"L'anima e il cuore che hanno imparato a vedere non possono permettersi di abbassare lo sguardo"
Givaudan-Meuros
La dimora di Tāra è un castello di diamante, con otto colonne, quattro porte e quattro archi che si aprono su quattro terrazze.
Nelle stanze risuona il suo mantra “Oṃ Tāre Tuttāre Ture Svāhā”.
Se si va a tradurre si rimane un po' delusi:
“Tāre” è il vocativo di Tara, “OH TARA!””
"Tu" sta per “pregare qui, ora”, per cui Tuttāre diventa "O TARA TI PREGO, QUI,
ORA”.
"Ture" è il vocativo di "Tura", che significa "veloce, disponibile, pronta”.
“Svāhā” sta per omaggio, preghiera.
Oṃ Tāre Tuttāre Ture Svāhā tradotto in italiano suona più o meno così:
“OM! OH TARA! O TARA TI PREGO QUI ED ORA. A TE, LA VELOCE, RENDO
OMAGGIO”.
Non è bellissimo, diciamoci la verità, ma in ogni mantra ci sono suoni e significati
nascosti.
“Ta “o “Tām”, ad esempio è il bija mantra di Tārā, il suo “suono seme”.
“Ra“o “Ram” è il suono del Fuoco,“colui che abita nell'occhio del sole” e
impreziosisce il bianco coi colori dell'iride.
-” Chi è Tārā ?”-
Chiese una volta una di noi al "Teacher" quando lavoravo con i Tibetani:
-” She's a woman “- rispose Lobsang Jinpa - “her name was Yeshe Dawa”-
Tārā , la “Madre di tutti i Buddha”, è l'energia creativa dell'universo.
I Tibetani la chiamano Dölma e pensano abbia il vezzo di scendere sulla terra, in
forma umana, anche due o tre volte ogni era.
La prima “Donna /Dea” fu , Yeshe Dawa, la “Saggezza della Luna”, vissuta migliaia
di anni prima di Śākyamuni.
Anche allora c'era un Buddha, un maestro illuminato che girava paesi e città a
insegnare la legge del Dharma: lo chiamavano Tonyo o Toyon Dorge.
Yeshe era una sua allieva.
Si dice fosse così bella che “il vento si fermava per guardarla e la sua voce era
così dolce che gli dei scendevano dai cieli per goderne”.
Il suo nome si sparse nei tre mondi e attorno ai fuochi, nelle sere d'estate, se ne
cantavano le gesta.
Si sussurrava fosse un'illuminata, ma una Buddha femmina non si era mai vista e un
po' per abitudine, un po' per interesse, si insegnava che solo incarnandosi nel corpo
di un uomo ci si potesse liberare dal saṃsāra, la catena delle rinascite.
Preti e yogin si riunirono per discutere il da farsi.
Cercarono nei libri antichi, ascoltarono gli oracoli, lessero gli astri ed evocarono gli
antenati.
Alla fine trovarono una soluzione.
Il più anziano andò da Yeshe, si inginocchiò e le parlò così:
- “Oh saggia Yeshe!
Luminosa come la falce della Luna e infinita come l'oceano senza sponde.
Se solo tu fossi uomo, un nuovo Buddha camminerebbe assieme a noi per la felicità
di tutte le creature.
Ti scongiuriamo!
Va in una grotta, siediti e rivolgi la tua mente al bene degli esseri senzienti.
Mutati in un uomo.
Oppure prega che, nella prossima vita, tu possa indossare vesti virili.
Solo chi ha essenza maschile può essere un un Buddha! “-
“Saggezza della Luna” rimase in silenzio per un bel po'.
Poi sorrise, col sorriso di una Dea, e unì le dita nel gesto che insegna:
- “Ti ringrazio, ma temo che le tue parole siano frutto di un errore.
Se guardo, con gli occhi del cuore, non riesco a trovare, nell'universo intero, un solo
uomo.
E neppure una donna.
Sono solo forme, diverse tra loro quanto l'onda e l'acqua .
È vero, molti sono i Buddha che han scelto di discendere come uomo, ma sono forse
i peli sulle guance a far sbocciare il loto del Nirvana?
No, mi spiace, non farò sacrifici agli dei per assumere forma maschile.
Per il bene degli esseri senzienti, rinascerò mille e mille volte ancora in un corpo di
donna, fino alla fine dei tempi” -
Da allora Tārā in ogni epoca discende sulla terra, in ogni epoca per dare forma fisica
alla Conoscenza.
La chiamano anche Prajñāpāramitā, o, a volte, Uṣṇīsavijayā.
Le 21 Tārā che i tibetani invocano nella preghiera del mattino, sono tutte persone,
donne in carne e ossa.
La principessa cinese Wen Cheng, detta Sitatārā o Tārā bianca, indossava vesti
candide come la neve.
Verde scuro era invece il manto di Bhrkuti, nepalese dall'animo guerriero e poi ci
sono Sitātapatrā, la “Reggitrice di Ombrello”, Khadiravaṇī , la “Dama del Bosco di
Acacie”, Mahāśītārā la “Bella tra le Belle” e Jāṅgulī, la “Signora dei Serpenti”.
Ce n'è per tutti i gusti
- “She's a Woman” – è una donna Tārā, ma è anche uno strumento per il meditante,
un Yidam ( iṣṭadevatā in sanscrito), che dorme nello spazio segreto del cuore.
