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IL NAZISMO DI JUNG, LA PSICHEDELIA E GLI ERRORI DELLA SINISTRA



Ho appena consegnato alla "Editora" (Francesca Pagano di Writeup Site) la bozza del mio ultimo libro, "Liberamente Schiavi";  un lavoro che nasce quasi per gioco, in risposta ad una domanda di quarant'anni fa:
"Ma chi è che mette sul mercato l'L.S.D.", ci chiedevamo negli '70 nei laboratori di chimica dell'I.T.I. di Livorno.
Domanda, per noi chimici, tutt'altro che oziosa visto che sapevamo  come l'Acido Lisergico fosse estremamente difficile da sintetizzare e commercialmente poco remunerativo.

Dopo 40 anni credo, anzi sono sicuro di aver trovato la risposta, ma non ne sono particolarmente felice. Anzi.
Dopo aver studiato i documenti d'archivio (pubblici) della Sandoz (la Farmaceutica svizzera che per prima sintetizzò l'L.S.D.) le relazioni ufficiali di due commissioni d'inchiesta del Senato americano (consultabili su intrnet e scaricabili in pdf) e la biografia (anch'essa ufficiale) del più famoso spione americano del '900 (Allen Dulles, capo dell C.I.A. fino al 1961) non solo ho trovato nomi e cognomi di coloro che diffondevano l'L.S.D. nel mondo occidentale, ma ho anche scoperto cose che avrei preferito non sapere. E che preferirei non fossero vere.

"Liberamente Schiavi" è un libro per certi versi doloroso, ma a rileggerlo credo che possa avere una certa utilità, soprattutto nello stimolare discussioni su temi che, solitamente, non ho voglia di affrontare. A partire da alcuni temi politici.
Sono anni ormai, lo confesso,che non mi appassiono più all'agone politico, ma pure ogni tanto mi faccio (anche in quel campo!) una serie di domande.
Per esempio guardando (raramente,  lo ammetto) TG  e programmi di informazione varia in televisione viene spesso da chiedermi come sia possibile che l'Italia di Einaudi, Berlinguer, Aldo Moro, Almirante sia adesso in mano a politici tanto illetterati, goffi e insipidi.
Soprattutto la cosiddetta sinistra, che per storia cittadina e familiare conosco meglio, mi pare un ectoplasma di se stessa.
Fino agli anni '80 il PCI era il più grande partito di sinistra dell'Occidente, e il cosiddetto "Movimento" (i giovani che venivano definiti estremisti) raccoglieva nelle piazze milioni di persone.
Si dirà che ci sono state la caduta del Muro di Berlino,  la contingenza economica, la rivoluzione culturale del Web.... tutto vero.
Ma a rileggere "Liberamente Schiavi" mi è venuto un dubbio, che spero qualcuno riesca a dissipare.
Negli anni '70 l'intellighenzia di sinistra ha creato delle icone esaltando una serie di personaggi e movimenti culturali che erano decisamente di destra.
Mary Wigman e Von Laban,ad esempio, i creatori della Danza espressionista tedesca (quella di Pina Baush per intenderci, erano decisamente nazisti, e nazista (e antisemita) era pure Carl Gustav Jung, i cui libri, nei '70, erano immancabili nella casa di un intellettuale di sinistra DOC.
Per giustificare le proprie scelte gli intellettuali di sinistra arrivarono a tacere l'appartenenza di Wigman, Laban e dei loro allievi ad Associazioni esoteriche naziste ed antisemite e mistificarono in parte le teorie junghiane trasformando il concetto di "Inconscio Collettivo Razziale " dello psichiatra svizzero, in un Inconscio Collettivo Universale" da lui, credo, neppure mai citato.

Wigman, Laban e Jung non sono casi isolati. La sinistra, senza dirlo, attinse a piene mani dalla cultura germanica (il vegetarianesimo, il naturismo, l'amore libero, l'uso delle droghe psicotrope, l'anti-cristianesimo,la passione per la filosofia orientale vengono da lì, dal nazismo),Questa mistificazione di fondo produsse ovviamento un corto circuito  che secondo me potrebbe essere uno dei motivi dell'attuale situazione politica e culturale.

