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ASHTANGA YOGA NON È YOGA (seconda parte)





 Più o meno un anno fa scrissi un post dal titolo "Ashtanga Yoga non è Yoga" che sollevò moltissime polemiche. Alcuni praticanti di Ashtanga (pochissimi a dir la verità) arrivarono ad insultarmi pubblicamente e privatamente. Molti altri espressero il loro disappunto affermando che le mie teorie dipendevano dalla mia ignoranza in materia.
Il rumore sollevato dall'articolo mi sorprese assai. In realtà nel testo affermavo semplicemente che nelle tradizione indiana esistono due discipline diverse che usano una terminologia e delle posizioni simili, ma hanno finalità diverse: lo Hathayoga di Goraksha e la Vyayama Vidya (detta anche Yogya talvolta).

Lo Hathayoga è (sarebbe) una pratica alchemica che usa lo strumento del samadhi e del samyama per ottenere una serie di realizzazioni "parziali" (siddhi e riddhi) ed una realizzazione finale definita Moksha o Sahaja, e si basa sulla pratica (sadhana) di asana, pranasamyama, yantra, mudra, mantra, puja,mananam e nididhianasana.

La Vyayama Vidya (definita Yoga Kurunta quando si occupa della riabilitazione)  è invece una pratica indirizzata alla salute e alla bellezza del corpo e si fonda su una serie di posture e sequenze simili per finalità ed esecuzione alla ottocentesca ginnastica callistenica di Ling.

Nell'articolo affermavo che Iyengar e Patthabhi Jois erano dei grandissimi Maestri di ginnastica, specificando che per me (che dalla ginnastica provengo e che per  anni mi sono guadagnato il pane esibendomi come acrobata di strada) definire qualcuno un grande Maestro di Ginnastica era un  bellissimo complimento.

I molti commenti (migliaia!) che ricevetti dopo la pubblicazione di "Ashtanga Yoga non è Yoga", mi fecero pensare parecchio. 
Mi sembrò di capire:
1) che molti praticanti di yoga contemporaneo, in barba agli insegnamenti sulla non dualità, credono che praticare Yoga sia più cool che fare Fitness o Ginnastica Callistenica,con il risultato di sminuire l'importanza della cultura del corpo occidentale.
2) che, nonostante non si faccia altro che ripetere "Yoga è Unione", alcuni tendono a creare contrapposizione tra scuole e stili di insegnamento diversi, con il risultato di creare delle "parrocchie" di cui difendere ad oltranza  i confini.

In questi mesi ho continuato le mie ricerche (vedi https://www.amazon.it/LO-SWAMI-PALLIDO-Gesuiti-inventarono/dp/1976963486) ed ho trovato conferme evidenti alle mie teorie. 
Credo di aver scoperto delle cose interessanti,come ad esempio l'importanza dei gesuiti nella diffusione delle discipline psicofisiche orientali in occidente, e la grandezza dello svedese Ling, l'inventore della ginnastica svedese, che insieme a Dalcroxe ha rivoluzionato completamente il concetto del lavoro sul corpo, influenzando, positivamente, sia gli atleti e i danzatori occidentali, che maestri indiani come Krishnamacharya.

Ecco di seguito un estratto delle mie ricerche. Spero che venga letto con spirito libero, al di là di ogni tentazione polemica. La conclusione che ne ho tratto io è che lo Yoga moderno sia il frutto delle esperienze di donne e uomini appartenenti ad ambiti culturali affatto diversi, ma uniti dal desiderio di migliorare la qualità della vita dell'essere umano. Lo Yoga è Unione,  come si diceva un tempo.i
Un sorriso,
P.


LE ORIGINI OCCIDENTALI DELLO YOGA MODERNO


Se il primo studio scientifico dello Yoga è opera di François Bernier (25 settembre 1620 – 22 settembre 1688), medico personale del principe Mughal Dara Shikoh, possiamo affermare che i padri, inconsapevoli e misconosciuti, del moderno Yoga “Fisico” (lo Ashtanga Yoga, Iyengar Yoga, Power Yoga ecc.) furono due gesuiti francesi, missionari in Cina, Joseph-Marie Amiot e Pierre Martial Cibot.

