(Tratto da "IL SEGRETO DELLA SPADA: Frammenti di un insegnamento tradizionale".
Copertina flessibile: 151 pagine. Euro 12,00.. Editore: Independently
published. Collana: Arte di
vivere. Lingua: Italiano
ISBN-10: 1522019820
- ISBN-13: 978-1522019824)
"Lasciare
la presa, cioè l'impugnatura della spada, ha vari significati.
Può voler dire vincere senza la spada. Può voler dire essere incapaci di vincere senza la tachi, è difficile descrivere questa tecnica”.
Può voler dire vincere senza la spada. Può voler dire essere incapaci di vincere senza la tachi, è difficile descrivere questa tecnica”.
(Il dodicesimo giorno del V mese
del secondo anno dell'era Shoho, Shinmen
Musashi)
La giusta azione è
"lasciare la presa".
Difficile da comprendere.
Una storia che mi affascina e che forse può aiutare a capire cosa significhi
"lasciare la presa" è quella del "Nano cosmico". L'ho letta
per la prima volta in un libro di Zimmer, "Miti e Simboli dell'India".Il
nano cosmico, nato dalla madre degli Dei, Aditi, è Vamana,
quinto avatar di Vishnu.Nei Purana si racconta che, un giorno, il
"Narayana" viene svegliato dal suo sonno sul mare nero dell'inizio. Un titano, un
malvagio Re del Mondo, dopo aver spodestato gli dei si sta
appropriando dell'essenza vitale di tutti gli esseri viventi. Vishnu
scende sulla terra e si presenta al demone sotto forma di un bambino rachitico,
con un ombrellino, credo giallo, in mano. Una specie di nano da circo. Con la
sua vocetta, flebile e sgraziata, chiede al Titano di fargli un favore e
questi, divertito da quella caricatura di uomo, acconsente di buon grado.
-"Vorrei che tu mi concedessi tanta terra quanto ne possa coprire con tre dei miei passi"- disse il nanetto.
-"Tre passettini?"- pensò il titano annuendo -"Ma quanto mi diverte questo nanetto! Gli regalerò un paio di mattonelle della sala del mio palazzo"
-"Vorrei che tu mi concedessi tanta terra quanto ne possa coprire con tre dei miei passi"- disse il nanetto.
-"Tre passettini?"- pensò il titano annuendo -"Ma quanto mi diverte questo nanetto! Gli regalerò un paio di mattonelle della sala del mio palazzo"
Il nanetto cominciò ad espandersi a crescere, immenso come il monte Meru,
superò le nubi e infine Vishnu si manifestò sottò forma di un gigantesco
guerriero. Con il primo passo raggiunse la luna,
Col secondo tutti i pianeti. Con il terzo fece ritorno nel palazzo del titano e lo schiacciò sotto il peso del suo piede.
Col secondo tutti i pianeti. Con il terzo fece ritorno nel palazzo del titano e lo schiacciò sotto il peso del suo piede.
Perché, mi domando, Vishnu non si manifesta immediatamente come guerriero
cosmico e prende a ceffoni il demone?
Perché non può farlo.
Ho lavorato parecchio con le maschere, in teatro. È bello assai. Nel Noh giapponese
si usano maschere bellissime, con gli occhi così piccoli da rendere
l'attore che le indossa quasi cieco. Nel kathakali si usa il
trucco, invece, ma il senso è lo stesso. In italia c'era la commedia
dell'arte che all'inizio, anche se pare strano era sacra. Arlecchino per
esempio è "Hell Koenig", l'Imperatore dell'Inferno. Anche
quando fa il buffone conserva il bastone del comando (batoccio) e il corno
tagliato della "bestia". Le maschere italiane, prima di Strehler,
avevano gli occhi piccoli piccoli, come quelle del Noh. L'attore si
muoveva seguendo i suoni e le poche luci che intravedeva e questo lo metteva in
una condizione di alterità.
Lavorare con le maschere è un'esperienza inquietante: se indossi quella
di un demone o di un eroe, il corpo, condizionato dalle linee del
"suo" volto, sovrapposto al tuo, ne assume, automaticamente i gesti e
la postura e tu cominci a muoverti, parlare e pensare, più o meno, come ha
previsto il fabbricante della maschera. Vishnu non può far altro che agire,
parlare e pensare come il bambino rachitico. Non importante se è, assieme,
l'attore e il fabbricante di maschere.
Questo significa lasciare la presa: indossare la maschera
che la vita ha costruito per noi fino alla fine dello spettacolo. Solo allora,
il vero sé può manifestarsi e svelare che attore, regista e palcoscenico sono
sempre e solo un unico essere.
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