Nella Pinacoteca di Brera, a Milano, è
conservato un piccolo capolavoro dell’arte italiana: la cosiddetta “Pala di San
Francesco”. Si tratta di un dipinto a tempera ed oro su tavola attribuito a
Carlo Crivelli (1430 – 1495), un eccellente pittore del XV secolo.
Si tratta di un
dipinto a tempera ed oro su tavola attribuito a Carlo Crivelli (1430 – 1495),
un eccellente pittore del XV secolo incomprensibilmente ignorato sia dal Vasari – autore delle biografie dei più
importanti artisti italiani tra il trecento e il cinquecento[1] - sia dal grande pubblico contemporaneo.
La Pala, creata per la Chiesa di san Francesco
a Fabriano, nelle Marche, ritrae due momenti della “storia di Gesù”: nella
lunetta superiore si vedono Maria, Giovanni e la Maddalena intorno al cadavere
di Cristo.
Figura 2, Pala di san Francesco," Pietà".
Maria, avvolta in un panno nero è anziana, ed ha
il naso leggermente aquilino.
Figura 3, Pala di san Francesco, "Maria"
Giovanni è efebico e boccoluto, nel pieno
rispetto di una tradizione iconografica consolidata, la cui ignoranza ha
portato al mito del “Codice da Vinci” con l’inverosimile identificazione
dell’apostolo “più amato” con la Maddalena.
Figura 4, Pala di san Francesco, “Giovanni Evangelista”
Maddalena, sempre nel rispetto dell’iconografia
tradizionale, ha i tratti delicati delle dame rinascimentale, con i lunghi capelli-rossicci
che le cadono sulle spalle.
Figura 5, Pala di san Francesco, “Maddalena”
Osserviamo con attenzione la mano di Gesù:
Le dita sono deformate, sembrano delle radici
che tentano di infilarsi nella carne di Maddalena, tanto che non si capisce
bene di chi sia la mano, se della donna o del Salvatore, a rappresentare, forse
l’esistenza di un legame, trai due, che va oltre la morte.
Figura 6, Pala di san Francesco, "Dettaglio delle
mani"
La parte inferiore del dipinto mette in scena
l’incoronazione della Vergine che, secondo gli atti degli apostoli, avviene
dopo la morte e la resurrezione di Gesù; tra angeli variopinti, prelati e
notabili, sotto lo sguardo ironico di san Francesco, vediamo Dio Padre che
incorona Gesù e Maria, assisi su un trono e vestiti di broccato; anche ad uno
sguardo superficiale appare evidente che Maria non è la madre di Gesù vecchia e
con il naso camuso che si vede nella lunetta, ma ha una somiglianza, evidentissima,
con la Maddalena.
Figura 7, Pala di san Francesco:" Incoronazione della
Vergine"
È giovane, con i lineamenti delicati e ha
lunghi capelli biondo-rossicci che le cadono sulle spalle, insomma è
esattamente la stessa donna le cui mani sono indissolubilmente legate a quelle del
Cristo morto, nella parte superiore del dipinto.
Di fronte a questo quadro, le invenzioni
narrative di Dan Brown sul presunto “Codice da Vinci” - e le affermazioni,
fatte all’epoca dell’uscita del film con Tom Hanks da personaggi illustri come
lo scomparso Dario Fo e suo figlio Jacopo che presero per vere le fantasiose
teorie dell’identificazione dell'efebico Giovanni Evangelista con la Maddalena - fanno
sorridere.
Crivelli non fa allusioni, non semina dubbi,
non nasconde simboli, ma afferma con chiarezza che Gesù e Maddalena sono sposi
dinanzi a Dio.
Quanti preti, vescovi e cardinali, nel corso
dei secoli, avranno visto questo quadro?
Migliaia probabilmente, e nessuno di loro ha
mai avuto niente da ridire, quasi che per loro l’esistenza di un legame
matrimoniale tra Gesù e Maria di Magdala fosse un fatto acclarato.
