Protagora diceva che la teoria senza la pratica è cieca, così come cieca è la pratica senza teoria.
Ultimamente mi sono trovato a riflettere molto sul rapporto tra teoria e pratica nello hathayoga e su come la conoscenza e lo studio dei testi sia utile solo per coloro che praticano costantemente con l'animo del ricercatore.
Uno dei temi che sto affrontando in questo periodo è Pratyāhāra. Tutti gli yogin sanno cosa sia, giusto?
Pratyāhāra è il distacco sensoriale, l'allontanamento dagli oggetti di percezione che conduce alla fine della dinamica desiderio-avversione.
Così almeno pensavo. Poi, durante una ricerca sullo Hathayoga delle origini, ho trovato nella Vasiṣṭhasaṃhitā questa definizione, una definizione di cui, se non avessi praticato tecniche di meditazione, sia yoga sia taoista, non sarei riuscito a comprendere il significato:
“Lo yogi dovrebbe mandare il respiro in questi punti [ādhāra] per mezzo della mente e trattenere [sospendere il respiro] in ognuno di essi]. Spostando [l’attenzione] da un punto all’altro si realizza pratyāhāra.”
Stravagante, vero?
Avevo cominciato ad approfondire il significato della parola ādhāra studiando il Gorakṣa Paddhati.
Al versetto 1.12 si legge:
“Come possono avere successo [nella pratica] gli yogi che non conoscono i sei cakra, i sedici ādhāra, le due modalità di visualizzazione – lakṣya - e i vyoma pañcaka nel proprio corpo?”
I Sedici Ādhāra e la Pratica di Pratyāhāra
Ādhāra (आधार) sinonimo di adhiṣṭhāna
significa letteralmente “base”, “supporto”, “fondamenta”. In alcuni testi ne
vengono elencati dodici, in altri sedici, in altri ancora diciotto. Nella pratica
sono dei plessi energetici – marma - in cui lo yogi deve portare l’attenzione
dopo averli visualizzate come sedi di simboli o di particolari sillabe.
Nella Ṣaṭsāhasrasaṃhitā[1]
ad esempio si collegano dodici ādhāra alla recitazione dell’ॐ:
“A, U, M e il Bindu (बिंदु) sono [rispettivamente] nel cuore, nella gola e nel palato. La Luna, candra
(चन्द्र), nirodhikā (निरोधिका)[2],
il suono supremo, nāda[3]
(नाद), la “fine del suono (nādānta), śakti, vyāpinī[4],
samanā[5]
e unmanā[6]
[insieme ad A, U, M e il Bindu si dice siano i dodici adhara. Sappi che i
dodici si dissolvono nella sillaba AUM [...]”.
Nel Manthānabhairavatantra[7],
un testo dedicato al culto di Kubjikā, vengono descritti sedici ādhāra come "sedici tappe
dell'ascesa di kuṇḍalinī".
Nel Siddha Siddhanta Paddhati (2.10-25) I sedici “sostegni” vengono
elencati nel seguente ordine:
1.
Pādāṅguṣṭhādhāra - "centro dell'alluce”;
2.
Mūlādhāra - "radice, centro della base";
3.
Gudādhāra -"sopra il centro della base", zona dell’ano;
4.
Medhrādhāra - "centro del pene";
5.
Odyanādhāra – in relazione con Uddiyana
Bandha (sotto l’ombelico);
6.
Nabhyādhāra "centro dell'ombelico";
7.
Hṝdayādhāra - "centro del cuore";
8.
Kaṇṭhādhāra - "centro della gola";
9.
Ghantikādhāra - "centro dell'ugola”;
10.Talvādhāra - "Centro del palato”;
11.Jihvādhāra - "centro della lingua";
12.Bhrūmadhyādhāra -"centro delle sopracciglia",
13.Nasādhāra - "centro della punta del naso";
14.Kavatādhāra - letteralmente "centro dell'ala della porta", cioè
"centro della radice del naso" (Nasamūla);
15.Lalatādhāra - "centro della
fronte";
16.Ākāṣa
Cakra- "centro spaziale",
all’apice del cranio (sincipite).
