"Non c'è più giorno per me, né notte.
Ho ridato il sonno a Colei cui apparteneva.
Ho mandato il sonno a dormire per sempre.
Amo la Tua oscura bellezza
il battito del Tuo cuore, i capelli arruffati,
Ti amo e ti venero"
(Ramprasad Sen)
Il sorriso della Dea è la GRAZIA, l'energia sottile che muta la percezione.
Ciò che vedi lo vedi con gli occhi della Dea.
Ascolti con le Sue orecchie.
Senti con la sua pelle.
Il tuo corpo cambia, e così lo spazio.
Ogni gesto si fa danza.
Pare più morbido il corpo, fluido.
Come acqua che scorre.
Ogni gesto, ogni Asana sono preghiere dedicate alla Dea.
La dimensione del Tantra è tattile.
Una carezza interiore, un fremito sotto-pelle.
Abhinavagupta parla di effervescenza, la sensazione che milioni di bollicine di champagne tentino di uscire dai pori della pelle.
Sensazione tattile, ma dal tatto, dall'aria, Il sorriso della Dea si diffonde nel corpo e nella mente e si entra in una dimensione altra.
Nello stato di sogno.
Non si tratta di una metafora. Lo stato di sogno è il territorio delle energie sottili.
Tutto è vibrazione nell'universo.
Anche pensieri, parole, immagini oniriche.
Prima di accedere allo stato di sogno occorre essere ben centrati stabili, ché un suono improvviso può farsi lama che dilania la carne e la mente, e un'emozione fossile, una gioia rifiutata o un'offesa involontaria, può mutare il sogno in incubo.
Nello stato di sogno esistono leggi diverse dallo stato di veglia.
Prima di cercare il sorriso della Dea occorre sapere il gioco delle cinque energie e quello del Sole e della Luna interiori.
La Luna, le nadi di sinistra, sono il Corpo di Sogno, l'aspetto emotivo.
Il Sole, le nadi di destra, sono la misura, il ritmo.
I petali dei Cakra sono le nadi principali, le più facilmente percettibili, ma quando si lavora nel sogno, improvvisi emergono i marici, i raggi della creazione, la voce delle stelle.
I raggi della creazione sono infinitamente potenti.
Possono donarci l'Amrita, e farci uno con l'Universo.
Ma non si deve dimenticare che l'Amrita, l'elisir dell'Immortalità, si accompagna all'Halahala, il veleno supremo.
Il Fuoco che dà luce è lo stesso che divora.
Che il praticante, alla ricerca del Sorriso della Dea, ricordi sempre il Mito dell'Oceano di latte.
Si racconta che quando Dei ed Asura si misero a zangolare l'Oceano di Latte alla ricerca dell'Elisir, improvvisi si levarono i fumi del Veleno della manifestazione.
Caddero a terra, gli uni e gli altri, in preda al terrore della morte.
Brahma chiamò Shiva in soccorso, e il Nataraja, senza pensarci due volte, inghiottì l'halahala, veleno troppo potente anche per lui.
Sarebbe morto il Dio Shiva, ma la Dea, in forma di Parvati, gli strinse la gola e poi, in forma di Tara, lo mutò in un neonato e lo allattò, salvando lui e il mondo manifesto.
Dal mondo di sogno il veleno si può fare parola e immagine, e rendere surreale il mondo di veglia...
Attraverso i canali squilibrati, troppo aperti, può impossessarsi della mente.
Se accade, che ogni gesto, ogni pensiero si rivolga alla Madre.
Solo il suo sorriso, il latte del suo seno ridanno vita: è la Maternità ad indicare la via per l'immortalità.
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