In realtà, come vedremo, dietro al simbolo dei
due sposi si nasconde, con ogni probabilità, un insegnamento gnostico, ma resta
il fatto che l’Incoronata di Crivelli è Maddalena e non l’anziana Maria.
Figura 8, Pala di san Francesco" Dettaglio
dell'Incoronazione della Vergine"
L’equivoco, se di equivoco si vuol parlare, non
deve affatto sorprendere: gli scambi di persona nella storia dell’arte sacra
occidentale sono tutt’altro che rari e spesso riguardano la madre di Gesù
L’immagine seguente è la cosiddetta “Donna
vestita di sole” di Rubens:
Nella “Donna vestita di sole” di Rubens è
ritratta una giovane, con la testa coronata da dodici stelle, in piedi sulla
falce della luna.
Bella, sensuale, con lunghi capelli biondo
ramati, vestita di colori sgargianti la “Donna vestita di sole” sta
schiacciando un serpente sotto gli occhi divertiti di due cherubini.
Nella tradizione cristiana la “Donna vestita di
sole” viene chiamata Regina Mundi, e la si celebra come Maria madre di Dio nel
giorno dell’immacolata Concezione.
Le nostre chiese e le edicole agli incroci
delle strade sono piene di statue e dipinti che la ritraggono, e i fedeli si
fermano spesso a renderle omaggio recitando l’Ave Maria con la mano destra
poggiata sul cuore o con le mani giunte.
Il problema, se di problema si può parlare, è
che non si tratta affatto della Maria madre di Dio di cui si parla nei vangeli
- così come il bambino che viene rappresentato talvolta in sua compagnia non è
il bambin Gesù - ma di una figura, simbolica, dello gnosticismo ellenistico,
individuabile a seconda delle varie correnti, con la “Grazia” o la “Sophia redenta”,
che discende dal “Pleroma”- regno dello spirito abitato dagli “Eoni”, per
sconfiggere assieme alla sua parte maschile, il Logos, il “Demiurgo” da lei
stessa generato.
Un simbolo troppo complicato per essere
spiegato ai comuni fedeli, ragion per cui viene identificata con Maria o, nello
gnosticismo cristiano, con Maddalena.
Rubens e gli altri artisti che hanno
rappresentato la “Donna vestita di sole, si sono ispirati, in genere, ad un
passo dell’Apocalisse di Giovanni:
Nel cielo apparve poi un segno
grandioso:
una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi
e sul suo
capo una corona di dodici stelle.
Era incinta e gridava per le doglie e
il travaglio del parto.
Allora apparve un altro segno nel
cielo: un enorme drago rosso,
con sette teste e dieci corna e sulle teste sette
diademi;
La sua coda trascinava giù un terzo
delle stelle del cielo
e le precipitava sulla terra.
Il drago si pose davanti
alla donna che stava per partorire
per divorare il bambino appena nato.
Essa partorì un figlio maschio,
destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro,
e il figlio fu
subito rapito verso Dio e verso il suo trono.
La donna invece fuggì nel deserto,
ove Dio le aveva preparato un rifugio
perché vi fosse nutrita per mille
duecentosessanta giorni”.
(Apocalisse di Giovanni, 12)
Figura 11, Hieronymus Bosch, "Giovanni scrive
l'Apocalisse"
L’Apocalisse di Giovanni – che pare sia stata
scritta tra i cinquanta e i settanta anni dopo la presunta data della
crocifissione di Gesù - si propone, letteralmente, come una “rivelazione” o
meglio una prefigurazione di fatti non ancora avvenuti, o comunque avvenuti
dopo la crocifissione di Cristo, per cui la “Donna vestita di sole” della
visione giovannea, non può essere assolutamente identificata - come ben sanno
storici, letterati e teologi- Maria madre, che, secondo la tradizione, sarebbe
fuggita in Turchia con l’apostolo e sarebbe passata a miglior vita prima della
stesura dell’Apocalisse.
