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LA MANIPOLAZIONE DI PATAÑJALI - UNA DIMOSTRAZIONE PER ASSURDO






Qualche giorno fa, prendendo spunto da una sommaria analisi del Bhaviṣya Purāṇa, o “Purāṇa di Gesù”, testo falsificato, nemmeno troppo abilmente, all’inizio del XX secolo, abbiamo formulato l’ipotesi – che abbiamo definito assurda – della manipolazione di molti dei testi di yoga che oggi definiamo “tradizionali”, primo tra tutti gli Yoga Sūtra di Patañjali, la cui più antica versione esistente risulterebbe essere quella del  1874 il cui autore risulta essere tale “Jibananda Vidyasagara”.

Ipotesi, ripetiamo assurda, ma visto che ci piace giocare cercheremo di dimostrarne la infondatezza – o al contrario la fondatezza – con l’arma della “reductio ad absurdo”.
La reductio ad absurdo è un divertente tipo di dimostrazione logica che, partendo dalla negazione della tesi che vogliamo sostenere, arriva logicamente – tramite presentazione di prove, indizi e ragionamenti logici – a conclusioni incoerenti e contraddittorie.

Per cominciare a giocare definiamo prima la tesi che vogliamo, davvero, sostenere:
-         Gli Yoga Sūtra sono un testo scritto da Patañjali dopo il II secolo a.C. e prima del IV secolo d.C.

Penso che tutti possano essere d’accordo, giusto?

Procediamo alla dimostrazione per assurdo:

Dato che partiamo dal presupposto – ritenuto infondato  dalla maggior parte degli studiosi – che la versione del libro di Patañjali che studiamo oggi nelle scuole di yoga e nelle università è in realtà frutto di una manipolazione avvenuta tra il XIX e il XX secolo, per procedere alla dimostrazione per assurdo dovremo rispondere ad una serie di domande:

1)    Chi è l’autore della manipolazione;
2)    Dove è avvenuta la manipolazione;
3)    Per quale motivo il testo è stato manipolato.

Alle prime due domande è, apparentemente facile rispondere:

L’autore della versione del 1874 è infatti Pandit Jibananda Vydiasagara, e il luogo è Calcutta, più precisamente l’Asiatic Society of Bengal di Calcutta (fondata da Sir William Jones, giudice della Corte Suprema di Calcutta – Fort Williams – agente segreto –si dice – dell’impero britannico, cui era collegato il Sanskrit College di Calcutta,  diretto per anni dai più eminenti antiquari e sanscritisti inglesi, nonché dirigenti della British East India Company , come Horace Hayman Wilson  e James Prinsep[1].

Veniamo alla terza domanda:
Perché? 

Perché un indiano – Jibananda Vidyasagara – avrebbe falsificato per conto dell’Asian Society of Bengala alcuni dei testi fondamentali della letteratura sanscrita?

La risposta ce la dà lo Śaṅkārācārya Prakashanand Saraswati - che come si può vedere dalla foto sopra era autorizzato a tracciare sulla fronte il “Rāja Tilaka” simbolo della più alta realizzazione spiritualemaestro spirituale accusato di pedofilia negli Stati Uniti, che nel 1999 scrisse “The True History and the Religion of India: A Concise Encyclopedia of Authentic Hinduis”.

“The True History…” è un testo monumentale commissionato da Shri Ramesh Bais all’epoca Minister of State for Information & Broadcastingdell’India e pubblicato da una delle più autorevoli case editrici indiane, Motilal Banarsidass (MLBO).

Nel capitolo intitolato “Major falsehoods as promoted by the British[2] si legge:

During the 19th century and the early 20th century almost all of the writers and the historians exactly followed the above guidelines of falsehood as established by the diplomats of the British regime. They were all either employed or appointed and influenced by them to write such books. Thus, there were quite a number of books written by the famous writers of that time with detailed statements and charts that elaborated the wrong descriptions. So, the few, who were independent writers, followed the same wrong tradition because that was the only available material for them to get the information for their writings.

