Il fondatore dello Haṭḥayoga, Goraknāth[1] – detto anche Gorakṣanātha, Gorakṣa o Gorakhnātha – è ricordato per le gesta guerriere: sarebbe stato lui, riconosciuto come il creatore delle arti marziali indiane del Nord, a fermare le prime invasioni islamiche. I temibili Gurka nepalesi, le forze speciali dell’esercito britannico, affermano di discendere direttamente da lui e ancora oggi si gettano in battaglia gridando il suo nome: “Guru Gorakhnāth ki jai! Jaya Mahakali, Ayo Gorkhali!”[2]
Ovvero:
“Lunga vita a Guru Gorakh! Gloria alla grande Kālī,
Stanno arrivando i Gurka!”
Secondo
la maggior parte degli studiosi Gorakhnāth (è il nome di uno yogin vissuto in
un periodo compreso tra l’VIII e il XII secolo nel Bengala. Allievo di Matsyendranāthnāth,
è considerato fondatore dell’ordine di yogin guerrieri chiamati Kānphaṭa, ed è identificato spesso con il
mitico Babaji. Molte sono le leggende che riguardano la sua nascita, la più
nota racconta che Matsyendranāthpregò il suo maestro Adināth (Śiva, il”primo nāth”)
chiedendo di poter avere l'onore di insegnare ad un allievo così spirituale da
poterlo superare. Adināth rispose che non vi poteva essere nessuno più
evoluto di Matsyendranāthse non lui stesso, per cui decise di incarnarsi
in un corpo umano. Fu così che quando una giovane di umili origini, pregò Śiva per ottenere
il suo primo figlio questi le donò della vibhūti in grado
di concederle il dono di essere madre, ma lei, incredula, invece di ingerire la
cenere sacra, la gettò sopra una montagna di sterco. Dopo dodici anni Matsyendranāth, venuto
a sapere della vicenda, chiese alla donna di condurlo alla montagna di sterco
dove trovò un giovane di dodici anni, Gorakhnāth. Da quel giorno Gorakhnāth
divenne allievo di Matsyendranāth.
Uno Yogin del
Lignaggio Nāth in un Affresco del XIX secolo.
I
fondatori dello Haṭḥayoga,
Gorakṣa e
il suo maestro Matsyendranāth, secondo alcune fonti erano
originari del Bengala,
secondo altre dell’Assam, ma sono venerati come
divinità in tutte le regioni Himalayane, in ambiti sia hindu, sia buddhisti,
sia islamici.
I miti che riguardano, i loro incredibili poteri
psichici e le loro abilità marziali si sviluppano intorno all’anno mille
insieme alle leggende di Shambala – il mitico regno popolato da
immortali celato trai ghiacci perenni dell’Himalaya – di Babaji e del “Re
del Mondo”.
In quell’epoca le scorrerie islamiche -
iniziate nell’VIII secolo e terminate con l’invasione della valle dell’Indo da
parte di Muhammad di Ghur, e la conseguente creazione del Sultanato di
Delhi, intorno al 1200 – costrinsero molti maestri indiani a cercare rifugio in
Tibet e in Nepal. I racconti della resistenza contro gli invasori – con le imprese,
romanzate, di yogin guerrieri come i discepoli di Gorakhnāth e del
raja Gogaji – mescolati agli insegnamenti tantrici, furono la base di una
serie indefinita di leggende, miti e profezie. Nella tradizione tibetana Śambhala
(in tibetano bde ’byung) sarebbe invece il nome di un piccolo villaggio
di Brahmani nel quale, si racconta, alla fine della nostra Era – il kali-yuga
– nascerà l'ultimo avatāra di Viṣṇu, Kalki, che, in sella ad un bianco destriero e armato di
una spada fiammeggiante, combatterà contro la “civiltà del male” ristabilendo
alla fine di una guerra sanguinosa la legge universale, il Dharma[3].