Assurdo vero?
Purtroppo, secondo me, no.
Nelle pagine seguenti vi incollo alcuni brani di "Liberamente Schiavi" dedicati a Carl Gustav Jung. Le prove che fosse nazista e Antisemita e che, sul finire della guerra, sia diventato un agente segreto della OSS (i servizi segreti americani poi definiti CIA) secondo me sono,purtroppo, inoppugnabili.


1-           L’AGENTE SEGRETO 488




Il legame tra droga e Yoga può apparire strano ai nostri giorni (non certo ai tempi della Rivoluzione Psichedelica!), ma negli anni ’60, anche grazie alle copertine di Life e Time il “way of life” dei divi del Cinema americano divenne un modello di comportamento universale. Nei primi anni ’60, mentre i giovani della working class impazzivano per il Body Building e gli anabolizzanti, per i pargoli dell’alta e della media borghesia l’uso delle Rainbow Diet Pills (un mix di anfetamine e sedativi) combinato con la pratica dello yoga era la normalità.
In quegli anni l’influenza di magazine come Life, Time e Sports Illustrated sulla cultura americana e, di rimbalzo, sulla cultura del mondo occidentale era enorme. Le tre riviste erano le creature di uno dei più grandi giornalisti del XX secolo, Henry Robinson Luce. Giornalista sin dall’età di quindici anni studia alla Yale University (dove faceva parte della Skull and Bones, la mitica confraternita tanto cara ai complottisti) e a Oxford dopo di che inanellò un successo editoriale dietro l’altro, ma soprattutto inventò una maniera di scrivere piena di neologismi ed espressioni dialettali mescolati a riferimenti letterari “alti” considerata tutt’oggi un modello da giornalisti, e scrittori. Nel 1935 si sposa con Clare Boothe Luce, una delle donne più influenti degli Stati Uniti. Claire, che dal 1953 al 1957 fu ambasciatrice americana in Italia, era una conservatrice (lottò aspramente contro l’egemonia culturale del PCI in Italia) molto vicina ai vertici dei servizi segreti americani. Molto vicina fisicamente, nel senso che era l’amante di Allen Welsh Dulles, direttore della CIA fino al 1961.


Henry Luce con la moglie Clare Boothe Luce nel 1954. Fonte: http://hdl.loc.gov/loc.pnp/cph.3c24600

Ma Henry non si dispiacque più di tanto, perché nello stesso periodo divenne, a sua volta l’amante di Mary Bancroft, una delle più celebri spie del ‘900, precedentemente impegnata in un menage a trois con Dulles e sua moglie, Clover. L’estrema disinvoltura in materia di sesso dei conservatori americani di quegli anni è un fenomeno che prima o poi andrebbe studiato con attenzione. Ma torniamo ai “nostri” agenti segreti. La storia di Bancroft e Dulles, il mitico agente 110 dell’OSS, il servizio segreto americano poi rinominato CIA, è così complicata e avventurosa da far impallidire le sceneggiature dei film di James Bond, ma si sa la realtà supera sempre, e di molto la fantasia.


Clover Dulles (a sinistra) e Mary Bancroft in Svizzera durante la Guerra. Fonte: SCHLESINGER LIBRARY, HARVARD UNIVERSITY.

Nel 1943 l’allegra combriccola, Mary, Clover e Allen, si trovava in Svizzera. Il 3 febbraio di quell’anno il boss dello spionaggio alleato in Europa, David Bruce, riceve un messaggio cifrato proveniente da Berna. Il mittente è Allen Welsh Dulles, l’agente 110[1]:

“L’agente 488 riferisce che Hitler si nasconde in un sotterraneo nella Prussia dell’Est e che chiunque voglia vederlo deve passare ai raggi X. 488 conosce bene i tratti psicopatici di Hitler e crede che adotterà le più disperate misure fino all’ultimo, ma non esclude che si suicidi. […] Occorre prestare la massima attenzione alle analisi di 488[…]”.