Joseph-Marie Amiot (Toulon, 8 febbraio 1718 — Pechino, 8 ottobre 1793), entrato nella Compagnia di Gesù nel 1737, fu inviato a Pechino nel 1750, periodo delle persecuzioni cristiane, dove, per la sua cultura e il suo talento di musicista, entrò nelle grazie di Qianlong, quarto imperatore della dinastia Ming. Corrispondente della Académie des Sciences traduttore ufficiale dell’imperatore, e leader spirituale della Missione francese di Pechino, introdusse in Occidente, per primo, la musica, l’arte e la medicina cinese, con un attenzione particolare per la pratica e la teoria dell’agopuntura. 

Pierre Martial Cibot (Limoges, 15 agosto 1727 – Pechino, 1780), botanico con la passione della meccanica, entrato nella Compagnia di Gesù nel 1743 arrivò a Pechino nel 1760 e si stabilì alla corte di Qianlong, per il quale costruì degli orologi meccanici e ideò una serie di giardini all’occidentale.Amiot e Cibot furono autori di una quantità incredibile di libri sul taoismo, la lingua cinese, l’Astronomia, la Botanica...Insieme scrissero “” Mémoires concernant l'histoire, les sciences, les arts, les mœurs, les usages des Chinois”, un’opera in quindici volumi che venne pubblicata in Francia,  integralmente solo nel 1790, dieci anni dopo la morte di Cibot. In un’Europa completamente affascinata dall’Esotismo – o Orientalismo, il movimento culturale di cui furono esponenti, tra gli altri,artisti come Eugène Delacroix, Jean Auguste Dominique Ingres, Jean-Léon Gérôme – “Memoires…”ebbe un successo clamoroso. Il trattato di Cibot sulla ginnastica medica cinese, quella che oggi viene definita Qi Gong o Yoga taoista,Notice du Cong-fou des Bonzes Tao-see”, corredato dai disegni realizzati dall’autore, attirò l’attenzione di medici e militari. Per la prima volta in occidente il rapporto tra postura del corpo e salute veniva esposto in un trattato scientifico, aprendo la via alle future discipline psico-somatiche (o meglio sarebbe dire somato-psichiche).
Nel suo compendio il gesuita francese oltre a stupirsi della quantità di posizioni e della conoscenza anatomica di cui facevano mostra i gymnosophistes cinesi, suggeriva delle analogie tra le loro concezioni e l’alchimia occidentale e accennava ad una, per noi occidentali misteriosa, Energia interna la cui libera circolazione nel corpo umano avrebbe il potere di rafforzare il corpo, allungare la vita e allontanare le malattie. 
Gli studi di Cibot entusiasmarono lo svedese Henrik Ling (1776 – 1839), il fondatore della moderna ginnastica. Ling prese le descrizioni degli esercizi e le illustrazioni di “Notice du Cong-fou des Bonzes Tao-see”, le adattò al gusto occidentale e ne trasse un metodo personale.
Né Ling né i suoi allievi negarono mai le origini chinoises del suo metodo. Scriveva nel 1857 N. Dally (un allievo della scuola di Ling):

"L’intera dottrina di Ling, teorica e pratica, è solo una sorta di immagine fotografica del Cong-fou taoista."
Ling stesso descrisse le sue tecniche, oggi definite “calistheniques” come
"Uno splendido vaso cinese ricoperto da una vernice europea."

Ling non andò mai in Cina, né risulta che sia mai entrato in contatto con monaci o medici taoisti.
Il Cong Fou a cui attribuiva la paternità del suo metodo era dichiaratamente quello di Padre Cibot, ovvero l’interpretazione che un gesuita francese, forse alla luce degli esercizi spirituali di Ignazio de Loyola, aveva dato di una tradizionale tecnica psicofisica orientale. Per trentacinque anni Ling, insegnò quattro tipi di ginnastica: educazione fisica, esercitazione militare, medica, ed estetica, nel suo “Istituto Bernadotte” a Stoccolma. Fin quando Ling restò in vita, la sua “Ginnastica medica” finalizzata sia a miglioramento della salute generale che alla cura delle malattie, si fondò sui concetti di alchimia interiore che aveva tratto dal lavoro dei gesuiti francesi.

