A che serve la meditazione?
Si è vero, scimmiottando i monaci zen si dice spesso che non serve a niente, anzi che non deve servire a niente, ma una finalità la dovrà pure avere, altrimenti tutti coloro che si iscrivono ad un corso di meditazione, o acquistano un manuale di meditazione dovrebbero essere dei deficienti.
Se spilucchiamo un po' trai testi di yoga, Yoga Sutra ad esempio, si scopre che prima di meditare bisogna purificare una roba detta चित्त citta, oppure che meditare è lo stato in cui चित्त citta è purificata.
Volendo sapere a che serve la meditazione, il primo passo sarà, ovviamente, scoprire cosa significa citta.
Usualmente viene tradotto con "mente", ma visto che io preferisco trovare i significati da solo ( non perché non mi fidi, per carità, ma perché cercare di capire una cosa da soli può essere un buon metodo per allontanarsi dal pericolo dei luoghi comuni) sono andato sul vocabolario a controllare.
Una mossa che non è stata di grande aiuto.
Ho scoperto infatti che Citta infatti vuol dire un sacco di cose, troppe per i miei gusti: scopo, desiderio, intelligenza, conoscenza, cuore, memoria ecc.ecc.
Allargando la ricerca alle parole composte, però, credo di aver trovato il bandolo della matassa:
cittacaura (si pronuncia cittaciaura) nel linguaggio comune significa "amante", anzi l'amata/o, o "ladro (caura) del cuore (citta)".
Bene.
Adesso è più chiaro: citta, forse, è l'insieme delle facoltà che chiamiamo pensare, volere, sentire...
Se mi innamoro citta, viene rapito (ah. piccola parentesi: le parole sanscrite con la A finale ho scoperto che sono maschili, Citta è neutro ma per consuetudine le parole neutre con la A, come asana si considerano maschili) completamente dall'amata/o.
In altre parole tutte le mie energie sono concentrate sull'oggetto del mio amore.
Ok. non abbiamo ancora capito cosa è la meditazione, e a che cosa serve, ma visto che è uno stato collegato alla "PURIFICAZIONE DI CITTA" possiamo dire che CONCENTRARE CITTA su un oggetto NON è meditazione.
Ovvero se mi concentro su un punto, un disegno, una statua, un mantra, un processo fisico (come la respirazione, ad esempio) non sto meditando, mi sto "concentrando"
La concentrazione nello yoga viene chiamata धारणा dhāraṇā, che è una tecnica che "precede la meditazione".
Se mi "concentro" proietto all'esterno o nel mio corpo fisico tutta la mia attenzione, ovvero tutte le facoltà che abbiamo chiamato pensare, volere, sentire...
Meditare quindi deve essere qualcosa che NON HA a che fare con la proiezione di quelle facoltà.
Ma che cavolo è allora?
Vediamo... Qual'è quello stato, sperimentabile da tutti noi, in cui, pur essendo vivo e vegeto, non faccio uso delle normali facoltà del pensare, del volere e del sentire?
Ovvio, il Sonno Profondo!
Quando dormiamo senza sogni noi non proiettiamo niente, siamo vivi, ma non ne abbiamo coscienza.
E allora per caso, la meditazione non sarà il sonno profondo?
Se così fosse per quale motivo dovremmo imparare a meditare?
Basterebbe andare a letto. Giusto?
Evidentemente non è così, ci deve essere qualcosa in più.
Ma il sonno profondo può essere una chiave per cominciare a capire cosa si fa quando si medita veramente.
Io dormo.
Sono in camera mia, nel mio letto eppure è come se non ci fossi.
Diciamo che sono contemporaneamente nel letto e da qualche altra parte, di cui non conserverò nessun ricordo quando mi sveglio.
Ecco! La meditazione è essere in quella "qualche altra parte" da svegli....
A questo punto conviene parlare delle definizioni di VIRTUALE e REALE.
Virtuale è ciò che è apparenza fenomenica, ovvero tutto quello che "ora c'è" e "ora non c'è", quello che cambia nel tempo e nello spazio, insomma.
Reale è invece quello che non muta, che resta costante nel tempo e nello spazio.
In sostanza possiamo definire virtuale tutto ciò che ha coordinate spaziali e temporali.
Per capire basta vedere gli oggetti come eventi: una sedia di legno è una sedia di legno, ma dieci anni fa era un albero, venti anni fa era un seme e tra cent'anni sarà segatura.
La sedia è una sedia ed è "qui" solo per me che la sto osservando adesso.
Ma se l'avessi osservata quarant'anni fa sarebbe stata, magari, un albero in Norvegia.
Mi pare abbastanza logico.
Ma torniamo al sonno.
Sono stanco, mi addormento, sogno e poi la coscienza se ne va da qualche parte.
Al risveglio "se tutto è andato bene" mi sento riposato e pieno di energie.
Evidentemente è successo qualcosa.
Devo aver attinto energia da "qualche parte".
Da una "SORGENTE" di qualche genere.
Non sarà che la meditazione sia un mezzo per attingere coscientemente energia da questa "SORGENTE"?
Se così fosse bisognerebbe pensare alla possibilità che meditando si debba entrare in un territorio assai strano, senza coordinate di spazio e di tempo, nel quale si trova una Sorgente inesauribile, la Fonte della Vita.
Domanda: ma perché dobbiamo utilizzare delle tecniche per bere ad una Fonte alla quale siamo connessi naturalmente?
Evidentemente c'è qualcosa o qualcuno che nelle condizioni ordinarie ci impedisce di bere.
Se ritorniamo un attimo al discorso di cittacaura, ladro del cuore, potremmo dire che una delle cose che impediscono di accedere alla Sorgente è il nostro essere "rapiti" dagli oggetti esterni, ovvero dalla realtà VIRTUALE.
Il pretendere che questi oggetti virtuali siano Reali, ovvero che non dipendano dalle coordinate spazio-temporali, è quello che nello yoga si chiama ATTACCAMENTO.
L'attaccamento genera sofferenza.
Ovviamente.
Un oggetto è un'evento.
Muta forma nel tempo e nello spazio.
Se arrivo a credere che la mia felicità sia legata alla forma dell'oggetto, non potrò che rimanere deluso.
Ricapitoliamo:
1) Meditare serve a connettersi consapevolmente con la Fonte della Vita alla quale abbiamo (dovremmo avere....) accesso naturalmente durante il sonno profondo.2)Il territorio in cui si trova la Fonte della Vita non ha coordinate spazio-temporali o, comunque, ha coordinate spazio-temporali diverse da quelle ordinarie.
3) Questo territorio è Reale mentre ciò che definiamo vita quotidiana è Virtuale (perché muta al variare del punto di vista, non perché non esista in sé)
Adesso rimane solo da chiarire come si fa ad eliminare quel qualcosa o qualcuno che ci impedisce un accesso costante e consapevole alla Fonte della Vita.
Lo yoga propone una serie di metodi: asana, sequenze,mantra, mudra, yantra.
Non so se ciò voglia dire che prima di meditare si debba per forza, che so, imparare a mettersi a testa in giù, ma credo, comunque, sia una indicazione di cui tener conto.
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