L’identità di 488 non è certo un mistero: se digitiamo su Google le parole “Office Strategic Service 488 Agent” otterremo in 0,41 secondi, 6.780.000 risultati. Lo spione era Carl Gustav Jung, il padre della teoria dell’inconscio collettivo, “il principe ereditario di Freud”, come lo definisce Deirdre Bair nella ponderosa biografia (900 pagine) che gli ha dedicato.
Il fondatore della “Psicologia Analitica”, è, dopo James Bond, l’agente segreto meno segreto della storia dell’umanità. La notizia che lo psicoterapeuta svizzero era una spia al soldo degli americani cominciò a circolare subito dopo la fine della Guerra, e non furono certo i suoi detrattori a far saltare la copertura, ma i suoi allievi, gli ex colleghi spioni e lui stesso.  Non sono certo un esperto di spionaggio, ma mi pare una prassi anomala. Perché si decise di svelare così presto l’identità di 488 esponendolo al rischio di ritorsioni da parte degli sconfitti? Risponderò con un’altra domanda: come mai Jung era in possesso di notizie così riservate e dettagliate sul nascondiglio e sullo stato di salute del Führer?[2] La risposta è assai semplice: Jung era una delle personalità culturalmente più influenti e stimate della Germania nazista e poteva vantare amicizie potenti nell’entourage di Hitler. Molto potenti. Nel 1942, tramite un collega psichiatra, alcuni alti ufficiali tedeschi, preoccupati per il comportamento sempre più irrazionale del Führer, gli chiesero di volare a Berlino per valutarne lo stato psichico. “Sperano in una diagnosi che convinca i vertici del partito a deporre Hitler e a finire una guerra che sanno di perdere[3]”, scrive Deirdre Blair. Jung declinò l’invito, ma l’episodio ci dà la misura della considerazione di cui Jung godeva nelle alte sfere naziste. La verità, ancor oggi sussurrata a malapena, è che il pensiero di Jung era perfettamente coerente con l’ideologia nazista[4]. In altre parole lo psicologo svizzero era nazista e decisamente antisemita. La decisione di svelare immediata-mente dopo la fine della seconda guerra mondiale il suo ruolo di collaboratore dei servizi segreti americani fa parte, molto probabilmente, del tentativo di stendere un velo pietoso sulle sue simpatie, evidenti, per Hitler e sulla collaborazione con il regime nazista.





Nel '33 Jung divenne presidente della “Internationale allgemeine arztliche Gesellschaft fuer Psycotherapie” e inizio a lavorare con Mathias Goering, cugino di Hermann Goering. Nello stesso anno, intervistato dallo psichiatra nazista Adolf Weizsaecker, suo allievo, rilascia questa dichiarazione (il grassetto è mio)[5]:

"Soprattutto oggi lo sviluppo e l'autorealizzazione dell'individuo sono necessari. Quando il singolo non conosce se stesso anche i movimenti collettivi mancano di chiarezza nelle loro mete. Soltanto l'autorealizzazione dell'individuo, che io considero il fine supremo della psicologia, può produrre in seno ad un movimento di massa portavoce e capi veramente responsabili. Come ha detto Hitler, di recente, un capo deve avere il coraggio di essere solo e di procedere per la sua strada. (...) Ciascun movimento, per una legge fisiologica ha sempre al suo vertice un capo. Egli è l'incarnazione della psiche della nazione. (...) Altrettanto naturale è che al di sotto del capo ci sia una élite, che nei secoli passati era costituita dall'aristocrazia. L'aristocrazia per sua natura crede nella legge del sangue e nel valore assoluto della razza

Nel 1936 dichiara all’Observer[6]:

"La politica tedesca non è fatta, è rivelata attraverso Hitler. Lui è la voce degli Dei...Hitler governa attraverso rive-lazioni. Per questo la sensibilità esagerata dei tedeschi davanti alla critica o all'attacco al loro leader. È una blasfemia per essi, perché Hitler è il loro Oracolo”.