Dato che il Siddha Siddhanta Paddhati è attribuito a Gorakṣa è ragionevole supporre che siano questi i sedici ādhāra cui si fa riferimento nel versetto1.12, ma come abbiamo detto
esistono vari elenchi di ādhāra che differiscono sia nei nomi che nel numero. e può
essere utile verificare sia le concordanze sia le differenze.
Nella tabella seguente[8] sono
evidenziate le sia le concordanze sia le differenze tra vari testi di yoga e āyurveda:
-
Nella
prima colonna a sinistra sono citati i nomi e la sede dei diciotto ādhāra (marman nei testi) elencati in Yogayājñavalkya, Vasiṣṭhasaṃhitā e Vimānārcanākalpa;
-
Nella seconda colonna sono elencati gli śārīrasthāna
(marman), corrispondenti agli ādhāra, elencati in Suśrutasaṃhitā e Aṣṭāṅgahṛdaya, due testi fondamentali di āyurveda;
-
Nella terza colonna sono citati
gli ādhāra elencati nella Netroddyota, un testo attribuito a Rajanaka Kṣemarāja (XI secolo).
-
Nella quarta colonna, infine
troviamo i tredici ādhāra elencati nello Śāradātilaka, un testo dell’XI secolo composto da
Lakśmaṇa Deśikendra;
Tabella 2 - ādhāra e marma.
Yogayājñavalkya ecc. |
Suśruta ecc. |
Netrodyota |
Śāradātilaka |
1 Alluce (pādāṅguṣṭha) |
1 anguṣṭha |
1 aṅguṣṭha |
1 padāṅguṣṭha |
2 Caviglie (gulpha) |
2 gulpha |
2 gulpha |
2 gulpha |
3 Centro della tibia. (jaṅghāmadhya) |
3 indravasti |
|
|
4 Base della tibia (citimūla) |
|
|
|
5 Centro del ginocchio (jānumadhya) |
4 jānu |
3 jānu |
3 jānu |
6 Centro della coscia (ūrumadhya) |
5 urvī |
|
4 ūru |
7 Ano/retto (pāyumūla) |
6 guda |
|
5 guda |
8 Centro del corpo (dehamadhya) |
|
|
|
9 Penis (meḍhra) |
|
4 meḍhra |
6 liṅga |
10 Ombelico (nābhi) |
7 nābhi |
5 jaṭhara |
7 nābhi |
11 Cuore (hṛdaya) |
8 hṛdaya |
6 hṛd |
8 hṛdaya |
12 Gola/laringe (kaṇṭhakūpa) |
|
7 kaṇṭha |
9 kaṇṭha |
13 Palato molle/radice del palato (tālumūla) |
|
8 tālu |
|
14 Radice del naso (nāsāmūla) |
|
|
10 nāsā |
15 Bulbi oculari (akṣimaṇḍala) |
|
|
|
16 Centro tra le sopracciglia (bhrūmadhya) |
9 sthapanī |
9 bhrūmadhya |
11 bhrūmadhya |
17Fronte (lalāṭa) |
|
10 lalāṭa |
12 alāṭāgra |
18 Sincipite (mūrdhan). |
10 adhipati |
11 brahmarandhra |
13 mūrdhan |
Dalla tabella possiamo notare, innanzitutto, che i sei cakra fanno
parte dell’elenco degli ādhāra.
In secondo luogo, in alcuni casi non è chiara la localizzazione dei punti o
comunque non c’è una perfetta corrispondenza tra gli ādhāra e i marma
Il primo ādhāra ad esempio, pādāṅguṣṭhādhāra – che viene posto al centro dell’alluce, in realtà dovrebbe corrisponde ai
punti detti kṣipra,
situati
tra la base dell’alluce e la base del secondo dito – illice - di ciascun piede.
