Nella cultura post new age la ghiandola pineale viene identificata con il terzo
occhio delle divinità hindu e si ritiene che la sua “attivazione” porterebbe
all’emergere di particolari poteri psichici ed alla cosiddetta “illuminazione”.
Questa credenza, alimentata da una folta letteratura pseudoscientifica, nasce
dalla errata interpretazione e dalla rielaborazione di teorie già ritenute
infondate da Galeno[1] nel II secolo della nostra
era. Galeno, riconosciuto come uno dei padri della medicina moderna, descrive la
ghiandola pineale nel testo “De usu partium”, dove spiega, tra l’altro
che il suo nome deriva dalla somiglianza, per forma e dimensioni, con un pinolo,
e la riconosce come una delle ghiandole che, secondo le sue teorie, avevano la
funzione di sostenere i vasi sanguigni. Prima di Galeno si credeva invece che
la pineale regolasse il flusso dello “spirito”, ovvero ciò che oggi
chiamiamo liquido cerebrospinale e che all’epoca si reputava essere una sostanza
gassosa.
Ghiandola
Pineale: Fonte: Fonte: Anatomography maintained by Life Science Databases (LSDB)
Con il
tempo, a causa delle diverse valenze della parola spirito, creò l’equivoco
della identificazione della pineale con il “Terzo Occhio” o, come affermava Cartesio,
con la “sede dell’anima”; un equivoco generato dal fatto che in filosofia lo
“Spirito” viene inteso come una “forza vitale distinta dalla materia e che
tuttavia interagisce con essa”[2]
oppure come una “forma dell’essere radicalmente diversa dalla materia”[3] talvolta
identificata con “l’assoluto”, ovvero con l’insieme di ogni genere di
manifestazione.
Galeno in una litografia di Pierre Roch Vigneron (1789–1872). Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/File:Galen_detail.jpg. Galeno di Pergamo (Pergamo, 129[1] – Roma, 201 circa) è stato un medico greco antico, i cui punti di vista hanno dominato la medicina occidentale per tredici secoli, fino al Rinascimento, quando cominciarono lentamente e con grande cautela a essere messi in discussione, per esempio dall'opera di Vesalio. Dal suo nome deriva la galenica, l'arte di preparare i farmaci da parte del farmacista in farmacia.
Gli
attuali new ager interpretano la credenza antica che vedeva nell’epifisi
l’organo che regola il “flusso dello spirito”, sulla base
dell’identificazione dello spirito con l’assoluto - tipica dell’idealismo
tedesco – continuando ad alimentare il mito della ghiandola pineale quale anello
di congiunzione tra il mondo degli uomini e quello degli dei, un mito diffuso,
come vedremo, alla fine del XIX secolo dalla Società Teosofica. Paradossalmente
le teorie e le osservazioni dei medici antichi erano più in linea con le
moderne neuroscienze delle concezioni dei teosofi e degli attuali new ager: già
due secoli dopo Galeno, le sue teorie furono riprese e sviluppate dal vescovo Nemesio
di Emesa (350 – 420 circa) che nel suo “De cogitazione e De memoria”,
dopo aver affermato, come già Galeno, che la “regolazione dello spirito
avveniva non grazie alla ghiandola pineale, ma tramite il “verme cerebellare”-
ovvero la parte mediana del cervelletto – si spinse fino a teorizzare la
cosiddetta “localizzazione ventricolare”, ovvero la corrispondenza di
ogni parte del cervello ad una precisa facoltà, anticipando in un certo qual
modo le scoperte degli scienziati moderni. In particolare, secondo Nemesio:
-
Al ventricolo anteriore sarebbe associata la
facoltà dell’immaginazione;
-
Al ventricolo mediano sarebbe associata la
ragione;
-
Al ventricolo posteriore la memoria.
Nel
Medioevo divennero molto popolari le teorie del medico bizantino Qusta ibn
Luqa (820-912) che riprendendo gli studi di Galeno e Nemesio non solo
attribuì il compito della regolazione dello spirito/liquido cerebrospinale al verme
cerebellare, ma mise appunto una specie di “tecnica operativa” per
attivare a piacimento il flusso di coscienza piuttosto che il pensiero
razionale. Secondo Qusta ibn Luqa coloro che volevano immergersi nella
memoria guardavano in alto, in modo che la valvola del verme cerebellare si
aprisse al flusso dei ricordi. Al contrario coloro che volevano attivare il
pensiero razionale guardavano in basso allo scopo di chiudere il passaggio al
flusso di coscienza e mantenere incontaminato lo “spirito della ragione”.