In un intervista rilasciata a H. R. Knickerbocker e pubblicata a New York nel gennaio del 1939 da Hearst International Cosmopolitan Jung sarà ancora più esplicito[7]:

"Hitler è un vaso spirituale, una semi-divinità; ancor meglio, un Mito. […] II potere di Hitler non è politico, è magico. […]  II segreto di Hitler non è che lui abbia un inconscio più pieno di pensieri e ricordi rispetto a quello degli altri uomini, ma il suo segreto si trova nel fatto che il suo inconscio ha uno straordinario accesso alla sua coscienza e che gli permette di dominarla e muoverla. […] È come un uomo che ascolti attentamente una sussurrante voce che arriva da una misteriosa fonte. Ed opera in accordo con essa. Noi abbiamo troppa razionalità per obbedirle. Ma Hitler l'ascolta ed obbedisce”.

Secondo Jung, Hitler non è un essere umano comune, ma un Avatar, incarnazione di Wotan (Odino) sulla Terra. Ha qualcosa in comune con Gesù e Dioniso e la sua venuta risveglierà la Nazione Germanica portando una ventata di distruzione che eliminerà ciò che al mondo è privo di radici, debole. Ma in seguito, secondo le teorie junghiane, lo spirito dionisiaco prenderà il sopravvento e l’umanità vivrà un lungo e florido periodo di pace. Solo recentemente gli psicologi di scuola junghiana si sono interrogati sul nazismo di Jung. Nel libro “Wotan e Mosé. Jung, Freud e l'antisemitismo”, edito da Vivarium nel 1997, gli autori, A. Maidenbaum e S.A. Martin,  commentano gli interventi presentati nel corso della Conferenza Internazionale di New York del 1989 intitolata “Ombre sospese: junghiani, freudiani e l'antisemitismo”, e del Workshop su Jung e l'antisemitismo svoltosi in occasione dell'XI Convegno Internazionale della IAAP, nello stesso anno. Scrive Giorgio Antonelli nel suo commento al libro[8] (il grassetto è mio):
“La questione del potere viene diversamente valutata, insieme ad altre, da Andrew Samuels nel suo intervento che reca il titolo nazionalismo, psicologia nazionale e psicologia analitica. A partire da questo contributo ci troviamo in un terreno per il quale non viene più messa in discussione l'esistenza d'un antisemitismo di Jung. Jung fu antisemita e si tratta di affrontare la questione a partire da questa ammissione. Non è casuale che Samuels parli di esplorazione che è inoltre già di per sé un necessario atto di riparazione e che leghi lo sviluppo ulteriore della psicologia analitica a una elaborazione del lutto per Jung da parte degli psicologi analitici. Il che implica il confronto con quella che Samuels chiama la parte decadente e la parte degenerata della psicologia analitica. Una delle tesi sviluppate da questo autore è che Jung sia stato molto interessato alla questione della leadership e che va criticato nella misura in cui se ne servì per scopi non psicologici.
Samuels ricostruisce quest'ulteriore tranche dell'Ombra di Jung a partire dalla rottura con Freud (in cui giocò un ruolo ancora sottovalutato il desiderio di potere dello psicologo svizzero), la selezione dei suoi seguaci (in questo caso la tecnica adottata era quella di adularli e quindi legarli maggiormente a sé, sostenendo che egli non aveva discepoli e non voleva averne), il suo interesse per il Führer e, anche, l'essere a capo della professione terapeutica in Germania, un vantaggio, quest'ultimo, troppo grande perché Jung lo buttasse via. Il tutto improntato a un elitarismo che il fondatore della psicologia analitica ha anche teorizzato (la natura è aristocratica). Ma non è questo, il desiderio di potere, il punto che preme più a Samuels. Ciò che ha condotto Jung all'interno dello stesso quadro dell'ideologia nazista antisemita è stato il suo tentativo di istituire una psicologia delle nazioni. Il contributo di Samuels è rivolto soprattutto a sviscerare Jung come psicologo della nazione e a individuare gli errori in cui è scivolato per aver fatto degenerare la psicologia nazionale in tipologia. La tesi di Samuels è che le idee di nazione e di diversità nazionale formano un'interfaccia tra il fenomeno hitleriano e la psicologia analitica di Jung. La teorizzazione di Jung, la sua psicologia nazionale era minacciata dall'esistenza degli ebrei, questa strana nazione senza terra e quindi mancante, secondo Jung, di qualità ctonia, ovvero di una buona relazione con la terra”.
Già, Jung era antisemita e la sua teoria della necessità dell’aristocrazia e dell’inconscio delle nazioni è perfetta-mente in linea con l’ideologia nazista. Appena Hitler arrivò al potere l’F.B.I. aprì un fascicolo su Jung, giudicato antisemita e simpatizzante del nazi-fascismo, e a Mary Bancroft, immagino, fu affidato sin dal 1934 il compito di “agganciarlo” dapprima come paziente, poi come allieva e infine, si mormora, come amante (la vita sessuale di Jung era piuttosto vivace e non disdegnava affatto le relazioni con le sue pazienti).
Nel suo libro, “Autobiografia di una spia” Bancroft, pur riconoscendo le grandi doti di terapeuta di Jung lo ritiene “un figlio di puttana” (“and then I’d sit down at the typewriter and write what a son of a bitch I thought he was”), un ciarlatano (“How when I first got to Europe everyone thought he was a charlatan, I thought he was, too.”) e l’uomo più presuntuoso e vanitoso che avesse mai conosciuto (“He was the most conceited, vain man”).
Nonostante i suoi giudizi non proprio positivi una volta tornata negli States Mary diventerà la profetessa del verbo junghiano, contribuendo non poco, anche grazie ai buoni uffici del suo amante, l’editore Henry Luce, alla diffusione degli scritti e degli insegnamenti di Jung. Finita la guerra il fascicolo dell’F.B.I. sulle tendenze naziste e antisemite dello psicologo svizzero fu distrutto per ordine, pare, del presidente Truman. Che era successo? Proviamo a fare delle ipotesi:

