Alzi la mano chi non ha mai recitato un mantra indiano o tibetano senza avere la minima idea di cosa significasse.
C'è addirittura una scuola di pensiero che invita ad abbandonarsi al suono, alla vibrazione e ad ascoltare con il cuore.
Il personale sentire viene considerato un metro di giudizio assai più affidabile della razionalità, e l'atteggiamento più comune, nell'approccio alla "Scienza dei mantra è il "Che mi frega di sapere cosa vuol dire? L'importante è che mi risuoni!".
Devo dire che ci sta.
Tutto nell'universo è vibrazione e ovviamente quel che conta è il risultato.
Se uno recita 108 volte Om Namaha Shivaya senza sapere che vuol dire e poi si sente in pace con il mondo, va bene così.
Anzi va MOLTO bene!
Ma bisogna considerare che nei testi "tecnici" dello yoga, non numerosissimi, si parla di una serie di valenze simboliche, modalità di pronuncia e possibilità di "utilizzo" che, secondo me, la maggior parte dei praticanti ignora.
Gli insegnanti solitamente no (almeno spero...), ma nelle loro spiegazioni optano spesso per la semplificazione, trascurando volontariamente le implicazioni filosofiche.
L'approccio ai mantra in generale e ad Om namaha Shivaya in particolare, è di tipo devozionale,o meglio magico-religioso, e approfondire gli aspetti più ostici della filosofia indiana con gli allievi che si avvicinano allo Yoga per sentirsi meglio, fare una salubre ginnastica o intraprendere un'attività considerata oggi alla moda, viene considerato non utile o addirittura negativo dal punto di vista commerciale.
La filosofia indiana, se approfondita, può essere noiosa assai per chi non è realmente appassionato, e se un istruttore si dilungasse in complesse spiegazioni, con dotte citazioni tratte dai Veda, dal Kama Shastra,o dal Vedanta correrebbe il rischio di veder svuotare i suoi corsi.
Giusto così.
Forse.
Ogni tanto però penso che sarebbe un bene confrontarsi con i testi tradizionali, così...tanto per non rischiare di perdere contatto con gli insegnamenti originari.
Esaminando con attenzione il mantra Om Namaha Shivaya credo si possonano fare delle scoperte interessanti.
Innanzitutto,secondo me, sarebbe meglio scriverlo in sanscrito,
ॐ नमः शिवाय
o nella traslitterazione in caratteri latini
OM NAMAḤ ŚIVĀYA
E questo non per pignoleria o per snobismo, ma perché la pronuncia è sensibilmente diversa da quella di Om Namaha Shivaya, e, se vogliamo attenerci alla teoria delle vibrazioni l'esatta pronuncia di un mantra una qualche importanza la dovrà pure avere.o no?
ॐ ad esempio non si legge OM: quella specie di "3" con la coda è una doppia O molto chiusa, quasi U,quindi "ÒÒ", e la mezzaluna sovrastata dal puntinonon è una "M", ma una nasalizzazione della consonante, come nel francese "GRAND", quindi il suono esatto dovrebbe essere una roba tipo "OOmng..." o "UUmng..."
Ovviamente nessuno ci bacchetterà le dita se pronunciamo AUM o OM, ma può essere interessante sapere che si tratta di tre sillabe e quindi tre suoni, diversi.
ॐ = OOmng
ओं = OM(n)
औं = AUM(n)
La "H" alla fine di NAMAḤ, poi, è il suono chiamato in sanscrito "Visarga", che significa "emissione/orgasmo" ed è una profonda aspirazione.
La S di ŚIVĀYA è una "sibilante tālavya" o "palatale".
Si può tranquillamente leggere come la SC di SCIARE, ma la lingua è un pochino più spostata verso il palato.
L'accento sulla prima A ( Ā) indica che si tratta di una doppia A, considerata in sanscrito una vocale diversa che indica, se posta alla fine di una parola, il genere femminile, nel senso che tra ŚIVA e ŚIVĀ c'è la stessa differenza che c'è in italiano tra GATTO e GATTA.
