali ed è la dimora di sette – o cinque o sei a seconda delle scuole - forme divinità chiamate a volte Yoginī e a volte ḍākinī, che hanno il potere di trasformare il suono in materia e viceversa; i loro nomi variano anch’essi a seconda delle scuole, ma in genere sono elencate in questo modo[3]:
- Ḍākinī esprime il suo potere nel cakra “tradizionale” della Gola, ed è responsabile della costituzione e della dissoluzione della pelle;
- Rākinī esprime il suo potere nel cakra “tradizionale” del Cuore e presiede al sangue;
- Lākinī esprime il suo potere nel cakra “tradizionale” dell’Ombelico e presiede alla carne;
- Kākinī esprime il suo potere nel cakra “tradizionale dei Genitali e presiede al grasso;
- Śākinī esprime il suo potere nel cakra “tradizionale” del Perineo e presiede alle ossa;
- Hākinī esprime il suo potere nel cakra “tradizionale” la Fronte, e presiede ai nervi;
- Yākinī esprime il suo potere nel cakra “tradizionale” dei Mille Petali, sopra la fontanella, e presiede al seme, ovvero lo sperma e i fluidi genitali femminili.
5. Khecarīcakra, situato nel cranio, all’altezza del centro della fronte, è rappresentato a volte come un fiore di loto a 32 petali, altre a 64 petali. Viene descritto come un insieme di quattro maṇḍala concentrici:
- - Il maṇḍala più interno è detto ādimaṇḍala ed è la dimora della dea in forma di ādiyoni – la “vagina universale”, letteralmente “vagina dell’inizo” o “prima vagina” – e di Śiva. A volte viene fatto corrispondere a ciò che viene definito sahasrāra cakra o cakra dei mille petali.
- Il secondo maṇḍala verso l’esterno è vahnimaṇḍala o “maṇḍala del Fuoco” ed è la dimora di otto forme della dea chiamate Khecarī identificate spesso con le prime otto yoginī e con le aṣṭamātṛkā, le “otto madri della parola”;
- Il terzo maṇḍala è somamaṇḍala o “maṇḍala della Luna”, ed è la dimora di 32 khecarī;
- Il quarto maṇḍala infine è sūryamaṇḍala, o “maṇḍala della Luna”, ed è la dimora di 24 khecarī.
[1]
Vedi: Jayataramā, Ramanandi
(1999). Gharote, ML (ed.). Jogpradīpikā di
Jayataramā . Jodhpur, Rajasthan, India: Rajasthan
Oriental Research Institute.
[2]
La parola “siddhi” nello yoga indica sia una serie di poteri psichici, sia una
particolare forma della Dea. In genere si parla di 8 siddhi maggiori catalogate
in maniera diversa nelle diverse scuole. Le versioni più comuni sono le
seguenti:
- anima: capacità di diventare
infinitamente piccolo come un atomo
- mahima:
capacità di diventare enormi
- laghima:
capacità di diventare molto leggeri
- garima:
capacità di diventare molto pesanti
- pràpti:
capacità di ottenere tutto ciò che si desidera
- prakāmya:
capacità di diventare irresistibile
- īśita:
capacità di governare sugli altri
- vaśita:
capacità di soggiogare e controllare completamente gli altri
2°
versione:
- ātma-siddhi:
potere di essere completamente distaccati e non influenzati dalla natura
materiale.
- vividha-siddhi:
potere di controllare la materia e le menti degli altri.
- jñāna-siddhi:
capacità di ricordare le incarnazioni passate di se stessi e degli altri e
il potere di vedere il futuro.
- tapas-siddhi:
controllo perfetto del caldo e del freddo, della fame e della sete, ecc.
- kṣetra-siddhi:
capacità di viaggiare in astrale ovunque nell'universo.
- deva-siddhi:
controllo su deva, demoni, elementali, spiriti della natura e altri.
- śarīra-siddhi:
il raggiungimento della perfezione fisica, per ritardare il processo di
invecchiamento, avere una salute perfetta e guarire gli altri.
- vikriya-siddhi:
il potere di realizzare tutti i desideri, di cambiare il proprio aspetto
in qualsiasi forma desiderata.
[3]
Per questa classificazione delle Ḍākinī cfr. “Lalita Sahasranamam” , 98-110
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