Un giorno, nella Foresta di Thillay, Vyāghrapāda (व्याघ्र vyāghra=Tigre, पाद pāda=Piede) trovò uno Śiva
Liṅga.
Si dirà che oggi di Śiva Liṅga, la pietra a forma di
uovo venerata come pene di Śiva, se ne trovano a bizzeffe, di ogni materiale,
foggia e dimensioni, ma all'inizio quel nome era riservato ai frammenti di una
stella caduta nel fiume Narmada migliaia e migliaia di anni fa.
Pietre rare, insomma.
Vyāghrapāda lo prese come un segno divino e per
celebrare l'evento miracoloso pensò di celebrare un rito.
Ci voleva dell'acqua e guarda caso proprio lì vicino c'era una
fonte.
Ci volevano anche dei fiori e la foresta ne era piena, ma quando
cercò di raccoglierli migliaia e migliaia di api si gettarono su di lui.
Le api indiane sono assai selvagge, e grosse come
dita.
Spaventato dai ronzii "Piede di Tigre" optò per una fuga
onorevole.
Ma non si diede per vinto: era uno guerriero!
Si mise seduto, calmò mente e respiro e cominciò a recitare il
mantra di Śiva: "OṂ NAMAḤ ŚIVĀYA OṂ NAMAḤ ŚIVĀYA OṂ NAMAḤ ŚIVĀYA...".
Si sa che Śiva, che vuol dire "il Benigno", accoglie
ogni richiesta dei devoti, anche la più assurda, e visto che Vyāghrapāda, per
poter resistere alle punture delle api assassine, chiese zampe, mani e
occhi di tigre e il Naṭarāja lo accontentò, donandogli, giacché
c'era, anche una bella coda lunga fino a terra.
La cerimonia ebbe inizio, il nostro Yogin cadde in Samadhi ed il
Dio della Danza apparve tra gli alberi, mostrando per la prima volta ad un
essere umano, i passi della Tāṇḍava, la creazione e della distruzione.
Nel luogo dell'apparizione, dove oggi sorge il Tempio
di Chidambaram, si riunirono i prima Siddha (Patañjāli, Tirumular, Boghanathar)
i creatori dello Haṭḥayoga,la Danza degli Dei, e questo, a me, da un po' da
pensare sul reale significato delle api, dei fiori, degli occhi di tigre...
Nella Chāndogya Upaniṣad, la più antica Upaniṣad dei Veda,
credo, si parla della Madhu Vidyā, o conoscenza del miele, un
insieme di pratiche legate al suono e alla vibrazione.
Le api, per la Chāndogya Upaniṣad, sono le lettere dei Veda, e i
fiori sono il risultato da acquisire, la realizzazione, o l'identità con
Brahma.
Analizzare tutti i simboli con le nostre menti di
occidentali acculturali è pericoloso.
È vero che i Siddha erano esseri umani come noi e che
le strutture mentali nostre e dei nostri avi sono assai simili, ma la mente
moderna è complicata, tende a cibarsi della suggestione dell'immagine per
adornarla di parole lette sui libri.
Loro invece, i Siddha, lavoravano sul corpo e
intendevano il corpo come carne, pensiero e spirito insieme.
Ad occhio, se le api sono le parole dei Veda, la
storia di Vyāghrapāda ci confonde un po' le idee:
Se i Veda sono la conoscenza e, insieme, la maniera per realizzarla,
la conoscenza, perché le lettere con cui sono scritti - le api -ci
impediscono di "raccogliere i fiori"?
Non potrebbe essere che la comprensione letterale, intellettuale, sia,
ad un certo punto della pratica yoga, da considerarsi un ostacolo?
Che fa Vyāghrapāda per poter cogliere i fiori?
Si mette a praticare il mantra di Śiva e poi chiede di
avere mani, piedi e occhi di tigre.
Non potrebbe essere che sia questo l’insegnamento
celato nella storiella di “Piede di Tigre”?
“Per ottenere la conoscenza bisogna mutare la
percezione visiva e la qualità del movimento riappropriandoci,
coscientemente, della nostra natura animale”.
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