Patanjali,
uno dei mitici siddha del Tamil, si dice fosse il più grande grammatico del suo tempo.
Secondo
la leggenda aveva moltissimi discepoli, almeno mille.
Così,
per farsi ascoltare da tutti prese l'abitudine di velarsi dietro una tenda e di
manifestarsi come “Serpente Cosmico, Adi Shesha dalla voce tonante. Spinto
dalla curiosità un discepolo un giorno sollevò il velo e lo sguardo di Adi Shesha
incenerì all'istante tutti gli allievi. Solo uno si salvò: Gaudapada, maestro
del maestro di Shamkara che si era assentato per andare a fare pipì (!).
Patanjali gli insegnò tutto ciò che sapeva ma,
per punirlo della trasgressione di essersi allontanato senza chiedere il
permesso, lo trasformò in un demone mangiauomini. Gaudapada stava quindi su un
albero, vicino al guado di un fiume, e faceva, come la sfinge, una domanda ai
viandanti, chi sbagliava la risposta veniva mangiato all'istante. La domanda
era questa:
"Dimmi il participio passato di cuocere"
.
Bizzarro,
vero?
In
sanscrito è in realtà un po’ più complicato di ciò che sembra, ma pare
interessante notare che il lignaggio di Shamkara, innovatore e organizzatore
dell’induismo, parte, attraverso Gaudapada, da Patanjali e che la grammatica, o
la danza delle lettere, è importante quanto lo Hatha Yoga, danza degli dei che
Patanjali/Adi shesha apprende da Shiva in persona.
Conoscere
il significato letterale delle parole per molti yogin, è una necessità.
Yogasvrttinirodha, il secondo verso degli Yoga
Sutra di Patanjali, ad esempio, viene tradotto spesso con "arresto delle
modificazioni della mente" come se nirodha
significasse fermare, arrestare (“vritti” può essere tradotto con “modificazioni”
e “chitta” con “mente”/”memoria”)
Ma
per Patanjali nirodha è , insieme ad ekagrata e samyama, una delle tecniche operative del raja yoga.
È
un flusso e, al tempo stesso, è
l'intervallo tra due istanti ovvero due forme-evento o quadri.immagine, che lo
yogi deve "allargare" per diventare "uomo vero", per scoprire,
cioè, la natura della mente.
È
difficile interpretare i testi classici indiani. Nelle traduzioni moderne vige,
ad esempio la tendenza ad interpretare la traduzione di certi termini sanscriti
nella maniera più diversa possibile , soggettiva e riferita a nostre opinioni
personali.
Ad
esempio, a fronte di una definizione di coscienza come insieme delle esperienze e
conoscenze, che si potrebbe anche accettare parlando del più e del
meno, dal punto di vista dello yoga inteso come filosofia realizzativa la
coscienza è conoscenza pura. Coscienza
è, pertanto, la determinazione prima AHAM (IO SONO) che fa discriminare tra IO
e QUESTO (IDAM), tra soggetto di conoscenza e manifestazione (oggetto di
conoscenza) Coscienza è ciò che fa dire
SO'HAM (HAMSA) riflesso
dell'autocoscienza onnipervasiva o conoscenza assoluta.
Comprendere
che cosa sia la Coscienza significa, nello yoga, penetrare e realizzare il Mahavakya
Prajnanam Brahma: il Brahman che è coscienza (conoscenza) assoluta.
La
definizione di coscienza come insieme delle esperienze e conoscenze pare in
realtà una via di mezzo tra chitta
(il teatrino della memoria sostanziato di stoffa del pensare nel quale si
annidano i semi nati dalle esperienze, bogha)
e ahamkara, letteralmente ciò che
costruisce (Kara) l'Io (Aham) che può essere visto come una
proboscide che, dall'interno, si estende verso l'oggetto di conoscenza dando
alla mente la forma dell'oggetto stesso.
Vorrei
proporre adesso una lettura degli yoga sutra di Patanjali uno di seguito
all'altro (magari facendo riferimento a più traduzioni considerate attendibili)
senza leggere note ed interpretazioni, un approccio che potrebbe rivelarsi utile a chi, già
conoscendo patanjali, vuole approfondire lo studio degli Yoga Sutra.
