Cosa è il prāṇāyāma?
La maggior parte dei praticanti risponderà che il prāṇāyāma una serie di
esercizi basati sul controllo delle tre fasi della respirazione, ovvero:
- Pūraka
inteso come inspirazione;
- Recaka,
inteso come espirazione;
- Kumbhaka,
inteso come apnea;
Ma è veramente
così?
Veramente i
testi classici dello yoga parlano di pūraka,
recaka e kumbhaka come delle tre
fasi della respirazione ordinaria?
Anche se può
sembrare strano le cose stanno in maniera un po’ diversa (se sbaglio ovviamente
sono gradite le correzioni) in sanscrito:
1. “Inspirazione” non si dice si dice pūraka,
ma आन āna o अन ana;
2. “Espirazione” non si dice recaka ma पान pāna
o एतन etana;
3. “Apnea” non si dice kumbhaka ma श्वासरोध śvāsarodha.
E allora cosa
significano pūraka,
recaka e kumbhaka?
पूरक Pūraka letteralmente indica l’atto di “riempire”, “completare”,
“soddisfare” - e quindi come “inspirazione” ci potrebbe anche stare - ma se
cerchiamo il significato ,per così dire,
in “gergo yogico”, ovvero l’uso che se fa nei testi filosofici e nei manuali
pratici, vedremo che significa:
1. Flusso[1];
2. Palla di cibo offerta alla fine di particolari cerimonie;
3. Pratica yogica che consiste nel
chiudere la narice destra con un dito e quindi aspirare aria attraverso la
sinistra, poi nel chiudere la narice sinistra e aspirare attraverso la destra.
रेचक Recaka, che letteralmente significa “purga”, “svuotamento”,
“spurgo”, “catartico” ( quindi ci può anche stare come “espirazione”) si trova
nei testi classici con i significati di:
1. Siringa (uno strumento simile al “flauto di Pan”)[2];
Mentre nell’अमृतबिन्दु उपनिषद् amṛtabindu upaniṣad la parola indica:
4. “Uno dei tre prāṇāyāma eseguiti
durante saṃdhyā che consiste nell’emettere il respiro da una sola narice”.
कुम्भक Kumbhaka
infine significa:
1.
Pentola;
2.
Base della colonna;
3. Parte prominente del cranio dell’elefante;
Ma in alcuni
testi “tecnici”, come il वेदान्तसार vedāntasāra,
kumbhaka è usato anche nel senso di:
4. “Fermare il respiro chiudendo la bocca e chiudendo le narici
con le dita della mano destra”.
In definitiva
non è sbagliato a priori chiamare la inspirazione pūraka,
la espirazione recaka e l’apnea kumbhaka, ma indagando sui vari significati
delle tre parole e sull’uso del termine prāṇāyāma come “rito da celebrare
durante i saṃdhyā, potremmo accedere, probabilmente ad un livello diverso,
più “sottile” della pratica.
Più
specificamente:
Prāṇāyāma
non ha nello yoga – solo - il significato
generico di “fare esercizi respiratori”, ma si tratta di una parte dei rituali
da compiere durante le saṃdhyā - parola che indica sia i “tre momenti di
passaggio del giorno”, alba, mezzogiorno e tramonto - sia particolari
meditazioni (saṃ-dhyai) che hanno come oggetto i soffi vitali – vāyu – che
circolano in due dei principali canali - nāḍī - del corpo chiamati iḍā
e piṅgala.
Le
tecniche di prāṇāyāma non riguardano – almeno non solo - la respirazione
ordinaria, ma un insieme di processi in cui si percepiscono e “si fanno agire”
le “energie sottili”, in questo caso definite genericamente prāṇa.
In
questo senso il termine più corretto da usare per questo genere di tecniche
sarebbe non prāṇāyāma, ma प्राणसंयम prāṇasaṃyama[5],
dove saṃyama per lo yogin è –diciamo così - una particolare “abilità” che
consiste nel saper indirizzare dei flussi energetici o vibrazioni in varie
parti del corpo o, si dice, all’esterno del corpo fisico.