Qusta Ibn Luqa (Costa figlio di Luca). “Portrait of Qusta ibn Luqa, famous
arab mathematician and scientist”. Autore: Paolo Giovio (1483-1552). Fonte:
https://it.wikipedia.org/wiki/Qusta_ibn_Luqa#/media/File:Qusta_ibn_Luqa.jpg
Qualche
secolo più tardi Mondino de’ Luzzi (1275 -1326) - docente di medicina dell’università
di Bologna e primo scienziato occidentale a riprendere la pratica delle dissezioni
del corpo umano iniziata da Erofilo nel III secolo a.C. e abbandonata durante l’era
cristiana - chiamò il verme cerebellare “pinea”, e questo originò
ulteriore confusione nei non addetti ai lavori, tanto che ancora oggi molti non
conoscono né l’esatta posizione dell’epifisi nel cranio né le sue reali
funzioni.
Nel XVI
secolo l’anatomista Niccolò Massa (1489- 1569) scoprì che lo “spirito” che
riempiva i ventricoli cerebrali secondo i medici antichi era in realtà un
liquido, il liquido cerebrospinale, e il suo contemporaneo Andrea Vesalio (1514
-1564) ridimensionò l’importanza sia della pineale sia del verme cerebellare,
dimostrando l’infondatezza delle teorie precedenti che riconoscevano nell’una o
nell’altro delle valvole in grado di regolare il flusso di coscienza[4].
Il mito
della pineale come sede dell’anima fiorisce pochi anni più tardi, con Cartesio.
René Descartes (1596-1650) non era né un medico né un anatomista, ma,
essenzialmente, un matematico. Ciò nonostante si avventurò nello studio del
cervello umano in ben due trattati - “De homine” e “Le passioni
dell’anima” - nei quali, mostrando una scarsissima conoscenza
dell’anatomia, riprende delle tesi già considerate superate ai tempi di Galeno.
René Descartes (1596-1650): L’homme de René Descartes, et
la formation du foetus…. Paris: Compagnie des Libraires, 1729. Fonte: McLeod -
Historical Medical Books at the Claude Moore Health Sciences Library,
University of Virginia; “L'interazione tra mente e corpo in due illustrazioni
di Cartesio: nella prima gli stimoli esterni verrebbero trasmessi
dagli organi sensoriali alla ghiandola pineale nel cervello, e in tal modo recepiti
dallo spirito immateriale; quest'ultimo a sua volta, nel secondo disegno,
impartisce un comando veicolato agli arti.
Scrive
Cartesio ne “Le passioni dell’anima”, parte prima, articoli 31,32:
“[…] come si vede che questa ghiandola è la
principale sede dell’anima. Mi sono convinto che l’anima non può avere in tutto
il corpo altra localizzazione all’infuori di questa ghiandola, in cui esercita
immediatamente le sue funzioni, perché ho osservato che tutte le altre parti
del cervello sono doppie, a quel modo stesso che abbiamo due occhi, due mani,
due orecchi, come infine, sono doppi tutti gli organi dei nostri sensi esterni.
Ora, poiché abbiamo d’una cosa, in un certo momento, un solo e semplice
pensiero, bisogna di necessità che ci sia qualche luogo in cui le due immagini
provenienti dai due occhi, o altre duplici impressioni provenienti dallo stesso
oggetto attraverso duplici gli organi duplici degli altri sensi, si possono
unificare prima di giungere all’anima, in modo che non le siano rappresentati
due oggetti invece di uno: e si può agevolmente concepire che queste immagini,
o altre impressioni, si riuniscano in questa ghiandola per mezzo degli spiriti
che riempiono le cavità del cervello; non c’è infatti nessun altro luogo del
corpo dove esse possano essere così riunite, se la riunione non è avvenuta in
questa ghiandola.”
René Descartes,
Pineale. Fonte: https://philosophykitchen.com/wp-content/uploads/2015/12/Descartes-pineal.jpg
Per
Cartesio il corpo umano è una macchina nella quale la ghiandola pineale, sede
dell’anima, gestisce le facoltà della percezione, dell’immaginazione, della
memoria e della motricità. Le sue supposizioni non si fondavano né su
osservazioni sperimentali né sulle concezioni della sua epoca, ma su una serie
di personali teorie assai fantasiose. La ghiandola pineale secondo Descartes
sarebbe sospesa in mezzo ai ventricoli cerebrali e pullula di “spiriti
animali”, dall’aspetto di un “vento molto fine” o di “una fiamma
pura e vivace che gonfia i ventricoli”.
Nessuno
scienziato serio prenderebbe in considerazione le bizzarre teorie di Cartesio,
ma nel XIX secolo, sull’onda dell’Orientalismo e del diffondersi delle moderne
“scienze esoteriche” alcuni filosofi e maestri spirituali ripresero la favola della
“pineale sede dell’anima”. Cominciò a diffondersi la voce che l’epifisi
fosse una reliquia filogenetica, ovvero i resti un terzo occhio dorsale
che l’essere umano avrebbe perso nel corso dell’evoluzione e la maestra
spirituale Helena Petrovna Blavatsky, fondatrice della Società Teosofica -
sovrapponendo questa errata credenza[5]
alle fantasie di Cartesio - identificò proprio nella ghiandola pineale il “terzo
occhio di Śiva”, l’organo della “visione spirituale” che, purtroppo
“si era atrofizzato nell’uomo moderno, ma per fortuna poteva essere
riattivato grazie alle pratiche dello yoga[6]”.