1)    Il genio di Jung aveva completamente conquistato gli americani, facendo passare in secondo piano il suo passato nazista.
2)    Si era scoperto che le simpatie di Jung per Hitler ed il suo antisemitismo erano solo una facciata, dietro la quale lo psicologo agiva per salvare gli amici ebrei.
3)    Jung era uno degli scienziati implicati nella famigerata “Operazione Paperclip” o in un progetto analogo.

Potrei sbagliare, ovviamente, ma ritengo altamente improbabile che personaggi come Dulles e Bancroft, agenti segreti ad alti livelli, cinici e spietati come richiesto dal loro ruolo, si siano mai fatti affascinare da Jung o da altri. Per quanto riguarda la seconda ipotesi, cara a molti estimatori dello psicologo, mi sembra un tentativo di arrampicarsi sugli specchi. È vero che ha aiutato alcuni colleghi di religione ebraica, ma ha continuato imperterrito, anche dopo la guerra, a difendere le sue teorie dell’inconscio delle nazioni e sulla superiorità della “razza germanica” in quanto “giovane e barbarica” (N.B. l’aggettivo barbarico ha un connotato positivo per Jung). Ecco come si difende dalle accuse di antisemitismo in un’intervista del 1949[9](il grassetto è mio):
“Chiunque abbia letto uno qualsiasi dei miei libri non può avere dubbi sul fatto che io non sono mai stato filo-nazionalsocialista e tanto meno antigiudaico; non c'è citazione, traduzione o manipolazione tendenziosa di ciò che ho scritto che possa modificare la sostanza del mio punto di vista, che è lì stampato, per chiunque voglia conoscerlo. Quasi tutti questi brani sono stati in qualche misura manomessi, per malizia o per ignoranza. Prendiamo la falsificazione più importante, quella sul Saturday dell'11 giugno: L'ebreo, che è una specie di nomade, non ha mai creato una forma propria di civiltà, e probabilmente non lo farà mai. L'inconscio ariano dispone di un potenziale più elevato di quello giudaico. Guarda caso, se lette nel loro contesto queste frasi acquistano un significato esattamente contrario a quello attribuito a esse da questi "ricercatori". Sono state prese da un articolo intitolato Situazione attuale della psicoterapia. [...] Perché si possa giudicare il senso di queste frasi controverse, le leggerò per intero il paragrafo in cui ricorrono: "In virtù della loro civiltà, più del doppio antica della nostra, essi presentano una consapevolezza molto maggiore rispetto alle debolezze umane e ai lati dell'Ombra, e perciò sono sotto questo aspetto molto meno vulnerabili. Grazie all'esperienza ereditata dalla loro antichissima civiltà essi sono capaci di vivere, con piena coscienza, in benevola, amichevole e tollerante prossimità dei loro difetti, mentre noi siamo ancora troppo giovani per non nutrire qualche "illusione" su noi stessi… Il giudeo, quale appartenente a una razza che dispone di una civiltà di circa tremila anni, possiede, come il cinese colto, un più ampio spettro di consapevolezza psichica rispetto a noi. Il giudeo, che è una specie di nomade, non ha mai creato una forma propria di civiltà, e probabilmente non lo farà mai, poiché tutti gli istinti e i suoi talenti presuppongono, per potersi sviluppare, un popolo che li ospiti, dotato di un grado più o meno elevato di civiltà. La religione giudaica nel suo insieme possiede perciò – per l'esperienza che me ne sono fatta – un inconscio che si può paragonare solo con alcune riserve a quello ariano. Eccezion fatta per alcuni individui creativi, possiamo dire che il giudeo medio è già molto più consapevole e raffinato per covare ancora in sé le tensioni di un futuro non nato. L'inconscio ariano dispone di un potenziale più elevato di quello giudaico, il che costituisce al tempo stesso il vantaggio e lo svantaggio di una giovane età che non si è ancora completamente distaccata dall'elemento barbarico”.