L’abilità
che definiamo saṃyama viene acquisita dopo l’esperienza del samādhi,
inteso sia come condizione temporanea sia come condizione permanente (o
stabilizzata).
Cerchiamo
adesso di capire bene cosa si intende per prāṇa.
In
questo caso, come abbiamo detto rappresenta l’insieme delle “energie sottili”,
definizione che purtroppo è assai abusata.
Di norma quando
si parla di “energie sottili” vengono regolarmente in mente “l’energia cosmica”
dei new ager, gli effetti speciali delle foglie della “Profezia di Celestino”
o, magari, la “spada di foco” di un vecchio film di Verdone, roba
vaga, priva di un riferimento alla visione scientifica e alla realtà
percepibile in senso oggettivo.
Per cui molti
praticanti alla domanda “Cosa è il prāṇa?” risponderanno con qualche
perifrasi ad effetto - abbastanza oscura da permettere tre o quattro
interpretazioni diverse – o con qualche ovvietà inoffensiva tipo” il prāṇa è
l’aria che respiriamo” o “il prāṇa è l’energia vitale”.
In sé, dire che
il prāṇa è l’aria che respiriamo non è affatto sbagliato, tanto più che, come
si è visto, in molte scuole di yoga si afferma che il prāṇāyāma è una
tecnica basata sul controllo delle tre fasi respiratorie;
Ma se
partiamo dal presupposto che lo yoga - inteso come elaborazione medioevale del
sapere vedico – sia una scienza, forse nei testi scritti da yogin - o “jogi”
come si definivano fino al XIX secolo – per altri yogin, troveremo delle
definizioni più precise.
Nell’Agastya
Saṁhitā (अगस्त्य संहिता)[6],
attribuito al ṛṣi Agastya - lo yogin considerato il creatore delle arti
marziali del sud dell’India – troviamo a questo proposito dei brani
sorprendenti, come, ad esempio, le indicazioni per produrre idrogeno e far
volare palloni aereo-statici:
संस्थाप्य मृण्मये पात्रे ताम्रपत्रम् सुसंस्कृतम् ।
छादयेत शिखिग्नीवेनार्दाभिः काष्ठपांसुभिः ॥
saṃsthāpya
mṛṇmaye pātre tāmrapatram susaṃskṛtam ।
chādayeta
śikhignīvenārdābhiḥ kāṣṭhapāṃsubhiḥ II
दस्तालोष्ठो निघातव्यः पारदाच्छादितस्ततः ।
संयोगात जायते तेजो मित्रावरुण संज्ञितम् ॥
dastāloṣṭho
nighātavyaḥ pāradācchāditastataḥ ।
saṃyogāta
jāyate tejo mitrāvaruṇa saṃjñitam II
अनेन जलभंगोस्ति प्राणोदानेषु वायुषु।
एवम् शतानाम् कुंभानाम् संयोगः कार्यकृत्स्मृतः ॥
anena jalabhaṃgosti prāṇodāneṣu
vāyuṣu।
evam śatānām kuṃbhānām saṃyogaḥ
kāryakṛtsmṛtaḥ II
वायु बंधक वस्त्रेण निबद्धो यंमस्तके l
उदान: स्वलघुत्वे बिभर्त्याकाश यानकम ll
vāyu baṃdhaka vastreṇa
nibaddho yaṃmastake l
udāna: svalaghutve bibhartyākāśa
yānakama II
La traduzione di questo brano
fatta da alcuni scienziati indiani[7] – una delle
traduzioni possibili, per cui chiederò ai miei amici sanscritisti di verificare - in italiano suonerebbe pressappoco così:
"Prendi un
vaso di terracotta, stendici un foglio di rame, e mettici il Solfato di rame.
Poi, spalma con segatura bagnata, mercurio e zinco. Quindi, se si uniscono i
fili, si produrrà una energia (Tejas) chiamata Mitrāvaruṇa. Questo porterà alla
scissione dell'acqua in prāṇa vāyu e udāna vāyu.