Alla sua morte i concetti di soffio vitale e di energia interna scomparvero e la “ginnastica svedese” si trasformò in un mero esercizio fisico. Comunque sia le tecniche terapeutiche di Ling, con l’utilizzo di corde, cinghie, spalliere e sostegni di vario tipo per gli esercizi, furono la base del moderno sistema di educazione fisica e ginnastica medica.I suoi esercizi di torsione, flessione, piegamento, cominciarono in breve ad essere eseguiti in tutte le palestre e le scuole militari del mondo, e fu proprio grazie ai militari che il Cong Fou di Cibot, condito in salsa occidentale da Ling, fece ritorno in Oriente. 





Alla fine del XIX secolo alcune società segrete nazionaliste cinesi si riunirono nel movimento xenofobo e anticristiano dei “Boxeur”. I Boxeur si addestravano all’uso delle armi antiche (ormai in disuso nell’esercito cinese) e praticavano tecniche psicofisiche che avrebbero dovuto renderli immuni alle pallotto
le.Dopo aver distrutto alcune missioni cristiane, nel giugno del 1900 migliaia di Boxeurs presero d’assalto il “Palazzo delle Legazioni Straniere” di Pechino difeso da 500 soldati americani, francesi, italiani, russi e tedeschi. 

Nella foto quattro alpini difendono un ponte durante la rivolta dei Boxeurs
Quando, dopo 55 giorni, una forza multinazionale di 16.000 uomini giunse nella Città Imperiale, dando inizio ad una sanguinosa repressione, i rivoltosi erano ormai stanchi e demoralizzati: i militari occidentali si erano mostrati decisamente più abili strategicamente e meglio preparati fisicamente, mandando in frantumi le leggende sull’imbattibilità dei praticanti di Cong Fou.

La manifesta superiorità mostrata dai Marines americani, dai Bersaglieri (e Alpini) italiani e dai legionari francesi nel combattimento corpo a corpo durante la “Rivolta dei Boxeur” convinse il governo imperiale a modernizzare l’addestramento militare inserendo tecniche di allenamento ispirate alla ginnastica militare occidentale. Dopo la rivoluzione il ministero della salute di Mao studiò e attuò un programma di educazione fisica in cui si cercava di coniugare le tradizionali tecniche psicofisiche taoiste con le moderne concezioni occidentali.
Il lavoro di Cibot, filtrato dall’esperienza di Ling tornava quindi “a casa” dando vita al moderno Qi Gong e al moderno Tai Ji Quan.
Nello stesso periodo Krishna Raja Wadiyar IV, Maharaja di Mysore, dette inizio ad una modernizzazione tecnologica e culturale senza eguali nella storia recente dell’India.
Wadiyar IV, molto ben visto dagli occupanti inglesi, era amato sia dagli occidentali (Paul Brunton[1] lo definì il "Re Filosofo") che dagli orientali (Gandhi lo paragonava a Rama).
All’epoca era Gran Maestro della Loggia Massonica di Mysore, e, da massone illuminato aveva il sogno, ambizioso, di dar vita, in terra, alla teoria della Repubblica di Platone.

Eccelso musicista radunò intorno a sé una folla di scienziati filosofi, letterati e artisti di ogni nazionalità, fondò, insieme alla madre il primo Istituto Scientifico Indiano e fece costruire scuole, ospedali e centrali idroelettriche.
Sognava un’India moderna, tecnologicamente e culturalmente sviluppata, in marcia verso il futuro senza tuttavia rinnegare il passato.
Nel 1926  Wadiyar IV andò a Varanasi per celebrare il 60° compleanno di sua madre.
Fu lì che sentì parlare, entusiasticamente, di un giovane maestro di Yoga terapeutico  Tirumalai Krishnamacharya.

Chiese di incontrarlo e fu affascinato dalla sua cultura e dal suo carisma.
Tirumalai, discendente del grande yogin Nathamuni, era un vaishnava ed un vedantino, con grande conoscenza dei sei darshana vedantici (i sei "punti di vista filosofici dei Veda: Vedanta, Yoga, Samkhya, Mimansa, Nyaya, Vaisheshika) e dei poemi epici indiani.
Il Raja lo assunse come insegnante di Yoga, e lì cominciò l'avventura di quello che oggi chiamiamo Yoga moderno.



Con l'idea di promuovere lo Yoga anche tra gli occidentali i due decisero innanzitutto di organizzare una serie di spettacoli in tutta l'India.
Krishnamacharya stupiva il pubblico con posizioni acrobatiche e con performance circensi (sollevava i pesi con i denti, fermava le automobili in corsa con la forza delle braccia ecc. ecc.).

