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Il Viaggio della Realizzazione

 



Con la parola Sādhana (साधन), nella tradizione indo-tibetana, ci si riferisce "al metodo che si adotta per ottenere il proprio obiettivo specifico ( sādhya )".

Nel tantrismo tibetano sādhana è un viaggio che porta alla realizzazione, Samudācāratā (gnyis la yongs su rgyu ba med pa), attraverso  cinque tappe: Iṣṭadevatā, Maṇḍala, Mudrā, Pūja, Mantra.

La prima  ( Iṣṭadevatā, y-dam in tibetano) è, in fin dei conti è la pratica dell'evocazione:

Si visualizza nel cuore, sulla testa, dinanzi a sé, una delle forme della divinità, spesso dopo averla contemplata in forma di statua, dipinto, e le permettiamo di entrare in  noi fino a farla "sguazzare nelle acque oscure del lago dell'inconscio.

L'y-dam ha il potere di far risuonare risuonare le corde misteriose dell'ianima fin quando non emergono, i "cinque veleni" - rabbia, gelosia, brama di possesso, orgoglio ed ignoranza - in forma di “Persone”.

È qui che l'āsana e il gesto insorgono, con la grazia di un fiore che sboccia, inaspettati come il desiderio, improvviso, che trasfigura gli amanti.

la seconda tappa del viaggio è il  Maṇḍala ( dkyl-'khor), la delimitazione dello  spazio sacro: la divinità è illimitata,  per definizione; il Dio, di Nicola Cusano - e dei taoisti, e degli yogin - centro e circonferenza di ogni cosa, non può  essere raggiunto con la ragione; non si può comprendere. Però c'è il mondo, e il mondo  lo possiamo conoscere, immaginare, reinventare.

Così come dal volto del figlio si possono indovinare i tratti del padre, dalla ricreazione artistica del mondo possiamo intuire la sua forma e l'energia che gli ha dato vita.

In quell'incredibile gioco di specchi che è lo Yoga, si crea un universo contratto, il  Maṇḍala,in cui far agire la divinità da noi stessi ideata.

Le  Mudrā ( phyag-rgya) sono i fili della "marionetta divina" che danza, per noi, nel Maṇḍala della manifestazione: si infonde vita nell'evocazione, la si anima e la si fa agire.

Ora le divinità sono qui, sul nostro piano di esistenza e si rende loro omaggio con la  Pūja ( mchod-pa),  l'unione sacra tra noi e la nostra  Iṣṭadevatā. Quindi la chiamiamo con il suo vero nome  e ne assumiamo i poteri  ( Mantra ).

L'ultima tappa del viaggio della realizzazione è Samudācāratā (gnyis la yongs su rgyu ba med pa), che si può tradurre con "abitudine alla non dualità"

Samudācāratā  è la realizzazione dello stato naturale, il Sahaja.

Il sādhana tantrico ci insegna a dar forma tangibile ad un'idea, a renderla viva con gli incantesimi e ad unirsi a Lei. Una “ pratica” conosciuta o sognata da ogni  artista:

L'attore che piange e si dispera per Ecuba, sarebbe grottesco se non rivestisse di magia  parole scritte da altri, e cosa distinguerebbe il danzatore dal ginnasta se non fosse per quella nostalgia del cielo che rende  poesia salti e piroette?

 

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