Rudolf
Steiner, allievo di Blavatsky, sosteneva invece che la pineale fosse la
reliquia filogenetica di un organo che avrebbe permesso ai Lemuriani,
nostri progenitori, di discriminare il caldo dal freddo. I Lemuriani,
nella concezione della Teosofia e dell’Antroposofia, sarebbero stati degli
ermafroditi molto evoluti spiritualmente; provvisti di un corpo informe, bianco
e molliccio che li rendeva incapaci di correre o camminare sulla terra, ma, in
virtù dei loro poteri psichici sarebbero stati in grado di viaggiare con il corpo
astrale nel tempo, nello spazio e nelle indefinite dimensioni di cui si
compone l’Universo.
Elena
Blavatsky, terza a destra della terza fila dal basso, al Convegno della Società
Teosofica del Dicembre 1884. Fonte: https://www.blavatskyarchives.com/hpbphotos19.htm
Le
teorie teosofiche e antroposofiche appaiono ai nostri occhi piuttosto bizzarre,
come bizzarri possono apparire gli esercizi per attivare la pineale/Terzo
Occhio proposti sia da Blavatsky sia da Steiner. Steiner, tra l’altro affermava
che la “visione dei mondi superiori è ostacolata dalla volontà di
riconoscerli dopo averli visti” per cui la prima bisognava comprendere
l’esistenza di tali mondi attraverso il sano pensare”; sarebbe proprio il
“sano pensare” a evocare “forze importanti dell’anima, le quali conducono alla
veggenza”[7].
Tale veggenza, intesa come “visione degli archetipi spirituali”, sempre
per Steiner, sarebbe accompagnata da suoni, percepibili tramite lo sviluppo di
un analogo “orecchio sovransebile”, il Terzo Orecchio[8].
Non è
ben chiaro cosa sia il “sano pensare” di cui parla il pensatore austriaco, ma
viene quasi da supporre che si tratti di una forma di immaginazione creativa. Comunque
sia grazie alla diffusione delle teorie di Steiner, della Blavatsky e di Annie
Besant – personaggi che, nel bene e nel male, hanno influenzato tutta la vita politica
e culturale del ’900 - il mito della pineale si diffuse negli ambienti
esoterici e nei salotti della ricca borghesia dell’epoca, e in seguito, come
spesso accade in questi casi, per un effetto “di rimbalzo”, fu accolto anche in
India, negli ambienti più vicini alla cultura occidentali, sovrapponendosi – e
a volte sostituendosi- alle concezioni originarie dell’induismo e del buddhismo
tantrico.
[1]
Galeno di Pergamo (129
d.C.– 201d.C.
circa) è stato un medico greco
i cui studi hanno influenzato la medicina occidentale
fino al Rinascimento. Dal suo nome deriva
la galenica, l'arte di preparare i farmaci da parte del farmacista in
farmacia.
[2]
M. Pancaldi, M. Trombino, Maurizio Villani, “Atlante della Filosofia: gli
autori, le parole, le opere”. Hoepli editore, 2006.
[3]
Op. Cit.
[4]
A. Vesallus, “De Humani corporis fabricaLibri septem”, 1543.
[5]
Una reliquia filogenetica è, per definizione, un organo corporeo che ha perso
la sua funzione ed esiste ancora perché non sussiste una particolare esigenza
della selezione naturale che porti alla sua scomparsa; dato che la ghiandola
pineale ha un sua funzione, importantissima, nell’organismo umano, non può
essere definita reliquia filogenetica.
[6]
H.P. Blavatsky, “La Dottrina Segreta”, 1888.
[7]
Rudolf Steiner, “Teosofia. Un’introduzione alla conoscenza sovrasensibile
del mondo e del destino dell’uomo”; traduzione italiana di Emmelina de
Renzis, pagina 10; Carlo Aliprandi editore, Milano 1922.
[8]
Rudolf Steiner, opera citata, pagina 46.
È falso affermare che la Chiesa censuro le autopsie. Anzi fu proprio la civiltà cristiana a tendere prassi medica la ricerca sul cadavere. In Alessandria sotto i Tolomei si praticarono solo per brevissimo tempo le visezioni di alcuni condannati a morte. Le autopsie pubbliche furono proibite in epoca romama e nel mondo islamico. Bisognerà aspettare una nuova società, la società cristiana, per avere la pratica delle autopsie. Forse ciò da fastidio a qualcuno, ma quanto ho scritto è aderente al dato storico. Studiare per credere.
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