Credo che dal prossimo anno presenterò tutte le mie lezioni,corsi e seminari sotto l'etichetta "Ginnastica Yoga".
Si tratta di una definizione che ha il merito di essere semplice e sincera. Lo yogin è un Gymnosofista (così veniva definito lo Yoga nel secolo scorso, "Gymnosophia") e visto che nel mercato della spiritualità esistono ormai centinaia di Yoga diversi, spesso in contraddizione tra loro, il ritorno alla chiarezza e alla semplicità mi pare cosa buona e giusta.
Lo Yoga, l'Arte dell'Essere Umano, applicazione pratica degli insegnamenti del Sanātana Dharma (la Filosofia Perenne indiana), si è trasformato in una desinenza, o, talvolta, in un suffisso che ha lo scopo di attrarre nuovi potenziali consumatori del lucroso mercato della spiritualità.
Negli anni '70 era accaduto con la parola zen:
ce n'era per tutti i gusti, dai motociclisti, ai tennisti, ai teatranti, agli aspiranti scrittori...tutti facevano, a loro dire, meditazione Zen e la applicavano alle più diverse attività.
Oggi è il momento dello Yoga.
La cosa in sé non è né giusta né sbagliata. Si tratta semplicemente di un fatto, un fenomeno sociale di cui non possiamo non tener conto.
Un consumatore di arti spiritual-olistiche orientaleggianti cerca lo Yoga che più gli assomiglia e il mercato si adegua.
Quelli più "fisicati" si butteranno nello Ashtanga, nel Power o nell'Acro-Yoga.
Quelli affascinati dalle ginnastiche dolci occidentali si iscriveranno a corsi di Yin Yoga, Mindful Yoga, Yoga Pilates (o Yogilates) e Yoga Posturale.
Quelli che hanno la passione per la filosofia verranno attratti dall'Advaita Vedanta (spesso nella versione reinventata dagli psicologi americani), dallo Yoga tibetano e da quei corsi che hanno nel titolo un'altra parola magica del Business Olistico: Meditazione.
Poi c'è lo Yoga Sciamanico, lo Yoga dei Simboli, lo Yoga dei Cinque Tibetani, lo Yoga della Risata ecc. ecc. ecc.
Insomma ad ognuno il suo Yoga.
Io, come ho già detto, preferisco la definizione Ginnastica Yoga (o Gymnosphia), perché è chiara, semplice e sincera:
Ai miei corsi facciamo una serie di esercizi fisici (ginnastica) ovvero posizioni, sequenze, gesti, tecniche respiratorie.
Lavoriamo sulla percezione e utilizzazione delle energie sottili.
Studiamo una serie di testi filosofici.
E l'insieme di tutte e tre queste componenti del nostro lavoro deve (dovrebbe) portare ad una serie di trasformazioni fisiche,psichiche e mentali.
Ginnastica Yoga, quindi.
Poi tra di noi, in privato, ce lo possiamo anche dire che lo Yoga è uno solo, e potremmo anche parlare dei rischi dell'adesione al mercato della spiritualità.
Già, rischi, perché a furia di inventare nuove discipline e di mescolare tecniche e concetti per incontrare il favore del pubblico può accadere che molti pratichino o addirittura insegnino Yoga senza neppure aver mai letto una yoga upaniṣad o un āgama e spaccino per antiche tecniche tradizionali uno serie di esercizi psicofisici, magari ottimi per la salute e per l'umore, ma affini allo Yoga quanto il ping pong lo è alla caccia grossa.
Guardate questa fotografia:
Il capellone in mutande sono io negli anni '70. A giudicare dalla forma degli scogli ero in Capraia durante uno dei "ritiri Yoga spontanei" in cui venivo coinvolto da un gruppo assai variegato di praticanti: c'erano dei discepoli di Babaji, degli "Orange", un paio di Hare Krishna, alcuni aurobindiani e un gruppo di "scappati di casa" di ritorno dall'India.