Rimane la terza ipotesi (anche se, immagino, ve ne possa-no essere altre), quella del Progetto Paperclip o di qualcosa di analogo.


1Operazione Paperclip. Team di Scienziati nazisti a Fort Bliss. Foto di “Pubblico Dominio" catalogata dalla N.A.S.A.

Paperclip era il nome in codice di un'operazione avviata dall'Office of Strategic Services, e portata avanti dalla CIA, che consisteva nel reclutamento di scienziati tedeschi dalla Germania nazista. Dal novembre 1945 ai primi anni ‘70, almeno 2.000 scienziati tedeschi e le rispettive famiglie vennero messi sotto protezione dal governo americano in cambio della loro collaborazione. In teoria dovevano essere coinvolti nel progetto solo gli scienziati che non fossero stati membri del partito nazista e non si fossero macchiati di gravi crimini di guerra. In pratica, un gruppo di agenti creato appositamente, il Joint Intelligence Objectives Agency, modificò i c.v. degli scienziati per permetterne il reclutamento. Le nuove identità degli scienziati venivano allegate ai fascicoli con delle graffette, da cui il nome dell'operazione, Paperclip (graffetta). I nomi di alcuni degli scienziati coinvolti nella vicenda si trovano anche su Wikipedia:
-          Alexander Lippisch.
-          Arthur Rudolph.
-          Erich Traub.
-          Gerhard Reisig.
-          Hans Antmann.
-          Hans Hollmann.
-          Hans Multhopp.
-          Hans von Ohain.
-          Hermann H. Kurzweg.
-          Hubertus Strughold.
-          Kurt Blome (riconosciuto criminale di guerra).
-          Kurt Tank.
-          Otto Hirschler.
-          Reinhard Gehlen, (anche lui criminale di guerra, Generalmajor della Wehrmacht ed esperto di intelligence).
-          Rudi Beichel.
-          Walter Dornberger.
-          Walter Schreiber.
-          Werner Rosinski.
-          Wernher von Braun.
A parte Wernher von Braun, risulteranno, ai più, perfetti sconosciuti, ma si tratta di esperti in armi missilistiche, chimiche e batteriologiche, ex agenti segreti e medici, che potevano fornire il loro aiuto nella guerra, che si diceva imminente, contro, il blocco socialista. E Jung? Anche ammesso che fosse inserito nell’Operazione Paperclip o in un progetto simile, come avrebbe potuto rendersi utile agli americani? In due modi:
1)    Propaganda, ovvero tecniche di controllo mentale e manipolazione.
2)    Elaborazione di profili psicologici da utilizzare nelle operazioni di intelligence e nelle indagini di polizia.
Jung oltre a collaborare con Eisenhower in qualità di esperto di guerra psicologica per convincere i tedeschi alla resa, lavorò con gli americani come “Behavioral Profiler”. A dir la verità l’introduzione del “Mindhunter” nelle indagini di polizia risale agli anni ’60 quando