Pure la pronuncia è diversa: la A "semplice" alla fine di una parola quasi non si pronuncia, mentre la A "doppia" suona come una A accentata.
La dizione esatta del mantra quindi,dovrebbe essere:
ÒÒMNG NAMAH SCIVÀY
Ognuno poi lo pronuncerà come vuole,ovviamente....
Un'altra cosa che potrebbe essere interessante è che la prima volta che il mantra appare, nell'inno a Rudra dello Yajurveda, viene scritto così:
NA MA ŚI VĀ YA.
Le sillabe sono staccate, e ad ogni sillaba vengono assegnati dei significati diversi.
NA, ad esempio, rappresenta la TERRA, le GAMBE dell'essere umano.
Ma rappresenta l'ACQUA, lo STOMACO e il MONDO MANIFESTATO.
ŚI rappresenta il FUOCO, le SPALLE e Śiva Nataraja.
VĀ rappresenta l'ARIA, la BOCCA e la Grazia che svela.
YA infine rappresenta lo SPAZIO, gli OCCHI e l'Anima individuale.
Già questo collegamento con le membra del corpo umano, i cinque elementi e i cinque poteri della divinità (Emanazione, Mantenimento, Dissoluzione, Grazia e Velamento) può dare un'idea delle possibilità operative del mantra, ma c'è di più.
Ogni mantra e tecnica operativa descritta nei Veda e nelle Upanishad è suddivisa in tre parti o पदार्थ padārtha (che significa sostanza, oggetto del pensiero).
La S di ŚIVĀYA è una "sibilante tālavya" o "palatale".
Si può tranquillamente leggere come la SC di SCIARE, ma la lingua è un pochino più spostata verso il palato.
L'accento sulla prima A ( Ā) indica che si tratta di una doppia A, considerata in sanscrito una vocale diversa che indica, se posta alla fine di una parola, il genere femminile, nel senso che tra ŚIVA e ŚIVĀ c'è la stessa differenza che c'è in italiano tra GATTO e GATTA.
Pure la pronuncia è diversa: la A "semplice" alla fine di una parola quasi non si pronuncia, mentre la A "doppia" suona come una A accentata.
La dizione esatta del mantra quindi,dovrebbe essere:
ÒÒMNG NAMAH SCIVÀY
Ognuno poi lo pronuncerà come vuole,ovviamente....
Un'altra cosa che potrebbe essere interessante è che la prima volta che il mantra appare, nell'inno a Rudra dello Yajurveda, viene scritto così:
NA MA ŚI VĀ YA.
Le sillabe sono staccate, e ad ogni sillaba vengono assegnati dei significati diversi.
NA, ad esempio, rappresenta la TERRA, le GAMBE dell'essere umano.
Ma rappresenta l'ACQUA, lo STOMACO e il MONDO MANIFESTATO.
ŚI rappresenta il FUOCO, le SPALLE e Śiva Nataraja.
VĀ rappresenta l'ARIA, la BOCCA e la Grazia che svela.
YA infine rappresenta lo SPAZIO, gli OCCHI e l'Anima individuale.
Già questo collegamento con le membra del corpo umano, i cinque elementi e i cinque poteri della divinità (Emanazione, Mantenimento, Dissoluzione, Grazia e Velamento) può dare un'idea delle possibilità operative del mantra, ma c'è di più.
Ogni mantra e tecnica operativa descritta nei Veda e nelle Upanishad è suddivisa in tre parti o पदार्थ padārtha (che significa sostanza, oggetto del pensiero).
Lo yogin, per rendere "operativo" il mantra, dovrà investigare (विचार vicāra , letteralmente idea, pensiero, disputa) su ciascuna di esse.
La prima parte è detta Tvam padartha e riguarda l'elemento soggettivo, non universale del mantra.
La riflessione sull'elemento soggettivo si chiamerà quindi Tvam padartha vicāra .
