Nella pratica
dello yoga arriva un momento in cui insorgono delle domande sulla validità
della ricerca personale e degli insegnamenti ricevuti.
Si tratta di una
fase che attraversano – quasi – tutti ,anche coloro che, seguendo la via della
devozione, sono abituati a prendere le parole del maestro – di carta o in carne
ed ossa che sia - come verità assoluta.
Credo che sia
legittimo cercare di approfondire, anzi credo sia una necessità.
Fingiamo di
essere un praticante medio:
Sento i miei
insegnati o qualche praticante esperto, parlare del “Vijñana Bhairava Tantra”.
Si tratta di testo
del IX-X secolo d.C. che gode in occidente di una grande reputazione, almeno
dagli anni ’80, quando Osho dichiarò di essersi illuminato grazie alla sua
lettura.
Cosa faccio? Innanzitutto
comincio a ricercare su internet le traduzioni dei maestri più famosi, giusto?
Anzi, per
scrupolo, visto che sono pignolo, vado sui siti specializzati indiani e cerco
la versione in sanscrito.
Ce ne sono molte,
scaricabili gratuitamente, come questa, ad esempio: https://www.amazon.it/VIGYAN-BHAIRAV-RUDRYAMAL-TANTRA-REHASYA-ebook/dp/B07DXTRZMH.
Dopo di che,
visto che non sono un sanscritista, ma un semplice praticante ( di solito il
praticante medio ha una conoscenza abbastanza limitata delle regole grammaticali
del sanscrito) cerco le traduzioni dei maestri più famosi, che, ovviamente,
ritengo più affidabili (se sono famosi ci sarà un motivo, giusto?), e le
confronto per avere un’idea del contenuto del testo e confrontarlo con quelle
che sono le mie esperienze di praticante ovvero le mie esperienze “soggettive”.
Vediamo cosa
succede.
Prendo un
versetto a caso, il numero 27 (N.B. traslitterazione IAST effettuata con l’applicazione
di http://spokensanskrit.org/ e
confrontata con la traslitterazione del Dott. Marino Faliero University of Goettingen):
कुम्भिता रेचिता वापि पूरिता वा यदा भवेत् I
तदन्ते शान्तनामासौ शक्त्याशान्तः प्रकाशते II २७II
Kumbhitā
recitā vāpi pūritā vā yadā bhavet |
tadante śāntanāmāsau
śaktyā śāntaḥ prakāśate || 27 ||
Vado a cercare le traduzioni che ritengo più affidabili.
“27. When you have
breathed in or out completely, when the breath movement stops on its own, in
this universal lull, the thought of "me" disappears and the Shakti
reveals herself.”
2. Daniele Bertagni, http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/tantra/vijnana.pdf:
“Vagabonda in giro fino ad essere esausta e
poi, cadendo a terra, in questo cadere il tutto.”
3.
Aghori.it, http://www.aghori.it/vij%C3%B1anabhairava_t.htm:27.
“Vagabonda in giro fino ad essere esausta e
poi, cadendo a terra, in questo cadere il tutto.”
27. If (the power of vital breath) called “Tranquil” is retained,
whether it has been ejected (in the course of exhalation) or filled (in the
course of inhalation), in the end of that (practice) the Tranquil One manifests
by mean of (that same) power.”
Ovviamente c’è da rimanere
perplessi.
A occhio le traduzioni, identiche
di Bertagni e del sito Aghori.it fanno riferimento ad un’altra versione, o
addirittura ad un altro testo, e le traduzioni di Odier e Dyczowski sembrano diverse e sembrano
far riferimento a concetti diversi.
Scrive
Odier:
“The
thought of "me" disappears and the Shakti reveals herself” (“Il
pensiero di" me "scompare e la Shakti si rivela”).
Scrive Mark Dyczowski;
“The Tranquil One manifests by mean of (that
same) power” ("Il Tranquillo Uno si manifesta attraverso - quello stesso -
potere").