Periodicamente ci trovavamo sull'isola e passavamo una settimana o due a fare "esercizi di ginnastica", meditazione, visualizzazioni varie e a parlare, di notte, davanti al fuoco degli insegnamenti di questo o quel maestro. I più preparati tiravano fuori dei testi, in inglese, che avevano portato dall'India, e si discuteva, a volte per ore, di Sanātana Dharma, di Veda, di Dei, demoni ed eroi.
Le credenze e le opinioni erano diverse, ma ricordo che tutti conoscevamo e praticavamo gli āsana di base, avevamo idee precise sui cakra e stavamo seduti, a volte per ore, a meditare nella posizione del loto.
Tutto questo lo chiamavamo semplicemente Yoga e a nessuno di noi sarebbe mai venuto in mente di chiedere ad un altro "Che Yoga fai?"
Perché lo Yoga è (o forse era?) uno.
Ma torniamo alle yoga upaniṣad.
Con sincerità: ne avete mai sentito parlare?
E se si ne avete mai studiata una?
Le upaniṣad considerate tradizionali sono 108 e sono divise in gruppi:
1) upaniṣad principali.
2) upaniṣad della rinuncia.
3) upaniṣad dello Yoga.
4) upaniṣad sui principi universali.
A questi quattro gruppi se ne aggiungono altri di carattere religioso, ma a noi adesso interessano quelle sullo Yoga, che sono una ventina (diciassette secondo alcuni commentatori) e descrivono il percorso yogico alla realizzazione.
Un percorso precisissimo scandito da esercizi di ginnastica, tecniche di respirazione, visualizzazioni e meditazione.
Esercizi, tecniche e visualizzazioni che, a parte qualche dettaglio, sono sempre gli stessi e che sono descritti con un linguaggio chiaro e semplice.
Un linguaggio che non si presta assolutamente a interpretazioni metaforiche o teologiche.
Volete un esempio?
Ho sottomano la traduzione delle 108 upaniṣad fatta da Parama-Karuna-Devi, una maestra Hindu di origine italiana e ne trascrivo alcuni brani, pregando i miei colleghi insegnanti e i praticanti dei mille e mille stili di Yoga, di leggerli con attenzione (N.B. l'autrice per sua scelta non usa la traslitterazione IAST, per cui, ad esempio upaniṣad viene reso con UPANISHAD, śiva con SHIVA ecc.).
Ecco due versetti della varāha upaniṣad:
"Gli asana [fondamentali] sono 11: chakra,
padma, kurma, mayura, kukkuta, vira, svastika, bhadra, simha, mukta e gomukha.
(5,15-16)"
Mi pare abbastanza chiaro,o no?
Per la varāha upaniṣad, che è parte integrante dello Yajurveda, per intraprendere il percorso verso la realizzazione il praticante deve saper assumere almeno undici āsana trai quali:
1) cakrāsana
2) padmāsana
3) kurmāsana
4) Mayurāsana
5) kukkuṭāsana
Si tratta di esercizi di Ginnastica, Ginnastica Yoga, che secondo un testo tradizionale indiano sono "fondamentali" per uno Yogin.
Si badi bene: le upaniṣad non sono manuali per acrobati di strada o ginnasti da esibizione, ma sono istruzioni per la realizzazione secondo il cammino dello Yoga!
Pensate che la varāha upaniṣad sia un caso isolato?
Macchè! Posizioni considerate difficili come il Pavone (Mayurāsana) sono ritenute fondamentali per quasi tutte le Yoga upaniṣad.
Questo significa, senza se e senza ma, che quello che un tempo veniva chiamato Yoga era una disciplina con dei "fondamentali", come il Basket (avete mai sentito parlare di un cestista che non sa palleggiare?) o la Boxe (avete mai sentito parlare di un pugile che non sa tirare pugni?), e che tra questi fondamentali c'erano (ci sono) alcuni esercizi, relativamente complessi, di "ginnastica".
Al giorno d'oggi, a quanto vedo e leggo, in molti dei mille e mille corsi etichettati come Yoga coloro che sanno eseguire il ponte sulle braccia, la verticale sulla testa o il Pavone, non è che siano moltissimi.