La seconda parte è detta Tat padartha e riguarda l'elemento oggettivo, universale.
La terza parte è detta Aikya padartha ed è l'elemento che lega, unisce, mette in identità universale ed individuale e in italiano potrebbe essere definito "Copula".
Facciamo un esempio: i "mantra delle cinque sillabe" in realtà sono due OM NAMAḤ ŚIVĀYA e OM ŚIVĀYA NAMAḤ che di solito vengono tradotti alla stessa maniera (...rendo omaggio al benigno, offro al benigno l'offerta del suo nome ecc.).
Se diamo retta ai testi tradizionali si tratta di due diverse "tecniche operative":
Due mantra diversi sia dal punto di vista logico che dal punto di vista energetico.
NAMAḤ è la copula.
Due mantra diversi sia dal punto di vista logico che dal punto di vista energetico.
NAMAḤ è la copula.
ŚIVĀ il principio oggettivo.
YA il principio soggettivo.
Decidere di mettere YA (qualunque cosa significhi per i sanscritisti!) tra ŚIVĀ e NAMAḤ o dopo ŚIVĀ non è un giochino innocente, ma indica due diversi tipi di pratica e di realizzazione.
YA il principio soggettivo.
Decidere di mettere YA (qualunque cosa significhi per i sanscritisti!) tra ŚIVĀ e NAMAḤ o dopo ŚIVĀ non è un giochino innocente, ma indica due diversi tipi di pratica e di realizzazione.
Nel primo OM NAMAḤ ŚIVĀYA, si parte,simbolicamente,dalla TERRA e dal POTERE DI DISSOLUZIONE della divinità per arrivare allo SPAZIO, all'ANIMA INDIVIDUALE e quindi all'inizio della Manifestazione.
Nel secondo OM ŚIVĀYA NAMAḤ, si parte invece dal FUOCO e dal POTERE DI CREAZIONE della divinità, per giungere al MONDO.
Quella che riportato sopra non è comunque l'unica interpretazione simbolica delle cinque sillabe del mantra.
Tra le tante ce ne è una legata alla Tandava, la danza del "dio dai tre occhi" , nella quale ad ogni sillaba è collegato un gesto.
NA rappresenterebbe il potere dell'assorbimento o distruzione , manifestato nella mano posteriore sinistra che regge il fuoco.
MA il potere del velamento manifestato nel passo del piede destro che schiaccia la testa del "nano dell'ignoranza).
ŚI il potere della creazione manifestato nella mano posteriore destra che regge e suona il tamburello.
VĀ è la grazia dello svelamento manifestata nel movimento del piede sinistro, sospeso a metà tra cielo e terra.
YA il potere della protezione/mantenimento (Sthiti) indicato dalla mano anteriore destra nell'atto di assumere il mudra chiamato Abhaya mudra, la mudra che allontana la paura.
Inutili divagazioni mentali?
Possibile,
Ma è così che parlano i testi tradizionali.
Ciò non significa che, chi ne ha voglia, non debba continuare a cantare o a recitare OM NAMAHA SHIVAYA senza sapere cosa significhi e come si pronunci, per carità!
Però potrebbe essere interessante andare a vedere cosa succede se sipratica il mantra con la corretta pronuncia dopo aver riflettuto/meditato sulle valenze simboliche e "vibrazionali" delle singole sillabe.
Si, credo che potrebbe essere interessante...
Un sorriso,
Paolo
Paolo
Grazie. Hare Krishna.
RispondiEliminaInteressante!:)
RispondiEliminaNamaskara! Grazie di questo prezioso contributo!
RispondiElimina🙏
RispondiEliminaStiamo tornando verso casa e verso il Divino, direi che in questo caso vada bene OM NAMAḤ ŚIVĀYA?!
RispondiElimina🙏🏻
ci sono certi motivi nei film https://tantifilm.live/ che la gente può prendere in considerazione per diventare una persona migliore...
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