Una catena di un
centinaio di vasi produce una forza molto attiva ed efficace. Udāna Vāyu così
prodotto può con la giusta tecnica essere immesso in un panno a tenuta d'aria.
Così grazie all'azione antigravitazionale di udāna vāyu, è possibile costruire
una struttura in grado di volare in aria "
Tanto per spegnere subito gli
ardori dei complottisti e dei Fanta-archeologi diremo che l’Agastya Saṁhitā è parte integrante del Garuḍa Purāṇa - uno dei 18
Mahāpurāṇ - testo composto non prima del X-XI secolo della nostra Era – ma secondo
me in tempi ancora più recenti - e che i palloni aereo-statici, a scopo
militare, erano comuni in Oriente almeno dal III secolo d.C.[8]
Le cose più interessanti del
brano, a parer mio, non riguardano la vera o presunta istruzione sulla
costruzione delle pile, ma:
1. La conferma del fatto che lo yoga è una
scienza;
2. La possibile identificazione
di udāna vāyu e prāṇa vāyu – due dei “soffi vitali definiti genericamente
prāṇa - con due realtà fisiche ben definite, l’idrogeno e l’ossigeno.
Prendiamo adesso un altro testo, adesso, il विवेकचूडामणि Vivekacūḍāmaṇi, trattato
medioevale attribuito ad आदि शङ्कराआचार्य Ādi Śaṅkarācārya (nella
versione anglofona “Shankara”)[9].
Versetto 95:
प्राणापानव्यानोदानसमान भवत्यसौ प्राणः I
स्वमेव वृत्तिभेदाविकृतिभेदात्सुवर्णसलिलादिवत् II
prāṇāpānavyānodānasamāna bhavatyasau prāṇaḥ I
svameva vṛttibhedāvikṛtibhedātsuvarṇasalilādivat II
“Lo stesso prāṇa
diviene prāṇa, apāna vyāna, udāna, samāna in accordo alle loro funzioni [o
secondo le modificazioni che subisce] come [avviene per] l'oro, per l'acqua.”
Se partiamo dal presupposto che prāṇāyāma
– o meglio prāṇasaṃyama - non sia una serie di esercizi di respirazione, ma una
pratica, tra virgolette, “alchemica”, potremmo forse comprendere più
profondamente il suo significato e le sue valenze “operative”.
Gli “ingredienti” con cui lo yogin /alchimista
cercherà di realizzare la sua “Opera” in questo caso sono le modificazioni del prāṇa.
Nella tradizione indiana, cui lo yoga fa
riferimento, ci sono in realtà dieci tipi di prāṇa o vāyu (quattordici secondo
alcuni), in ma qui tratteremo solo dei cinque “soffi” principali, analizzandone
le funzioni, il ritmo e le direzione secondo gli insegnamenti dello yoga.
Prāṇa "domina" la zona che va dal
naso al cuore ed è in rapporto con la parola, il cuore ed i polmoni.
È caratterizzato da un, per così dire, ritmo
alternato, e disegna una specie di doppia spirale su un piano orizzontale
facilmente sintonizzabile con il ritmo respiratorio; una delle sue funzioni è
appunto la respirazione.
Lo si collega solitamente al V° cakra (viśuddhi cakra, plesso della gola).
Lo si collega solitamente al V° cakra (viśuddhi cakra, plesso della gola).
Vyāna è l'energia vitale che pervade tutto
l'organismo. È il "tipo" di prāṇa che circola uniformemente nelle nāḍī.
Segue i ritmi cosmici di giorno e notte.
La sonnolenza e il risveglio possono essere considerati sue funzioni. Si espande e si ritrae. Ed è collegabile al IV° cakra (anāhata cakra, plesso cardiaco).
La sonnolenza e il risveglio possono essere considerati sue funzioni. Si espande e si ritrae. Ed è collegabile al IV° cakra (anāhata cakra, plesso cardiaco).
Samāna domina la parte del corpo che va dal
cuore all’ombelico) e riguarda il nutrimento e l'assorbimento del cibo.