Howard Teten, uno Special Agent dell’FBI con una lunga carriera alle spalle come detective della squadra omicidi nella Polizia di San Leandro, California, dopo aver messo a punto un approccio più sistematico alle tecniche di profiling, insieme a Pat Mullany, un altro Agente Speciale FBI esperto in Psicologia Criminale, crea il primo programma ufficiale di criminal profiling del Bureau. Con loro nasce in seno all’FBI la prima unità investigativa della storia creata con la mission ufficiale di occuparsi dell’analisi psicologica della scena del crimine […] la Behavioural Science Unit (BSU), la squadra dei cosiddetti “Mindhunters” (cacciatori di menti), che del criminal profiling moderno vanta la paternità storica e che ha ispirato molti film e serie televisive di successo, da “Il silenzio degli innocenti” a “Criminal Minds”.[10]
Ma il precursore di tutti i Mindhunter fu senza dubbio l’Agente 488 dell’OSS, Carl Gustav Jung. Il “protocollo” messo a punto da Teten e Mullary partiva dalla conclusione, un ‘omicidio per esempio, e attraverso l’analisi della scena del Crimine cercava di ricostruire la personalità e quindi l’identità del criminale. Jung invece partendo dalla personalità dell’oggetto dell’indagine, attraverso l’analisi della, chiamiamola così, “scena del Crimine” (il Bunker di Hitler per esempio, o la Berlino del 1945) ne prevedeva le possibili mosse conclusive (Il suicidio di Hitler, per esempio), ma, seppur in senso invertito, le modalità di analisi erano le medesime. Una quindicina di anni dopo Jung, un altro famoso psicologo collaborerà in qualità di Profiler con l’F.B.I. e i servizi segreti americani, Timothy Leary il profeta della Rivoluzione Psichedelica degli anni ’60 e ’70. Anche questa è una cosa su cui riflettere:
Se si approfondisce la storia della cosiddetta “Controcultura” o Cultura Alternativa, scopriamo che quasi tutti i padri della Beat generation, della Cultura Hippy e della New Age hanno collaborato, prima o poi, con l’Esercito degli Stati Uniti, la CIA e l’F.B.I.






[1] Il testo del messaggio cifrato è tratto dal “Corriere della Sera” del 26.01.2004.
[2] Vedi Jung”, di Deirdre Bair. Edizioni Little Brown.
[3] Tratto da Jung”, di Deirdre Bair. Edizioni Little Brown.
[5] Tratto da “Jung Parla, interviste e incontri”, di W. Mcguirre, R.F.Hull. Edizioni Adelphi.
[6] Tratto da “Adolf Hitler, l’ultimo avatar”, di Miguel Serrano. Settimo Sigillo-Europa Lib. Ed.
[7] Tratto da “Adolf Hitler, l’ultimo avatar”, di Miguel Serrano. Settimo Sigillo-Europa Lib. Ed.

[9] Intervista a Jung”, Bullettin of the Analytical Psychology Club of New York, 1949.













Commenti

  1. Ho appena terminato la lettura del libro rosso di Jung e ho colto e intuito un nascosto antisemitismo,mi sono chiesta dove era e quale posizione avesse preso rispetto all' orrore dei campi di concentramento.Ho cliccato ed ecco la risposta,grazie ora la lettura di Jung è molto più chiara,quello che
    avevo intuito e sentito

    , a livello emozionale,era reale tutto si legge in una luce diversa.Grazie di aver scritto ciò che nessuno dice.

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