Due capitoli dopo si chiarisce il compito della Asian Society (ovviamente secondo l’autore):

 One of the main activities of the Asiatic Society was to collect the old manuscripts of India. There was an enormous collection of Sanskrit manuscripts with the Society. By 1849 the Society had its own museum consisting of inscriptions in stone and metal, icons, old coins and manuscripts etc. […] Since 1832 ‘[…]the Society has also published well-edited old texts of Sanskrit and Bengali etc. The Society’s Library today contains more than 200,000 volumes related to Indology.
Behind all those amazingly voluminous activities of the Asiatic Society there was a hidden aim of the English people which was expressed by Jones himself in the writings of his first essay of 1784. Accordingly, in that essay he condemned the Divinity of all the forms of Hindu God and tried to his fullest to destroy Their religious image […] in his tenth speech of 1793 he tried to destroy the authenticity of the ancient history of the Puranas. Thus, trying to paralyze the total structure of the Hindu religion, he established certain fallacies which were made the guidelines for the activities of the Asiatic Society, its members and its associates. They wrote and worked in that specified direction while keeping an outside image that they were doing some kind of geographical and religious research.




Il testo, come detto, è monumentale, per sintetizzare Prakashanand Saraswati afferma che la “Asian Society”, avrebbe finanziato una serie di autori, tra cui il sanscritista Max Müller, per diffondere le false teorie dell’invasione degli Arii nella valle dell’Indo (“the whole story about the Aryan invasion fiction which was so extensively popularized that it appeared in the writings of every historian.”) e della lingua madre indo-europea, e per modificare alcuni testi – come il Garuda Purāṇa e il Bhaviṣya Purāṇa – al fine di stravolgere l’impianto filosofico hindu, rendendolo da una parte simile alla filosofia occidentale e alla teologia cristiana, e dall’altra aggiungendo particolari cruenti per dimostrare la superiorità morale dell’occidente cristiano.

I dettagli riportati da Prakashanand Saraswati per dimostrare la manipolazione sono, spesso, troppo tecnici e raffinati per le nostre competenze – non siamo sanscritisti – ma a pagina 274 si parla di radici – roots – di cui è stato modificato il senso originario.

Nel capitolo intitolato “Fabrication in the Bhavishya Puran” descrive per filo e per segno le modalità con cui il “Purāṇa di Gesù” è stato costruito in base alle indicazioni dell’Asian Society e le tracce che un anonimo brahmino, autore del testo, avrebbe lasciato per dar modo ai posteri di riconoscere la manipolazione.

Sarà attendibile Prakashanand Saraswati?
Le accuse di pedofilia –a dir la verità i testimoni pare abbiano ritrattato – minano sicuramente la sua reputazione di leader spirituale, ma nessuno, in India ha mai messo in dubbio la veridicità delle sue affermazioni sul ruolo del governo inglese – in combutta con alcuni brahmini al soldo della compagnia delle Indie – nella manipolazione dei testi antichi.
Ma torniamo adesso a Jibananda Vidyasagara, cui, nella nostra “dimostrazione per assurdo, abbiamo attribuito la paternità degli Yoga Sūtra.
Su internet è difficilissimo trovare una sua biografia, ma sul sito http://www.sanskritebooks.org/2013/12/complete-works-of-jibananda-vidyasagara/ si trovano alcune notizie interessanti.

Jibananda Vidyasagara Bhattacharya - soprannominato il “Padrino” (the Godfather) dal colonnello Olcott, fondatore della Società Teosofica insieme a H. P. Blavatsky – era il figlio di Tārānātha Tarkavāchaspati Bhaṭṭāchārya (1812-1885).

I praticanti di yoga probabilmente non avranno idea di chi sia Taranath, ma gli eruditi credo sappiano che è l’autore del primo grande dizionario sanscrito-inglese, “Vachaspatyam: (A comprehensive Sanskrit dictionary)”,[scaricabile gratuitamente a questo indirizzo: https://www.worldcat.org/title/vachaspatya-a-comprehensive-sanskrit-dictionary/oclc/903876608]

Un testo pubblicato per la prima volta a Calcutta nel 1863 (1873 seconda edizione) e ristampato decine di volte in tutti i paesi del mondo. Libro maestro di milioni di sanscritisti dal XIX secolo ad oggi.