Decido di prendere in esame solo queste due
traduzioni – è evidente che le altre, tra loro identiche, si riferiscono ad un
altro testo – e cerco di riportarle a quanto è emerso dalla mia pratica degli
anni ’70 sotto la guida di istruttori che a me davano fiducia. Devo dire che di ciò che scrivono Odier e Dyczowski non è che
capisca molto, detto tra noi, nel senso che mi sembrano -opinione personale – delle
indicazioni assai generiche, ispirate da una rivisitazione occidentalizzata
(ovvero riferita alla filosofia occidentale) del tantra.
Probabilmente si tratta di una impressione
sbagliata (Odier e Dyczowski sono considerati maestri assai autorevoli), ma,
visto che non sono convinto, provo a cavarmela con il testo sanscrito, pur
conoscendo i miei, evidenti limiti.
Vediamo:
“Kumbhitā recitā vāpi pūritā vā yadā bhavet |
tadante śāntanāmāsau śaktyā śāntaḥ prakāśate || 27 ||”
Secondo me Kumbhitā, recitā e pūritā hanno
a che fare con
-
Pūraka
inteso solitamente come inspirazione;
-
Recaka,
inteso solitamente come espirazione;
-
Kumbhaka,
inteso solitamente come apnea;
Ma si tratta tecnicamente di tecniche di
controllo dei “soffi vitali”, tese a sospenderne la circolazione nei due canali
principali laterali (chiamiamoli Luna e Sole) in modo da attivare il flusso nel
canale centrale (chiamiamolo Rāhu)[1].
Per ciò che riguarda śānta letteralmente
significa “gentile, pacificato, calmo, tranquillo, appagato”, ma a me hanno
insegnato che quando è legato alla parola śakti, come mi sembra sia in
questo caso, assume, nello yoga praticato, un significo diverso, meramente
tecnico.
Śanta śakti, dovrebbe essere infatti la “quarta
energia” che viene prodotta/percepita/utilizzata nelle pratiche
operative tantriche:
La prima, iccha śakti, o energia
del desiderio, viene prodotta dalla discesa del bindu (durante le pratiche di
meditazione) dal cakra sulla sommità della testa a quello della fronte e viene
localizzata, in genere, nel cakra della gola;
La seconda, jñana śakti, o energia della
conoscenza, viene prodotta dalla discesa del bindu nel cuore, e viene
localizzata in genere nel cakra del cuore,
La terza, kriya śakti, o energia dell’azione,
viene prodotta dalla discesa del bindu nei genitali, e viene localizzata, in
genere, nel cakra dei genitali.
L’unione delle tre energie viene paragonata all’unione
dei tre grandi fiumi (Saraswati, Yamuna e Ganga) che avviene durante il kumbha
mela, e produce uno stato (un orgasmo) caratterizzato dall’emissione spontanea
del suono sauḥ, chiamato “seme dell’immortalità”, e da una particolare
vibrazione che, partendo dal basso ventre, si diffonde in tutto il corpo,
generando la quarta energia (fisica) chiamata appunto Śanta.
Si tratta di una tecnica operativa di cui si
parla – e che viene praticata – nelle scuole tantriche.
Ecco secondo me,per la mia esperienza, il
versetto 27:
“Kumbhitā recitā vāpi pūritā vā yadā bhavet |
tadante śāntanāmāsau śaktyā śāntaḥ prakāśate || 27 ||”
Andrebbe
interpretato in questa maniera:
“Quando kumbhaka ha luogo [naturalmente) dopo puraka e recaka (e quindi
si interrompe il flusso nei canali laterali) insorge (l’energia chiamata) śanta
śakti (e la condizione definita) śanta (che coincide con la realizzazione di
bhairava) viene rivelata”.
Ovviamente si tratta di una interpretazione da
ignorante (non conosco il sanscrito) suffragata solo dalla mia esperienza
personale, e chiedo perciò consiglio ai miei amici più eruditi di me, ma ho il
dubbio (che spero possa essere fugato) che spesso si facciano delle traduzioni
per sentito dire, prendendo per riferimento altre traduzioni di persone che
vengono ritenute affidabili senza verificare (come nel caso di Bertagni e di Aghori.it).
Oppure, nel caso di maestri rinominati come Odier
e Dyczowski, ho l’impressione che si traduca sovrapponendo ai testi originali le
personali opinioni e il back ground filosofico (occidentale).
