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Kalari Yoga (1) - Breve Storia del Kalaripayattu


Il kalaripayattu, che potremmo tradurre con “allenamento” (payattu) alle arti del “campo di battaglia” (kalari) è una antica arte marziale del Kerala strettamente connessa con lo yoga, lo āyurveda – la medicina indiana - e le arti performative del sud dell’India. In Occidente il kalaripayattu è conosciuto almeno dal XIX secolo, quando l’esploratore portoghese Duarte Barbosa, nei suoi diari di viaggio, descrisse in toni entusiastici le abilità marziali degli abitanti del kerala da lui chiamati “Nayar[1]:

La maggior parte di Nayar – sia maschi che femmine -, quando hanno sette anni, vengono mandati nelle scuole (di arti marziali) dove vengono insegnati molti trucchi di agilità e destrezza; lì si insegna loro a ballare, a girare su se stessi e a contorcersi per terra; a fare salti di ogni genere e questo  lo imparano due volte al giorno e quando i bambini e diventano così sciolti ed elastici da far girare e piegare  i loro corpi avanti e indietro in modi contrari alla natura; e sono pienamente compiuti in questo, si insegna loro a giocare con l'arma che sono più inclini: alcuni giocano con archi e frecce, alcuni con bastoni per diventare lancieri, ma la maggior parte con spade e si esercitano sempre. I Nayar, per quanto vecchi possano essere continuano ad allenarsi anche d’inverno e prendono lezioni di scherma fino alla morte[2].

 

Nel 1793 il re guerriero Kerala Varma Pazhassi Raja, il “Leone del Kerala” si ribellò al potere della Compagnia delle Indie e dette inizio alla più lunga e sanguinosa guerra affrontata dagli inglesi in terra indiana. I guerrieri indiani, combattendo quasi esclusivamente con archi e frecce e a mani nude, inflissero gravissime perdite all’esercito inglese – si parla di perdite superiori all’80/ degli effettivi[3]. Il conflitto ebbe termine nel novembre 1805, con la morte di Pazhassi Raja,

Dopo la fine della guerra gli inglesi proibirono la pratica del Kalari, chiusero le scuole e arrestarono la maggior parte degli istruttori (gurukkal).

Negli anni ’20 del XX secolo, nell’ambito di un generale movimento di riscoperta delle arti tradizionali indiane, il kalaripayattu ricominciò a diffondersi soprattutto grazie a personaggi come Chambadan Veetil Narayanan Nair e Chirakkal T. Sreedharan Nair considerati i padri del Kalaripayattu moderno.

A Sreedharan Nair, insegnante di educazione fisica presso il College of Physical Education si deve la pubblicazione del primo manuale di Kalaripayattu e quindi la sua riorganizzazione come disciplina ginnica e sport da combattimento “Kalarippayattu (The complete guide to Kerala's ancient martial art)”, pubblicato in inglese nel 2007[4].

Al giorno d’oggi, banalizzando possiamo parlare di due diversi tipi di Kalari: il Kalaripayattu propriamente detto, uno sport da combattimento che si pratica in centri specializzati come il Maruthi Chikilsa & Kalari Sangam di Trivandrum, diretto dal maestro Agith Kumar, e quello che noi abbiamo definito Kalari Yoga, un sistema basato sulle tecniche base di preparazione fisica del kalari e sullo hahayoga, utilizzato come addestramento e ginnastica per la salute dai danzatori tradizionali indiani (Kathakali, Mohiniyattam e Bharatantatyam), dai teatranti e dai danzatori contemporanei.



Kerala Varma Pazhassi Raja, il re guerriero che tenne in scacco le truppe inglesi dal 1793 al 1805.



Danzatori di Makachuttu, la tradizionale "danza del Serpente" del Kerala, che rappresenta un combattimento di Kalari ritualizzato. Fonte: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Muthappan.jpg



Chambadan Veetil Narayanan Nair con il suo maestro, il grande wresler Kottakkal Kanaran Gurukkal. Fonte: https://wikitia.com/wiki/Kottakkal_Kanaran_Gurukkal#/media/File:Kottakkal_Kanaran_Gurukkal.jpg



Gaja Vadivu, o "postura dell'elefante".

 I Vadivu sono posizioni di combattimento ispirate ai movimenti degli animali.  Le principali chiamate Ashta Vadivu (otto posture) sono:

1.        Gaja vadivu (elefante); 

2.        Simha vadivu (leone); 

3.        Ashwa vadivu (cavallo);   

4.        Varaaha vadivu (cinghiale); 

5.        Sarpa vadivu (serpente); 

6.        Kukkuda vadivu (gallo); 

7.        Marjaara vadivu (gatto);

8.        Matsya vadivu pesce). 

 Vi sono altre posizioni come il Pavone (Mayura Vadivu), la tigre, la scimmia ecc. ma le più efficaci sono considerate di solito le posture dell’elefante, del leone e del cavallo. Fonte: https://www.keralatourism.org/kalaripayattu/meythozhil/vadivu



Il kolthari è la scherma con il bastone. In si usano vari tipi di bastone ma in genere, soprattutto nelle prime fasi di addestramento, si usano il bastone corto, in legno di tamarindo, della lunghezza di 75 cm circa, e il bastone lungo, in bambù od altro materiale, della lunghezza di circa 150 cm. Fonte: https://www.keralatourism.org/kalaripayattu/picture-gallery/short-stick-fighting/2



Con il Termine Angathari si intendono le tecniche di combattimento con coltelli e spade di varia foggia e dimensione. le armi sono sempre affilate e lo studente viene istruito al combattimento solo dopo un lungo addestramento a mani nude e con il bastone. Fonte: https://www.keralatourism.org/kalaripayattu/disciplines/angathari

 


[1] Con la parola “Nair” o “Nayar” si intende un gruppo di caste hindu, tipico del Kerala, e collegato ad una etnia di origine cingalese, chiamata Ezhava o Thiyyar. I “nair”, che si dichiarano induisti, hanno in realtà una propria cultura e una propria religione fondata su alcuni principi buddhisti, sulla devozione alla dea Bhagavatī e sul culto del Serpente.

[2] A. Sreedhara Menon, Kerala History and its Makers. D C Books. (4 March 2011). ISBN 978-81-264-3782-5.

[3] Vedi: "History of Madras Army Volume III". Printed by E. Keys at the Govt. Press. 1883. https://archive.org/details/historymadrasar01wilsgoog

[4] Sreedharan Nair fu molto criticato per la pubblicazione del libro nel 1937. Fino a quel momento la trasmissione del kalari era avvenuta solo per via orale, da maestro ad allievo e l’insegnamento era diverso per ogni scuola o addirittura per ogni allievo. La sistematizzazione dell’arte marziale e la divulgazione delle tecniche fu considerata, da molti, come un tradimento della tradizione.

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