I “mieccha” (in tibetano “kla klo”), come venivano chiamati gli islamici[4], sarebbero stati
completamente distrutti in una grandiosa battaglia finale che avrebbe dovuto
aver luogo nel XV secolo.
Kalki, il Re del Mondo
(Rudracakrī per i buddhisti), in un dipinto del XVIII secolo. Fonte:
(Kalki Avatar Punjab Hills, Guler, c. 1765) https://it.wikipedia.org/wiki/File:Kalki_Avatar.jpg
Shambala, o meglio “Śambhala”, nella realtà storica potrebbe essere il regno
buddhista di Yanqi - in sanscrito Agnideśa - porta d’accesso alla
“via della seta” e al bacino del Tarim;
Agnideśa era un regno famoso, all’epoca, per la
bellezza del territorio e l’enorme ricchezza dei suoi abitanti[5]. Nel 751 sulle rive del fiume Sītā - oggi Talas[6] - ai
confini dell’attuale Kazakistan, si svolse una sanguinosa battaglia tra guerrieri
indo-cinesi, al servizio dell’impero buddhista Kushan, e gli islamici. Dopo la sconfitta dei Kushan avvenuta
a causa del tradimento di 20.000 mercenari turchi, gli islamici invasero il
bacino del Tarim e molti degli abitanti di Agnideśa fuggirono alla volta,
forse, del Tibet e del Nepal. Possibile che Agnideśa, sia la patria
dello Haṭḥayoga?
Possibile che Gorakhnāth sia il
portatore di un sapere sviluppatosi in un regno buddhista?
Possibile che lo Haṭḥayoga non sia nato in India?
Non
esistono prove a conferma dell’origine buddhista dello Haṭḥayoga, e
sarebbe azzardato riconoscere nel regno scomparso di Agnideśa la patria dello
Haṭḥayoga, ma è
molto probabile che lo Yoga di Gorakhnāth sia nato in ambiti non
induisti o, comunque, sia il prodotto di scuole filosofiche non ortodosse, che
non riconoscevano l’autorità dei Veda.
[1] Vedi: AK.
Banerjee, “Philosophy of Gorakhnāth with Goraksha Vacana Sangraha”; Motilala
Banarsidass. 5a Edizione (2016).
[2] Vedi: P. D. Bonarjee “A
Handbook of the Fighting Races of India”
[3] Vedi John Newman, Itineraries to Sambhala, in Tibetan Literature: Studies in Genre (a
cura di José Ignacio Cabezón e Roger R. Jackson:
“The toponym "Sambhala" first appears in the
Hindu prophetic myth of Kalki in the Mahābhārata and the Puränas. In Hindu
texts Sambhala is a Brahman village, of undetermined location, that will be the
birth- place of Kalki, the future messianic incarnation of Visnu. At the end of
the current degenerate Kali age, it is said, Visnu will incarnate as the pious
Brahman warrior Kalki, who will rid the earth of barbarians and unruly members
of the lower castes. Kalki's apocalyptic war will purify the world,
re-establish Brahman dominance of the social order, and thus institute a new
age of righteousness”.
[4] Vedi Princeton Dictionary of Buddhism, a cura di Robert E.
Buswell Jr. & Donald S. Lopez Jr., Princeton University Press, 2013: “The
Kālacakratantra also predicts an apocalyptic war. In the year 2425 CE, the
barbarians (generally identified as Muslims) and demons who have destroyed
Buddhism in India will set out to invade Śambhala”
[5] Fonte: John E.
Hill, “Annotated Translation of the Chapter on the Western
Regions according to the Hou Hanshure”. Depts Washington Education/Silk Road Text.
[6] Esiste un fiume Sītā nello stato
del Karnataka, nei pressi dei luoghi di una famosa battaglia del XVI secolo, la
battaglia di Talikota, tra islamici e indiani, che si risolse con la
distruzione dell’impero Vijayanagara.
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