Il testo, tra l’altro, è molto chiaro in
proposito: la “Donna vestita di sole” non è sposata con Giuseppe, e non
partorirà un figlio destinato a sacrificarsi sulla croce per la redenzione
degli esseri umani, in altre parole non ha niente in comune con la Maria dei
Vangeli, ma è una entità non umana che:
- Scenderà dal
cielo in cinta e soffre per il travaglio;
- Fuggirà da sola
nel deserto dove Dio gli ha procurato un rifugio sicuro in cui rimarrà per
quasi quattro anni
Figura 12, Agostino Comerio,” La Donna e il Drago”
Se la “Regina Mundi” non è la Maria madre di Gesù
dei Vangeli è evidente che – lasciando da parte per il momento le
interpretazioni gnostiche - nelle nostre
chiese preghiamo davanti alle statue di almeno due donne diverse, chiamandole,
entrambe,” Madre di Dio”:
- La prima è la
Maria evangelica, la sposa di Giuseppe il falegname, protagonista dell’episodio
dell’annunciazione, del viaggio a Gerusalemme per il censimento e della nascita
del “Figlio di Dio” in un grotta;
- La seconda è la
“Donna vestita di sole” dell’Apocalisse, che scende dal cielo e schiaccia un
serpente sulla falce della luna.
Evidentemente quest’ultima è una figura
simbolica, come il drago o il sovrano che regnerà con lo scettro di ferro, ma,
dato che artisti di ogni epoca raffigurano sia la Mater Mundi si Maria di
Magdala come una donna sensuale, dai lineamenti delicati e i lunghi capelli
biondo ramati, alcuni individuano nella
voluta confusione che si fa tra le due figure – Maria madre e la Regina Mundi –
il tentativo della Chiesa di nascondere il ruolo di Maddalena - “sposa del Signore”
– continuano a venerarla in segreto senza
dar adito, in pubblico, a dubbi e dicerie sulla vita sessuale di Gesù e sulla
sua eventuale discendenza.
Chiari indizi dell’esistenza di un antico culto
giudaico cristiano che riconosceva in Maddalena la “Donna vestita di sole” si
trovano in Provenza - terra che secondo la leggenda avrebbe accolto Maddalena e
altri testimoni della crocifissione.
Figura 13, Basilica di santa Maria Magdalena
Sul massiccio della Saint Baume, a Saint
Maximin – dove sono conservati il cranio e altre reliquie di Maria di Magdala –
troviamo la basilica di Santa Maria Magdalena costruita nell’anno 1000 sui
resti di un complesso religioso che, secondo gli storici, risalirebbe al V
secolo d.C.[3],
nel luogo in cui, secondo la chiesa francese, la santa passò gli ultimi
anni della sua vita.
Nel cortile della chiesa, c’è una meridiana con
una scritta in latino che recita:
“Sole Amicta Magdalena”, “Maddalena
vestita di Sole”.
Figura 14, Meridiana della Chiesa di Santa Maria Maddalena
L’identificazione di Maddalena con la “Donna
vestita di Sole” dell’Apocalisse farebbe parte di un culto magdeleniano,
o meglio di una corrente gnostica magdeleniana che si sarebbe sviluppata
nella fiorente comunità ebraica del sud della Francia già nel II secolo e che
avrebbe poi dato vita all’eresia catara.
È in questo ambito che si sarebbero sviluppate
le leggende, basate forse su fatti storici, sulla relazione carnale tra Cristo
e Maria di Magdala, sul Graal e sulle origini ebraiche degli antichi sovrani
francesi resi noti al grande pubblico dal “Codice da Vinci”.
Figura 15, Statua della Maddalena nelle grotte di Saint Baume
[1] Vedi:
Giorgio Vasari, “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori”.
[2] Lo
scettro di ferro per gli ebrei, è insieme strumento del pastore, effige regale
e arma. Vedi http://www.ledonline.it/acme/allegati/Acme-05-III-01-Angelini.pdf
[3] Vedi: Michel
Fixot, La crypte de Saint Maximin la saint baume, Basilique Sainte marie
Madeleine,Aix en Provence, Édisud (2009). ISBN 978-2-7449-0860-6
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