Di Taranath si trovano poche notizie, alcuni lo identificano con il Taranath Vidyaratna che ispirò i lavori di John Woodroffe (Arthur Avalon), ma probabilmente – Taranath è morto nel 1885 quando Avalon aveva 20 anni - è uno pseudonimo del figlio, Jibananda Vidyasagara.



Era Professore al Sanskrit College di Calcutta, ma a parte questo, come abbiamo detto, della sua vita privata  si sa poco o niente - su internet non si trovano biografie – ma si possono rintracciare alcuni documenti interessanti sulla stesura del Vachaspatyam, il cui committente   era Sir Cecil Beadon, Lieutenant-governor of Bengal Presidency, sottoposto ad inchiesta per le responsabilità nella grande carestia del 1866.

Beadon, uomo della Compagnia delle Indie, offrì a Taranath 10.000 rupie, a patto che il lavoro fosse stato soddisfacente per il governo inglese.

Per dare un’idea della cifra basti pensare che nel 1930 un professore indiano guadagnava, a detta di Prakashanand Saraswati30 rupie al mese

La somma con cui Taranath fu ricompensato dal governo britannico, per il lavoro svolto corrispondeva, in termini attuali ad cifra compresa trai 300.000 e i 500.000 euro attuali.

Secondo “The True History and the Religion of India…” Taranath, per soddisfare i committenti, avrebbe taroccato addirittura Pāṇini.
Le prove della manipolazione si trovano alle pagine 273 e seguenti (Part I, Chapter 3).

Noi, ripetiamo, non essendo sanscritisti non abbiamo le competenze per verificare la fondatezza delle accuse che Prakashanand rivolge a Taranath, ma le prendiamo per buone “fino a prova contraria”.

Per tornare agli Yoga Sūtra di Patañjali nella nostra dimostrazione per assurdo, abbiamo cercato di esporre queste tesi:

1)    La versione comunemente considerata originale è il risultato di una manipolazione messa in atto da Jibananda (o da suo padre);

2)    Gli ambiti in cui è avvenuta la manipolazione sono la Asian Society e il Sanskrit College di Calcutta;

3)    I motivi per cui il testo è stato manipolato sono di natura politica, culturale ed economica (i pandit avrebbero ricevuto decine di migliaia di rupie).

Il discorso ha una sua logica, ma ovviamente continuiamo a ritenere infondata l’ipotesi della manipolazione.

Anche se, a dir la verità, alla fine della nostra “reductio ad absurdo”, non è che abbiamo trovato troppe contraddizioni.

Comunque sia manca ancora un dato, nella nostra fantasiosa e assurda ipotesi:
In cosa consisterebbe la manipolazione? Cosa avrebbero cambiato, tagliato o aggiunto i Pandit corrotti?

Non essendoci possibilità di confronto con testi più antichi del 1874 non è possibile ipotizzare alcunché. Ma, chi ha voglia di divertirsi, può andarsi a cercare un testo del 1740, “A Treatise of Human Nature: Being” di David Hume, e soffermarsi sul Libro Primo, “Of the Understanding”.

Dopo di che, sempre per chi ha voglia di divertirsi, sarebbe interessante confrontare le parole di Hume con quelle, per esempio, che usa Vivekananda nella sua traduzione degli Yoga Sūtra.

A prescindere dalla assurda ipotesi della manipolazione ci sono delle meravigliose coincidenze, segno che l’essere umano, quando approfondisce lo studio della mente, arriva sempre a conclusioni simili se non identiche.



[1] Vedi
-           Sidney Lee ed. (1900). "Wilson, Horace Hayman". Dictionary of National Biography. 62. London: Smith, Elder & Co.
-          Richard Temple, Men and Events of My Time in India.John Murray, London, 1882.

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