Ripeto sono solo riflessioni di un praticante
abbastanza ignorante, per cui mi piacerebbe avere il parere di chi ne sa più di
me.
Un sorriso,P.
[1] पूरक Pūraka letteralmente indica l’atto di “riempire”, “completare”,
“soddisfare” - e quindi come “inspirazione” ci potrebbe anche stare - ma se
cerchiamo il significato ,per così dire,
in “gergo yogico”, ovvero l’uso che se fa nei testi filosofici e nei manuali pratici,
vedremo che significa:
Flusso;
Palla di cibo offerta alla fine di particolari cerimonie;
Raramente, secondo Monier-Williams (a quanto mi è dato di
capire) pūraka
può anche indicare una:
Pratica yogica che consiste nel chiudere la narice
destra con un dito e quindi aspirare aria attraverso la sinistra, poi nel
chiudere la narice sinistra e aspirare attraverso la destra.
रेचक Recaka,
che letteralmente significa “purga”, “svuotamento”, “spurgo”, “catartico” (
quindi ci può anche stare come “espirazione”) si trova nei testi classici con i
significati di:
Siringa (uno strumento simile al “flauto di Pan”);
(Come sinonimo di bhramaṇa)
“girare in tondo”, “rivoluzione”, “orbita (di un pianeta)”;
Un particolare passo di danza o un particolare movimento
del piede;
Mentre nell’अमृतबिन्दु उपनिषद्
amṛtabindu upaniṣad indica:
“Uno dei tre prāṇāyāma eseguiti durante saṃdhyā che
consiste nell’emettere il respiro da una sola narice”.
कुम्भक Kumbhaka
infine significa:
Pentola;
Base della colonna;
Parte prominente del cranio dell’elefante:
Ma in alcuni testi “tecnici”, come il वेदान्तसार vedāntasāra, kumbhaka è usato nel
senso di:
“Fermare il respiro chiudendo la bocca e chiudendo le
narici con le dita della mano destra”.
In definitiva non è sbagliato a priori chiamare la
inspirazione pūraka,
la espirazione recaka e l’apnea kumbhaka, ma indagando sui vari significati
delle tre parole e sull’uso del termine prāṇāyāma come “rito da celebrare
durante i saṃdhyā, potremmo accedere, probabilmente ad un livello diverso,
più “sottile” della pratica.
Dear Paolo,
RispondiEliminaHere is a similar explanation :)
https://www.youtube.com/watch?v=NfbV-o1UZCw
O Bhairavī! By not turning back [too soon] from the pair of spaces, inner and outer, where the breath pauses, the form of Bhairava is manifested thus through Bhairavī ( = the still space of awareness underlying the movement of prāṇa is revealed). || 25
When the Center opens up, the power (śakti) inherent in the prāṇa does not go forth or enter in. As thought-forms melt away by means of that [power], the Bhairava-state [manifests]. || 26
When that [breath-power] called ‘quiescent’ is retained after inhale or even after exhale, at the end of that [moment of stillness], the Tranquil One [Śiva] manifests through that power. || 27
All the best, Namaskar, Om Shanti x 3 :D
Buonasera.
RispondiEliminaCercando cose sul VBT sono capitato in questa pagina nella quale si fa riferimento al mio nome e al sito che gestisco.
Vorrei fare un paio di precisazioni.
La traduzione alla pagina http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/tantra/vijnana.pdf non è mia. È invece tratta dal sito www.aghori.it (così come indicato dalla pagina http://www.gianfrancobertagni.it/Discipline/tantrismo.htm nella quale è inserito il link al documento).
Riguardo alla paternità di questa traduzione, in realtà, come scoprii in un secondo tempo, essa se è del gestore di aghori.it, beh comunque lo è sulla falsariga della traduzione di... Osho.
Riguardo in ultimo al fatto che la traduzione del versetto 27 sia assolutamente non convergente neanche in minima parte con le altre traduzioni, il motivo è che essa segue appunto la numerazione che si incontra nel testo di Osho (e Osho dà tutto un suo ordine ai versetti del VBT, diciamo così: tematico). Per la verità è un verso comunque effettivamente presente nel VBT, ma al 111.
Un gentile saluto,
Gianfranco (non Daniele :) ) Bertagni