Sta a noi destarla.
Givaudan-Meuros
La dimora di Tāra è un castello di diamante, con otto colonne, quattro porte e quattro archi che si aprono su quattro terrazze.
Nelle stanze risuona il suo mantra “Oṃ Tāre Tuttāre Ture Svāhā”.
Se si va a tradurre si rimane un po' delusi:
“Tāre” è il vocativo di Tara, “OH TARA!””
"Tu" sta per “pregare qui, ora”, per cui Tuttāre diventa "O TARA TI PREGO, QUI,
ORA”.
"Ture" è il vocativo di "Tura", che significa "veloce, disponibile, pronta”.
“Svāhā” sta per omaggio, preghiera.
Oṃ Tāre Tuttāre Ture Svāhā tradotto in italiano suona più o meno così:
“OM! OH TARA! O TARA TI PREGO QUI ED ORA. A TE, LA VELOCE, RENDO
OMAGGIO”.
Non è bellissimo, diciamoci la verità, ma in ogni mantra ci sono suoni e significati
nascosti.
“Ta “o “Tām”, ad esempio è il bija mantra di Tārā, il suo “suono seme”.
“Ra“o “Ram” è il suono del Fuoco,“colui che abita nell'occhio del sole” e
impreziosisce il bianco coi colori dell'iride.
-” Chi è Tārā ?”-
Chiese una volta una di noi al "Teacher" quando lavoravo con i Tibetani:
-” She's a woman “- rispose Lobsang Jinpa - “her name was Yeshe Dawa”-
Tārā , la “Madre di tutti i Buddha”, è l'energia creativa dell'universo.
I Tibetani la chiamano Dölma e pensano abbia il vezzo di scendere sulla terra, in
forma umana, anche due o tre volte ogni era.
La prima “Donna /Dea” fu , Yeshe Dawa, la “Saggezza della Luna”, vissuta migliaia
di anni prima di Śākyamuni.
Anche allora c'era un Buddha, un maestro illuminato che girava paesi e città a
insegnare la legge del Dharma: lo chiamavano Tonyo o Toyon Dorge.
Yeshe era una sua allieva.
Si dice fosse così bella che “il vento si fermava per guardarla e la sua voce era
così dolce che gli dei scendevano dai cieli per goderne”.
Il suo nome si sparse nei tre mondi e attorno ai fuochi, nelle sere d'estate, se ne
cantavano le gesta.
Si sussurrava fosse un'illuminata, ma una Buddha femmina non si era mai vista e un
po' per abitudine, un po' per interesse, si insegnava che solo incarnandosi nel corpo
di un uomo ci si potesse liberare dal saṃsāra, la catena delle rinascite.
Preti e yogin si riunirono per discutere il da farsi.
Cercarono nei libri antichi, ascoltarono gli oracoli, lessero gli astri ed evocarono gli
antenati.
Alla fine trovarono una soluzione.
Il più anziano andò da Yeshe, si inginocchiò e le parlò così:
- “Oh saggia Yeshe!
Luminosa come la falce della Luna e infinita come l'oceano senza sponde.
Se solo tu fossi uomo, un nuovo Buddha camminerebbe assieme a noi per la felicità
di tutte le creature.
Ti scongiuriamo!
Va in una grotta, siediti e rivolgi la tua mente al bene degli esseri senzienti.
Mutati in un uomo.
Oppure prega che, nella prossima vita, tu possa indossare vesti virili.
Solo chi ha essenza maschile può essere un un Buddha! “-
“Saggezza della Luna” rimase in silenzio per un bel po'.
Poi sorrise, col sorriso di una Dea, e unì le dita nel gesto che insegna:
- “Ti ringrazio, ma temo che le tue parole siano frutto di un errore.
Se guardo, con gli occhi del cuore, non riesco a trovare, nell'universo intero, un solo
uomo.
E neppure una donna.
Sono solo forme, diverse tra loro quanto l'onda e l'acqua .
È vero, molti sono i Buddha che han scelto di discendere come uomo, ma sono forse
i peli sulle guance a far sbocciare il loto del Nirvana?
No, mi spiace, non farò sacrifici agli dei per assumere forma maschile.
Per il bene degli esseri senzienti, rinascerò mille e mille volte ancora in un corpo di
donna, fino alla fine dei tempi” -
Da allora Tārā in ogni epoca discende sulla terra, in ogni epoca per dare forma fisica
alla Conoscenza.
La chiamano anche Prajñāpāramitā, o, a volte, Uṣṇīsavijayā.
Le 21 Tārā che i tibetani invocano nella preghiera del mattino, sono tutte persone,
donne in carne e ossa.
La principessa cinese Wen Cheng, detta Sitatārā o Tārā bianca, indossava vesti
candide come la neve.
Verde scuro era invece il manto di Bhrkuti, nepalese dall'animo guerriero e poi ci
sono Sitātapatrā, la “Reggitrice di Ombrello”, Khadiravaṇī , la “Dama del Bosco di
Acacie”, Mahāśītārā la “Bella tra le Belle” e Jāṅgulī, la “Signora dei Serpenti”.
Ce n'è per tutti i gusti
- “She's a Woman” – è una donna Tārā, ma è anche uno strumento per il meditante,
un Yidam ( iṣṭadevatā in sanscrito), che dorme nello spazio segreto del cuore.
Sta a noi destarla.
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