È dubbia anche la collocazione del punto della gola,
detto Kaṇṭhādhāra o kaṇṭhakūpa, dato che nella zona del collo, secondo la Suśruta Saṃhitā
dodici marma: “quattro dhamanī [arterie]”
e “otto mātṛkā[9]”.
Comunque sia a prescindere dalla questione, assolutamente
non secondaria, dei loro nomi e della loro localizzazione, dal nostro punto di
vista è importante stabilire quali siano la loro natura e la loro utilizzazione
nella pratica dello yoga. Gorakṣa nel Pūrva Śatakam da indicazioni
abbastanze vaghe e non chiarisce quale siano le modalità operative dei sedici ādhāra.
Il termine ādhāra compare in cinque versetti:
In 1.12, come abbiamo visto, Gorakṣa parla dei sedici ādhāra,
senza specificarne posizione e funzione, ma indicandoli come realtà fisiche
(“nel proprio corpo”):
12. “Come possono avere successo
[nella pratica] gli yogi che non conoscono i sei cakra, i sedici ādhāra le due
modalità di visualizzazione – lakṣya - e i vyoma pañcaka nel proprio corpo?”
In 1.14 e 1.16 usa il termine ādhāra per
indicare il mūlādhāra cakra e in 1.17 sembra
localizzarlo nella zona dell’ano, in corrispondenza con il terzo dei sedici ādhāra dell’elenco
del Siddha Siddhanta Paddhati:
14. “Ādhāra, ha quattro ha quattro
petali […]”
16. “Ādhāra, è il primo cakra […]”
17. “Gudasthāna è il loto a quattro
petali chiamato ādhāra […]”
Infine, in 1.77 parla di oḍyāṇa-ādhāra,
il marma sotto l’ombelico da cui si deve far nascere uḍḍiyāna bandha,
indicato come quinto dei sedici ādhāra dell’elenco del
Siddha Siddhanta Paddhati:
77. “Sotto l'ombelico, dall’addome
alla schiena. Lì – nella zona di oḍyāṇādhāra - viene innescato il bandha
chiamato uḍḍiyāna.”
Nel Pūrva Śatakam in sostanza non si chiariscono né
la natura dei sedici ādhāra, né la loro posizione, né la loro utilizzazione
nella pratica dello haṭḥayoga,
per
cui, al fine di comprendere l’importanza di questi speciali marma occorre riferirsi
all’esperienza personale e ad altre fonti letterarie.
Partiamo da ciò che sappiamo, ovvero che i sedici ādhāra “che vanno
conosciuti nel proprio corpo” citati in 1.12 sono marma, plessi
fisici costituiti da articolazioni, ossa, muscoli, vene, arterie, e in quanto
tali sono sensibili alle stimolazioni esterne.
In genere, nella ginnastica
medica e nelle arti marziali indiane, i marma vengono stimolati con le dita, il
pugno, il palmo, il piede o altre parti del corpo per cui una delle funzioni
degli elenchi degli ādhāra riportati nel iddha Siddhanta Paddhati, nello
Yoga Yājñavalkya ed in altri testi tradizionali potrebbe
essere quella di indicare agli yogi i punti da premere durante la pratica degli
āsana. Per trovare conferma a questa ipotesi basta rileggere istruzioni del
versetto 1.10 a proposito di siddhāsana:
10. Metti un piede sotto il pavimento
pelvico (yonisthāna) [in maniera che il tallone venga
premuto sul perineo], posiziona l’altro piede in maniera che [il tallone] sia
appoggiato su meḍhra, i genitali e premi il mento
sulla zona del cuore. Quindi controllando i sensi, porta lo sguardo,
immobile, al punto in mezzo alle sopracciglia. Questo āsana conduce – di certo
- all’apertura della porta della liberazione. “
Nel versetto si parla della
stimolazione di almeno cinque ādhāra:
1)
Yonisthāna, II e/o III ādhāra dell’elenco Siddha Siddhanta
Paddhati, che va premuto con il tallone di un piede;
2)
Meḍhra, IV ādhāra dell’elenco Siddha Siddhanta
Paddhati, che va premuto con il tallone dell’altro piede;
3)
Hṝdayā, VII ādhāra dell’elenco Siddha Siddhanta
Paddhati, che va premuto con il mento;
4)
Kaṇṭhādhāra, VIII ādhāra dell’elenco Siddha Siddhanta
Paddhati, che viene stimolato nel bandha precedente.