È collegato allo stomaco e al III° cakra (maṇipūra cakra, plesso dell’ombelico). La secrezione è una delle sue funzioni e si potrebbe visualizzare come un movimento su un piano orizzontale, dall'esterno all'interno e viceversa.
È collegato allo stomaco e al III° cakra (maṇipūra cakra, plesso dell’ombelico). La secrezione è una delle sue funzioni e si potrebbe visualizzare come un movimento su un piano orizzontale, dall'esterno all'interno e viceversa.
Apāna è il prāṇa dell'intestino. La sua
funzione è la escrezione e riguarda la parte del corpo che va dallo stomaco ai
piedi, collegabile, banalizzando, al II e al I cakra (svadhiṣṭhāna cakra e mūlādhāra
cakra).
È visualizzabile come un movimento verticale discendente, dall'alto verso al basso.
È visualizzabile come un movimento verticale discendente, dall'alto verso al basso.
Udāna si trova tra il naso e la fontanella ed
è in rapporto con il VI cakra (ājñā cakra), con il naso, gli occhi e il
cervello.
È visualizzabile come un movimento verticale verso l'alto. Udāna è l'energia che porta lo sperimentatore “fuori dal corpo” (ovvero oltre la percezione del corpo fisico) durante il samadhi e dopo la morte.
È responsabile del movimento degli occhi verso il centro della fronte (Śāmbhavīmudrā)
È visualizzabile come un movimento verticale verso l'alto. Udāna è l'energia che porta lo sperimentatore “fuori dal corpo” (ovvero oltre la percezione del corpo fisico) durante il samadhi e dopo la morte.
È responsabile del movimento degli occhi verso il centro della fronte (Śāmbhavīmudrā)
I prāṇa sono in rapporto tra di loro e, secondo
lo yoga la consapevolezza del movimento ascendente di udāna avrebbe la
possibilità di reindirizzare tutte le aree vitali del corpo.
Questo cambiamento di direzione dei soffi
vitali potrebbe avere una qualche affinità con ciò che nell’Alchimia
occidentale veniva definito “rettificazione mercuriale”, una trasformazione del
flusso del mercurio – energia vitale – dal basso verso l’alto e viene
rappresentato “simbolicamente” dal cambio di direzione dal basso in alto, dei
petali del fiore di loto che rappresenta graficamente il cakra del cuore.
Il “loto del cuore”, a differenza degli altri
cakra, è infatti rappresentato con i petali verso il basso, a significare la
discesa dell’energia vitale – le tre gocce di ojas
poste nel cuore al momento della nascita - dall’alto verso il basso.
La durata della vita umana sarebbe scandita dal progressivo consumarsi dell’energia vitale – ojas - per cui la “rettificazione mercuriale”, intesa come cambio di ritmo e direzione dei soffi vitali, provocherebbe una inversione, si suppone temporanea, del processo di consunzione dell’energia vitale.
La durata della vita umana sarebbe scandita dal progressivo consumarsi dell’energia vitale – ojas - per cui la “rettificazione mercuriale”, intesa come cambio di ritmo e direzione dei soffi vitali, provocherebbe una inversione, si suppone temporanea, del processo di consunzione dell’energia vitale.
Secondo lo Yoga tutti i processi psicofisici
possono essere considerati come il prodotto dell'azione combinata dei vari prāṇa.
Il praticante potrà osservare e analizzare in base alla teoria dei soffi vitali, il processo dell'eccitazione sessuale, o dell'addormentarsi o dello starnutire o dello sbadigliare fino a percepire i diversi ritmi e funzioni dei vari prāṇa e infine, ad indirizzarli sia all'interno sia – si dice –all’esterno del corpo.
Il praticante potrà osservare e analizzare in base alla teoria dei soffi vitali, il processo dell'eccitazione sessuale, o dell'addormentarsi o dello starnutire o dello sbadigliare fino a percepire i diversi ritmi e funzioni dei vari prāṇa e infine, ad indirizzarli sia all'interno sia – si dice –all’esterno del corpo.