Addirittura si sente dire spesso che non è necessario assumere padmāsana, la posizione del loto e che, anzi, è meglio non farla per evitare danni alle ginocchia e "il re degli āsana, la verticale sulla testa, è diventato un optional, buono per le esibizioni.
Insomma, visto gli āsana considerati fondamentali nelle upaniṣad vengono lasciate ai "ginnasti", ben venga la "Ginnastica Yoga"!
Ma leggiamo un altro brano della varāha upaniṣad:
"Il pranayama deve essere praticato ripetutamente nell'ordine seguente:
Inspirare, trattenere il respiro ed espirare.
Il lavoro principale del pranayama
è sulle nadi, i canali di energia (5,18)
Il corpo di ogni essere senziente è lungo
96 dita.
Nel centro del corpo, due dita
sopra l'ano e due dita sotto l'organo genitale SI TROVA Il Centro del Corpo,
Chiamato Muladhara. (5.19)
Nove dita sopra i genitali c'è un centro di nadi di forma
ovale, di quattro dita per lato, circondato da grasso, carne, ossa e sangue. In
esso si trova un nadi chakra con 10 raggi, dove risiede Kundali, che sostiene il
corpo.
Il volto di Kundali copre il Brahmarandhra
("apertura di Brahma") sul canale detto Sushumna. Ai lati del Sushumna
si trovano le nadi chiamate Alambusa e Kuhu. (5,20-23)
I due raggi successivi sono
Varuna e Yasasvini. Sul raggio sud del Sushumna c'è Pingala.
Sui due raggi successi vi ci sono
Pusha e Payasvini, mentre ad ovest del Sushumna c'è la nadi chiamata Sarasvati.
(5,24-26)
Il raggio successivo è Hastijihva, poi c'è Visvodara.
In questi raggi della ruota,
le 10 nadi trasportano i 10 vayu da sinistra a Destra (in senso orario),
intrecciate come fili di un tessuto. Hanno colori differenti (5,27-28)".
Mi pare che il messaggio che ci vogliono trasmettere le Yoga upaniṣad, ovvero i manuali pratici dello Yoga, sia abbastanza chiaro:
Uno yogin, per essere considerato tale, deve essere un ginnasta e un esperto di alchimia interiore.
Ciò non significa che il benessere psichico e mentale non si possa ottenere in altro modo, né che non esistano altri modi per "realizzare il proprio Sé", come va di moda dire adesso.
Ma ciò che si chiamava Yoga fino a poco tempo fa, era questo: Ginnastica, Alchimia interiore, Meditazione e conoscenza dei testi tradizionali.
A me piace, oggi, chiamarlo Gymnosophia, o Ginnastica Yoga, mi suona bene.
Ma mi piacerebbe anche che i miei amici insegnanti e praticanti di discipline con il suffisso (o il "prefisso") Yoga leggessero quando hanno tempo, le Yoga upaniṣad.
Così, tanto per sapere cosa si intendeva per Yoga fino a qualche decennio fa, quando annodarsi le gambe a fior di loto, tenendo la schiena eretta, era considerato indispensabile per poter meditare e la verticale sulla testa non era l'evoluzione di un esibizionista, ma una tecnica operativa per stimolare precisi canali energetici e trasformare la percezione del proprio corpo e della realtà manifesta.
Un sorriso,
P.
Articolo molto chiaro e sincero :) Rimango sempre affascinato dal tuo modo di pensare, di vedere lo Yoga, di essere Yoga.
RispondiEliminaAnche se non ti ho mai conosciuto di persona, leggendo i tuoi articoli e guardando i tuoi video riesci a trasmettermi tanto.
Spero un giorno di praticare con te nella scuola Citra.
Hari Om
Antonio
Spero di incontrarti presto Antonio. E di praticare insieme.
EliminaLa condivisione e la CONVIVIALITÀ sono una necessità per uno Yogin.
Un sorriso, Paolo.
Om Adesh!