5)
Bhrūmadhyādhāra, XII ādhāra dell’elenco Siddha Siddhanta Paddhati, che viene
stimolato dalla pressione dei bulbi oculari;
Ogni āsana ha, anche, la funzione di stimolare vari ādhāra, ma
questa, secondo testi come lo Yoga Yājñavalkya, la Vasiṣṭhasaṃhitā e il Vimānārcanākalpa[10], sarebbe solo la prima
fase di una pratica più complessa:
“Lo yogi dovrebbe mandare il respiro in questi punti [ādhāra] per mezzo della mente e trattenere [sospendere il
respiro] in ognuno di essi]. Spostando [l’attenzione] da un punto all’altro si realizza
pratyāhāra.”[11]
Pratyāhāra, il terzo passo dello Ṣaḍaṅgayoga consisterebbe quindi nell’utilizzare la respirazione per condurre la mente
lungo il percorso dei sedici ādhāra – dal piede
al sincipite - dopo averli stimolati con la pratica degli āsana, dei bandha e delle mudrā.
[2]
Nirodhikā, identificata
con la dea Raudrī, è una forma della śakti che ha il potere di bloccare le impurità.
[3]
Nāda secondo Ambāmatasaṃhitā.
indica propriamente il mantra assordante che insorge nel momento della nascita
della dea. Per il Manthānabhairavatantra (vedi note seguenti) è il suono
del respiro, Haṃsa.
[4]
Vyāpinī (व्यापिनी), letteralmente la
“pervasiva”, è una delle forme della dea. Secondo il Manthānabhairavatantra (vedi
nota 102), è legata all’elemento Acqua ed è l’energia “che fa piovere il
nettare supremo”.
[5]
Samanā (समना), letteralmente
“l’uguale, “colei che è identica”, è il centro, pieno di vitalità (ojikā), grazie al quale si
crea il nettare (amṛtakalā). Si potrebbe intendere
come causa di Vyāpinī.
[6]
Unmanā (उन्मना) letteralmente “ciò che
è oltre la mente” rappresenta la dea suprema (Parā).
[7] Vedi: “Manthānabhairavatantram:
Kumārikākhaṇḍaḥ; the section concerning the Virgin Goddess of the Tantra of the
Churning Bhairava” a cura di Mark Dyczkowski. New Delhi Indira Gandhi
National Centre for the Arts 20XX. (1951). ISBN: 8124604983.
[8] Fonte: Jason Birch, op.cit.
[9] Suśrutasaṃhitā(Śā.6.27). Vedi: Jason Birch, School of Oriental and African
Studies, London University, “Premodern Yoga Traditions and
Ayurveda: Preliminary Remarks on Shared Terminology,Theory, and Praxis”. History of
Science in South Asia, 6 (2018): 1–83.
doi:10.18732/hssa. v6i0.25.
Online version available at: http://hssa-journal.org
[10] Vedi: Jason Birch, op.cit.
[11] Vasiṣṭhasaṃhitā 3.74 e Yogayājñavalkya
7.20cd–21cd (edition 76).
qual è il tuo atteggiamento nei confronti della forza del personaggio di un uomo https://filmpertutti.gdn/9441-le-vele-scarlatte-2022.html nel cinema?
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