Patanjali Yoga
Sutra I, 1-17,
traduzione semplificata:
Adesso
viene l'esposizione dello yoga: Lo yoga è la sospensione delle modificazioni
della mente (citta), ovvero l'immersione in quello stato, o flusso, detto
nirodha, grazie al quale il veggente (colui che percepisce?) riposa nella sua
essenziale natura (l'uomo vero che riscopre la propria dignità). Quando non si
è immersi nello stato definito nirodha, ci identifichiamo con le modificazioni
della mente perdendo il rapporto con la nostra reale natura. Queste
modificazioni della mente possono essere penose (brutte ) e non penose (belle)
ma sono comunque modificazioni. Esse
sono di cinque tipi:
Giusta conoscenza.
Le basi per una giusta conoscenza
(modificazione non penosa- bella) sono:
1)percezione
diretta (quello che vedo sento tocco capisco direttamente)
2)
inferenza (scoperta del significato implicito di una frase o di un
ragionamento)
3)
testimonianza (le scritture ritenute attendibili.
Non discernimento.
Il
non discernimento è una falsa nozione, una credenza o una convinzione o una
percezione basata non sulla reale natura di un oggetto.
Se
vedo il riflesso della luna in un secchio d'acqua e penso che la luna sia nel
secchio d'acqua è non discernimento.
Immaginazione.
l'immaginazione
è un flusso provocato da parole , convincimenti, ragionamenti privi di ogni
fondamento, pura fantasia
Sonno.
Il
sonno è quella modificazione che comprende il senso di vacuità, mi sveglio, ad
esempio da un sonno profondo e penso che vi sia stata obnulazione di coscienza,
vuoto, vacuità, mentre questa sensazione in realtà dipende solo dal fatto che
non ho coscienza del testimone.
Non
vi può essere vacuità perché se percepisco il vuoto significa che siamo almeno
in due: io e il vuoto.
Memoria.
La
memoria consiste nel trattenere l'oggetto sperimentato. ho un incidente in
motorino e rivivo le immagini dell'incidente come se fossero qui ed ora.
Fisso
nella mente qualcosa che è passato (e quindi non esiste!) e questo qualcosa è
causa di miei comportamenti come se fosse qualcosa che ha una esistenza reale.
(abhyàsavairàgyàbhyàm
tannirodhah) Il
controllo delle modificazioni precedentemente elencate (giusta conoscenza, non
discernimento, immaginazione, sonno, memoria) si ottiene con il non
attaccamento e con l'esercizio costante del nirodha. Per esercizio costante si intende
l’essere fermamente fondati nello stato di nirodha, ovvero nel finalizzare
continuamente la nostra pratica alla sospensione delle modificazioni, al
tentativo cioè di esperire e tentare di rendere stabile il flusso che abbiamo
chiamato nirodha.
Questo
esercizio (abhyàsa) non è facile, bisogna praticarlo per lungo tempo,
incessantemente, con entusiasmo, senza distrazioni.
Per
ciò che riguarda il non attaccamento si può dire che è la consapevole
padronanza di chi ha superato il desiderio di oggetti visibili ed invisibili; è
risaputo infatti che paura, desiderio, avversione nascono sempre dal desiderio
di oggetti. Se ottengo l'oggetto che desidero provo piacere, se arriva un
oggetto che non desidero o tarda ad arrivare quello che desidero divento
pauroso e rabbioso. Ma questo non è ancora il distacco supremo che invece è
rappresentato dalla totale libertà dai guna.
Solo
prendendo coscienza del purusha si può essere liberi dai guna in quanto i guna
rappresentano le qualità della prakriti. Questo prendere coscienza del purusha
è una condizione di conoscenza, condizione che si accompagna:
all'argomentazione
(tutto sembra seguire un disegno logico ed è facile argomentare, con l'aiuto
delle scritture ), alla deliberazione , alla beatitudine (ananda) e al senso
dell'Io sono. Ecco quindi che tramite l'esercizio del nirodha e del non
attaccamento si può ottenere l'identità con il purusha, l'identità con il
purusha si può definire samadhi.
