Tratto da "TANTRA LA VIA DEL SESSO", Edizioni Aldenia, Firenze 2015. Parte IV, Cap.III
La vita umana è un percorso che dalla nascita, attraverso una serie di passaggi di stato che chiamiamo infanzia, adolescenza, maturità, vecchiaia, conduce alla morte. I passaggi di stato sono saṃsāra e la morte è nirvāṇa. Ma la morte non è il contrario della vita, anzi ne fa parte, perché la Vita è l’unica vera Dea e prescinde dall’esistenza individuale. La vera “Liberazione”, o “Illuminazione” consiste nel vivere pienamente la propria esistenza realizzando che l’identità tra saṃsāra e nirvāṇa. il Tantra (e i Veda) non ci dicono nulla di più e nulla di meno.
Saṃsāra che di solito viene tradotto con “ CATENA DELLE RINASCITE” letteralmente significa INSIEME/CON [saṃ] l´ESSENZA [sāra]. Nirvana che viene tradotto con LIBERAZIONE, significa SENZA [ nir] MUSICA/VITA [vāṇa]. Quando sono vivo sono con l’Essenza, ovvero con la Vita, la Dea. Quando muoio non c’è più vita e non si sente più il suono (musica) del respiro. Chi si lega al fantasma dell’ego, e crede che la sua individualità sia un tesoro da custodire e proteggere, soffre della dipartita dei suoi cari (si sente abbandonato e quindi tradito) e dell’approssimarsi della sua. Chi invece si arrende alla Vita, unica Realtà, muore sereno. Nello Yoga Scienza e Poesia si rincorrono l’un l’altra, si avvinghiano, si lasciano e si riabbracciano come amanti vogliosi. Non c’è differenza tra anima e corpo, c’è solo l’Essere Umano.
Nel leggere il Ṛgveda sono rimasto colpito dal continuo alternarsi di pianti e sorrisi, dalla leggerezza con cui vengono trattati i moti dell’animo, le gesta eroiche, le profonde riflessioni sulle origini del cosmo. Sono così noiose, al confronto, le nostre attuali erudite disquisizioni filosofiche!
Basta pensare ad Indrāṇī che si lamenta per la scarse prestazioni erotiche del marito [-“Il cazzo dell’impotente ciondola tra le coscie…”-]. Le parole degli autori dei Veda, leggere e potenti insieme, graffianti e cariche di umori, fanno trasparire un amore infinito per la Dea e per l’Essere Umano.
Il vero saggio danza la vita. Il concetto di base del tantrismo ( e del sapere vedico, ché per me sono la stessa cosa…) è abbastanza semplice:
«Se vuoi vincere la paura della morte e arrivare sereno alla fine dei tuoi giorni, devi comprendere che la Vita è qualcosa di più dell’esistenza individuale”.
Per arrivare alla meta, una morte serena, gli antichi maestri ci danno una serie di consigli pratici, chiamiamole “tecniche operative”, che ruotano intorno a tre parole che paiono personaggi dei fumetti:
bhakti, bhukti e mukti (1).
Bhakti letteralmente significa «ciò che appartiene a qualcosa d›altro», ma è anche «una linea che divide» o «una porzione di qualcosa».
Bhukti è il «godimento», «l›utilizzazione di qualcosa», ma indica anche «il movimento che un pianeta compie in un giorno solare».
Mukti, che generalmente viene tradotto con “liberazione”, significa “abbandono”, “gettato via”, “spedito”.
Il fine del Tantra (e di tutto ciò che chiamiamo Yoga) è quello di liberarsi della paura della morte (mukti) e di assicurarsi una serena dipartita. La via più semplice è quella di comportarsi bene, cercando di non far soffrire nessuno, condurre una vita onesta insomma, in modo da non aver nemici che ti rompono le balle quando stai per morire, né sensi di colpa che ti torturano quando il Signore del Tempo bussa alla tua porta. Ma non è che sia una via sempre affIḍabile.
Spesso ci si fanno dei nemici senza saperlo e altrettanto spesso i rimpianti per i “baci che non si è osato dare”, ovvero la soddisfazione dei desideri che ci siamo negati per fare le persone brave, buone e oneste, torturano come e più dei sensi di colpa. E allora entra in gioco Bhakti, l’appartenenza:
-”Non aver paura, non sei solo, abbi fede in Tizio, Caio o Sempronio e la luce che Egli/Ella/Loro faranno sbocciare nel tuo cuore ti condurrà alla gioia eterna, al paradiso o a una rinascita fortunata”-
Bhakti non è male, perché a chi non riesce proprio ad abbandonarsi al flusso della Dea, cioè a buttar via la propria identità individuale, far parte di una congrega di eletti o di una comunità di simili appare un compromesso accettabile: nel feticcio che si costruisce, assieme agli altri devoti, si ficcano tutte le qualità positive che l´essere umano può immaginare e si crea un flusso virtuale che, comunque sia, alla fin fine andrà a sciogliersi nel fiume dell’Esistenza, nella Vita.
I problemi nascono quando si comincia a voler affermare la superiorità del proprio feticcio rispetto a quello altrui. L’Ego si annulla sì (parzialmente) nella comunità dei fedeli o degli affiliati, ma a volte si proietta nella comunità stessa, sovrapponendosi al feticcio da adorare. E allora vai con la lotte di religione, le discriminazioni, le sette segrete.
A volte i risultati della Bhakti sono paradossali, Buddha Shakyamuni, che, ad esempio, nel Kāma la Sutta (2) dà una visione corretta e ispirata dei primi insegnamenti tantrici, finisce con il diventare oggetto di quella devozione contro la quale metteva in guardia i suoi discepoli.
Altre volte gli effetti sono drammatici. I massacri fatti in nome di Dio, le dispute teologiche risolte a colpi di spada o illuminate dal fosforo bianco sono i crimini più stupidi e orrendi che un essere umano possa compiere.
Note:
1 Le tre parole sono bisillabiche e hanno in comune la parola kti, come śakti, rakti ecc. La sillaba kti indica nello yoga una particolare azione da compiere nella pratica e le sillabe che la precedono sono invece le vibrazioni che provengono, da particolare settori della sfera celeste detti in astronomia Nakshatra. I Nakshatra sono 27 e le sillabe/vibrazioni sono quattro per ogni Nakshatra. In totale quindi abbiamo 27x4= 108 vibrazioni che rappresentano i 108 elementi della fisica vedica.
2 “Non dovete credere nella forza delle tradizioni, anche se sono tenute in grande considerazione per molte generazioni e in molti luoghi; non credete in una cosa semplicemente perché molti ne parlano; non credete basandovi unicamente sulle affermazioni degli antichi saggi; non credete nelle cose che vi siete immaginati pensando che fosse un dio ad ispirarvi; non credete in nulla che si basi solo sull’autorità dei vostri maestri o dei preti. Dopo averle attentamente esaminate, credete soltanto alle cose che avete sperimentato e trovato ragionevoli, alle cose che faranno il vostro bene e quello degli altri”. Shakyamuni- “KAMALA SUTTA” - traduzione di Alexandra David Neel.
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