Per favorire la percezione, estremamente “sottile”
ma non immaginaria – nel senso che si tratta di una percezione oggettiva,
fisica - nello yoga si utilizzazione tecniche di visualizzazione in cui si
chiede al praticante di immaginare i soffi vitali come fluidi abbastanza densi –
di solito si parla della densità del mercurio liquido – con colori e
caratteristiche diversi:
Il Prāṇa ad esempio lo si visualizza come un fluido di
colore blu zaffiro essenzialmente diretto verso l'interno.
Apāna è scuro (color "nuvola del tramonto")
e il suo movimento è discendente.
Udāna è color del fuoco e il suo movimento è
ascendente.
Samāna è color bianco latte e la sua azione è quella propria
del “solvi et coagula”.
Vyāna è color argento ed è onnipervadente.
Tutti i soffi (prāṇa o vāyu) hanno natura
"rajasica", Anzi si può dire che derivano dalla porzione rajasica di
ognuno dei cinque elemento sottili o tanmātra.
Il fine del lavoro sui soffi vitali - prāṇasaṃyama - è la cosiddetta “risalita di kuṇḍalinī”.
Tecnicamente il re-indirizzamento dei cinque vāyu,
provocherebbe l’attivazione di due altri soffi vitali – che sarebbero una modificazione
di apāna vāyu - percepibili nella zona dello stomaco e del
ventre, definiti “portatori di bastone”.
Grazie alle modificazioni – biochimiche e
posturali – create da questi due “soffi” od “energie”, kuṇḍalinī
sarebbe “attratta dall’alto” e dopo aver girato in senso anti-orario nella zona
del perineo risalirebbe il lungo il canale centrale della colonna vertebrale
dove, secondo la fisiologia yoga, si celerebbero sūrya svarūpa – la “vera
forma del Sole” – e candra svarūpa – la vera forma della Luna.
Sūrya svarūpa e candra svarūpa rappresenterebbero
l’insieme delle informazioni celate nel patrimonio genetico del praticante – il
“fattore terreno rappresentato dalle 50 sillabe dell’alfabeto sanscrito
inscritte nei petali dei sei cakra tradizionali – e dai raggi della creazione “deposti
al momento della nascita nei cakra” – il fattore celeste - ovvero i 360 marīci
provenienti dalle 27 case lunari: i nakṣatra.
Trasportate e vitalizzate dall’energia di kuṇḍalinī
- che potremmo definire tejas svarūpa o vera forma del fuoco – le due “correnti
di informazioni” arriverebbero alla coscienza con la conseguenza di rendere
effettivi tutti i talenti e le abilità dell’essere umano rimaste fino a quel
momento allo stato potenziale.
Il lavoro preparatorio a questo processo
energetico sarebbe lo scioglimento dei blocchi – fisici, emotivi e mentali –
che impediscono la risalita di kuṇḍalinī,
uno scioglimento che può avvenire tramite la pratica delle purificazioni e degli
āsana, delle mudrā, dei bandha e dei mantra, a patto che questi - āsana,
mudrā, bandha e mantra – vengano eseguiti con la consapevolezza della circolazione
dei soffi vitali acquisibile solo mediante il prāṇasaṃyama, che rappresenta
quindi uno strumento indispensabile per la vera pratica dello yoga.
[2] Fonte: Bhāgavata
Purāṇa.
[3] Fonte: Mahābhārata
[4] Fonte: Viṣṇu
Purāṇa.
[5] Vedi: “Yājñavalkya
Smṛti”.
[6] Il testo
integrale è scaricabile gratuitamente a questo link: https://archive.org/details/AgastyaSamhita
[7] Vedi: A K Shukla* and T Prem Kumar,
“A SHORT HISTORY OF ELECTROCHEMISTRY IN INDIA”. Indian Journal of History of
Science, 49.4 (2014) 424-427. (Received 10 June 2014; revised 12 October, 2014)
[8] Vedi
l’uso documentato di mongolfiere di carta, lanterne Kongming per segnalazioni
militari, nella Cina del III secolo d.C.
[9] Il testo
integrale è scaricabile a questo link: https://estudantedavedanta.net/VivekaChudamani-of-Sri-Shankaracharya.pdf
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