La
parola argomentazione sta a significare che si parla del samadhi con Prajna
(conoscenza coscienza) della prima specie ovvero vitarka in cui la coscienza si
concentra su un oggetto, un seme.
Deliberazione
sta ad indicare che si parla del samadhi vicara e quindi non si segue un
oggetto specifico, ma si tratta di una certezza intuitiva. una spontanea
deliberazione.
Beatitudine
sta a indicare che si parla del samadhi ananda in cui si è immersi nell'unità e
si ha a che fare con gli dei intesi come immagini che rivestono le idee
platoniche (archetipi).
“Senso
dell'io sono” significa che si parla del samadhi asmità: riconosco l'identità
con l'uno, Aham brahmasmi, si parla quindi di esperienze del samadhi che avvengono
sul piano della prakriti. A qualcuno il discorso potrebbe sembrare oscuro o
complesso, a me pare cristallino, logico ed essenziale. Per facilitare la
comprensione di alcuni testi fondamentali per lo yogadarshana è opportuno
abituarsi a leggere le scritture cercando di comprendere, prima, il loro
significato letterale e solo successivamente passare alle interpretazioni date
loro dai vari glossatori.
In
questo modo molto di ciò che ci appare confuso nella filosofia realizzativa
assumerebbe una improvvisa chiarezza. Gli yoga sutra sono non un manuale di
istruzione, ma la testimonianza di una realizzazione.. Per comprenderli
bisogna, comprendere prima dal punto di vista letterale, usando la cosiddetta
mente empirica che è riflesso della Coscienza assoluta. Comprendere il
linguaggio letterale, studiare i testi con un certo rigore e senza gli svolazzi
della fantasia può essere noioso, forse, ma è necessario. Occorre insegnare
alla nostra mente empirica una nuova tecnica del pensare.
Yogasutra I,
17 - vitarka vichara ananda asmita rupa anugamat samprajnatah
traduzione di Raphael:
“la condizione di conoscenza è quella accompagnata
dall'argomentazione,dalla deliberazione. dalla beatitudine dal senso dell' io
sono".
il Sutra I,17 descrive
quattro tipi di samadhi.
Il samadhi è conoscenza
diretta della realtà.
significa che non vi è
distinzione tra OGGETTO di conoscenza e tra SOGGETTO conoscitore.
Per comprendere appieno
penso sia necessario introdurre i concetti di अस्ति asti - भाति
bhāti - प्रिय priya
प्रिय priya, dalla radice PRA che significa insorgere ,
sbocciare, è tutto ciò che è piacevole,bello a vedersi, amabile,
adorabile,beato e portatore di beatitudine.
भाति bhāti dalla radice bhā che significa luce, significa
apparire sembrare, luccicare, scintillare ecc.
अस्ति asti dalla radice AS che significa essere vuol dire
Esso (lui, lei) E', ma anche esistere, essere stare...
bhāti è la "luce
propria" di un oggetto, ciò che dà origine alla forma con la quale lo si
può "conoscere".
La vera forma (स्वरूप svarūpa ) di un oggetto, sarà quindi la forma che
appare senza sovrapposizioni mentali, come diretta emanazione della luce
propria dell'oggetto, bhāti.
Il samadhi con seme è
quindi la conoscenza diretta che nasce dall'unione fusione del conoscente con
l'oggetto di conoscenza.
वितर्क vitarka significa
argomento.In questo caso è il nome del tipo di samadhi che insorge dalla
concentrazione su un pensiero particolare, un seme.
Per esempio medito su OM
NAMAH SIVAYA, comincio ad intravedere la sua struttura triplice (nama= mondo
delle forme, Ya = jiva individuato, Siva = assoluto) e la sua struttura
quintuplice (NA- MA-SI-VA-YA) che rappresenta i cinque poteri della
manifestazione (creazione, distruzione,mantenimento, velamento , grazia) fin
quando i pensieri cominciano a girare da soli fino a farmi perdere il concetto
dell'individualità e la consapevolezza del voler conoscere-comprendere e la
mente si identifica completamente nel mantra, che rimane come seme (pratyaya).
विचार vicāra significa, idea, concetto.
in questo caso è il nome
dato al secondo tipo di samadhi.
l'idea è ciò che sta
"dietro all'oggetto.