Il successo fu enorme. La Scuola di Krishnamacharya diventò una realtà.
Per sistematizzare il nuovo metodo, Wadiyar propose a Krishnamacaharya di creare un manuale sulla base di due libri, lo Sritattvanidhi e il Vyayama Dipika.


-         Lo Sritattvanidhi è un compendio di Induismo, probabilmente ad uso degli occidentali, scritto dal padre di Wadiyar in cui venivano presentati 122 esercizi dei guerrieri indiani, e venivano descritti, dal punto di vista massonico, una serie di mantra, miti, simboli relativi a Shiva, Vishnu, Brahma, Shakti, e alcuni capitoli sul Tantra.
-          
-  Il Vyayama Dipika, letteralmente “Luce sulla Ginnastica”, era invece un Manuale di Educazione Fisica in cui l’autore, insegnante dell’Accademia di ginnastica di Mysore, “ricopriva di vernice indiana” l’impianto teorico e tecnico di Henrik Ling, esattamente come Ling aveva a suo tempo, “ricoperto di vernice occidentale” il Cong Fou dei gesuiti francesi.
Fu così che nacque il moderno Yoga fisico, tanto praticato, oggi, nel mondo occidentale.
Né Krishnamacharya né i suoi allievi più famosi (il figlio Desikachar, Iyengar, Patthabhi Jois) parlarono mai della derivazione del loro Yoga da Ling, e quindi da Cibot, ma ad un occhio esperto la somiglianza delle loro posture e delle loro tecniche di allenamento (compreso l’uso di corde, anelli e sostegni di vario genere) con quelle della Ginnastica Svedese appare più che evidente.
Per comprendere quanto lo Yoga “Fisico” moderno sia in debito con la Ginnastica Militare, Medica ed Estetica di Ling, bisogna considerare che gli indiani di inizio ‘900 erano affascinati dai costumi occidentali quanto noi, ai nostri giorni siamo attratti da tutto ciò che proviene, o si dice provenga, dall’India, dalla Cina o dal Giappone.
Le ardite coreografie e le pose acrobatiche nelle quali i fotografi del raja immortalavano gli allievi di Krishnamacharya negli anni '30 se confrontate con le immagini delle prime scuole di ginnastica europee e degli acrobati dei Varietà di Parigi, Roma o Berlino dei primi anni del '900, riveleranno immediatamente la loro discendenza occidentale.














Il Moderno Yoga “Fisico“ indiano in fondo non è altro come dicevamo, che “Ginnastica europea ricoperta di vernice indiana”.
Il che non è né un bene né male: è semplicemente un fatto.
Nei secoli gli scambi tra Oriente ed Occidente sono stati molto più intensi e frequenti di quanto si possa immaginare.
L’eventuale delusione, o in alcuni casi la rabbia, che potrebbero provare alcuni praticanti di Yoga gratificati dall’idea di essere portatori di millenarie e misteriose discipline, non ha nessuna ragione di essere.
L’onda lunga dell’Orientalismo, il movimento romantico che dal XIX secolo in poi ha dipinto l’Est del mondo come un raffinato paradiso colmo di bellezza e spiritualità, ci porta ancora oggi ad attribuire a tutto ciò che arriva dall'India, dalla Cina o dal Giappone, soprattutto se etichettato come antico ed originale, una superiorità estetica e, diremmo, etica.
Ci vuol poco, forse solo un minimo di logico, per comprendere che si tratta di un pregiudizio culturale.
Se è vero che lo Yoga è Uno, ed Uno è l’Essere Umano,è anche vero che bisogna imparare a discriminare, ovvero a mettere in risalto le reali differenze.
Solo chi è conscio della propria diversità  può veramente condividere le proprie esperienze e aprirsi al confronto. 
Chiudersi all'interno dei muri di sogno di una qualche accademia, scuola o linea di insegnamento serve solo a renderci rigidi e intolleranti. 
Lo Yoga "vero" è Libertà.





























[1] Paul Brunton (1898 – 1981) scrittore, orientalista e filosofo, ha dedicato gran parte della sua non breve vita a cercare di costruire ponti fra Oriente e Occidente. È stato il primo scrittore occidentale a scrivere di Ramana Maharshi, il grande mistico dell’India del Sud, in un’epoca in cui questi non era ancora noto al grande pubblico nemmeno nel suo paese. 





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