è il noumeno.
la differenza tra il vitarka
samadhi ed il vicāra samadhi è , banalizzando, una differenza di
"spessore".
Il primo (vitarka) indica
un pensiero più grossolano, si utilizza cioè l'intelligenza ordinaria.
per citare Dante si
potrebbe parlare di "piena comprensione del linguaggio letterale".
in un certo senso VITARKA
è il samadhi della coscienza di veglia.
Il secondo (vicāra)
utilizza una intelligenza più sottile.
l'intelligenza intuitiva
che fa svelare , in un attimo, il significato di simboli ed allegorie.
Si potrebbe parlare di
"piena comprensione del Linguaggio Allegorico".
Se l'attenzione nel
vitarka samadhi è su un oggetto, in vicāra vi è la possibilità di comprendere
la reale natura di tutti gli oggetti.
Vitarka è una freccia che
centra il bersaglio stabilito.
vicāra è la possibilità di
tirare la freccia verso qualunque bersaglio .
in un certo senso è il
samadhi della coscienza di sogno.
I terzo tipo di samadhi è आनन्द ānanda che significa gioia, beatitudine , grande
piacere sessuale..., detto anche सानन्द sānanda .
È la beatitudine indifferenziata, è lo stato
della conoscenza assoluta permeata dall'ignoranza assoluta.
Lo si può collegare allo stato coscenziale di
Prajna o sonno profondo.
Il quarto stadio o tipo di samadhi è detto अस्मिता asmitā ed è riferito con l'Uno, l'Essere, l'Antico
dei giorni.Asmitā può essere tradotto con egoismo e rappresenta qui l'identità
con Isvara .
Quattro specie di samadhi , quindi, (corrispondenti ai
quattro dhyana del buddismo) che vengono definiti samprajñāta ovvero con
conoscenza ad indicare che esistono ancora dei contenuti che possono essere
ridotti alla dialettica Soggetto conoscitore-oggetto di conoscenza.
Ricapitolando avremo:
vitarka o savitarka
(corrispondente , credo,al primo "dhyana" del buddismo)collegato al
ragionamento empirico, al linguaggio letterale ed allo stato detto visva stato
di veglia
vicāra o savicāra
(corrsipondente al secondo dhyana del buddismo)collegato alla comprensione intuitiva
(tipica ad esempio del fare arte), al linguaggio allegorico ed allo stato detto
Taijasa
ānanda o sānanda
(corrispondente al terzo dhyana del buddismo) collegato all'identità con le
idee/dei , al linguaggio morale ed allo stato detto prajña.
asmitā o sasmitā
(corrsipondente al quarto dhyana del buddismo) collegato all'identità con l'uno
principiale, al linguaggio anangogico ed allo stato detto di Isvara.
questi quattro livelli
sono collegati tra loro nel senso che non si può accedere ad uno stato senza
aver esperito e stabilizzato i precedenti.
La stabilizzazione dei
livelli del samadhi è chiamata Amākalā,
uno dei nomi o poteri della Dea, che si potrebbe, secondo me, tradurre come
Arte (कला kalā ) divina o arte dell'immortalità (अमर amara sta per immortale, eterno, dio)
Oltre questi quattro tipi o livelli del samadhi ve
ne sono altri che si possono considerare dei "gradini" indispensabili
a salire da un livello all'altro.
Il vitarka o savitarka samadhi è legato alla conoscenza/identificazione
di/con un oggetto "grossolano" (un pensiero "grossolano")
in un certo senso si tratta di un processo teso a svelare gli "effetti di
un oggetto.
Quando la mente si identifica completamente con
l'oggetto grossolano o il ragionamento empirico c'è uno stacco, un momento di
(apparente?)assenza.
Si può fare l'esempio (banalizzando)di una
persona completamente concentrata sulla soluzione di un problema matematico o
un gioco enigmistico.
Il momento in cui ha o crede di aver colto la soluzione
non ha le parole per dirlo.
ma il ragionamento che lo
ha condotto a tale soluzione cessa improvvisamente.
Il totale assorbimento nella soluzione del
problema ed il conseguente isolamento da tutto ciò che può interferire con tale
soluzione è definibile vitarka samadhi.
Il momento di cessazione
dell'attività che precede il momento della espressione della soluzione è detto
NIRVITARKA samadhi e patanjali lo citerà nel sutra I,43;
smriti
partisuddhou svarupa sunyeva artha matra nirbasa nirvitarka
nella traduzione di
Raphael:
“Quando la memoria è
purificata e la mente perde la sua propria forma e soltanto la conoscenza reale
dell'oggetto (di concentrazione) risplende, si ha lo stato di concentrazione
senza argomentazione (nirvitarka)”.
In pratica si ha la "percezione" (?)
della "vera forma" dell'oggetto e di ciò che di quella vera forma è
"causa", ovvero ciò che prima abbiamo definito भाति bhāti, la luce propria di un oggetto, senza le
sovrapposizioni create dalla mente.
Nirvitarka samadhi, ovvero
la conoscenza consapevolezza della vera "natura" di un oggetto
conduce al samadhi detto vicāra o savicāra, la coscienza/conoscenza o la
possibilità della coscienza/conoscenza della reale natura di tutti gli oggetti
o fenomeni.
Si è sul piano delle energie sottili, taijasa, il
piano di sogno. anzi si può dire che savicāra è la piena coscienza di sogno.
L’identificazione nella
coscienza di sogno diviene in un certo senso "oggetto di conoscenza".
Il gradino successivo è nirvicāra, il momento in
cui cessa anche il pensiero della identificazione con il piano delle energie
sottili e conduce al sānanda samadhi caratterizzato dalla pura beatitudine.
ovviamente anche il
piacere/beatitudine, a sua volta, può divenire oggetto di conoscenza.
Quando cessa questa possibilità si ha il nirānanda
samadhi che conduce alla consapevolezza isvarica dell'IO SONO, o
sasmitā samadhi.
Questi 7 livelli [sei per
il vedanta nel quale (cfr. Indian Psychology, Volume 1, di Jadunath Sinha)
Sānanda e Nirānanda sono considerati un unico stato] rappresentano l'insieme
dei
samadhi samprajñāta o samadhi con conoscenza .
La rivelazione della coscienza di veglia vitarka
o savitarka samadhi è relata alla conoscenza dei Bhuta o elementi grossolani
(etere, aria, fuoco, acqua, terra) ed al loro risolversi l'uno nell'altro (la
terra si discioglie nell'acqua ecc.).
La rivelazione della coscienza di sogno vicāra o
savicāra samadhi è relata alla conoscenza dei Tanmatra ovvero gli elementi
sottili (suono, sensazione tattile, luce/colore,sapore, odore)
La rivelazione della coscienza di sonno profondo
o della beatitudine che nasce dalla armonizzazione degli opposti ānanda o
sānanda samadhi è relativa ai sensi ovvero alla possibilità di percepire ed
interpretare gli elementi sottili.
La rivelazione dell'unità primordiale asmitā o
sasmitā samadhi è relativa alla comprensione di ahamkara come funzione e non
come individualità.
Il tutto si può ridurre al processo introspettivo
del Chi sono ovvero alla meditazione (cfr.Shamkara aparokshanobhuti) su Ko'ham
(chi sono io) - Na'ham ( non sono) - So'ham (sono questo).
Meditazione/concentrazione
sugli elementi grossolani (vitarka) io non sono(na'ham) il corpo fisico.
Meditazione/concentrazione
sugli elementi sottili (vicāra) io non sono il corpo energetico, le energie sottili,
i movimenti emotivi.
Meditazione/concetrazione
sulla coscienza sensitiva (ānanda) io non sono la mente che percepisce le
diversità e la molteplicità.
Meditazione sull'IO sono (asmita) Io sono l'unità degli
opposti.
Vitarka è ciò che coglie ASTI la qualità
dell'esistenza negli oggetti grossolani (Asti-essenza-esistenza) ovvero la
forma (RUPA) svelandone la vera forma o svarupa.
Vicāra è ciò
che coglie la luce (bhati) che sottende agli oggetti grossolani svelandone il
Nome (nama) ovvero il suono/luce che rende percepibile la forma.
Ānanda è ciò che coglie l'essenza di beatitudine
(priya).
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