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CAKRA TRADIZIONALI E "CAKRA TIBETANI".

Alcune delle domande che fanno più spesso i nostri allievi riguardano i colori e il numero dei petali dei cakra. "Perchè i cakra tibetani" - chiedono alcuni, ad esempio - "sono descritti come bianchi, rossi, blu gialli e verdi ed hanno 36 e più petali, mentre i sei cakra tradizionali sono tutti rossi a parte quelli della fronte e dell'ombelico, ed hanno 4, 6, 10, 12, 16 e 2 petali?". La verità è che bisogna considerare che tutte le volte che si parla di cakra, di bandha e di posture particolari si parla di Haṭhayoga e, quindi, si fa riferimento alla tradizione tantrica; una tradizione molto più articolata e complessa di quanto si creda comunemente. Nello Haṭhayoga tradizionale si parla di solito di sei cakra tradizionali o, più propriamente, di mahāmarma. I mahāmarma corrispondono alle zone dell’ano/perineo, della vescica, dell’ombelico, del cuo-re, della gola e della testa conosciuti dagli antichi me-dici ayurvedici come punti “mortali” in caso di ferite. ...
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ELEMENTI DI DEVANAGARI (Prima Parte)

  Prima di avvicinarci all'interpretazione di un testo come lo Yoga S ūtra  dovremmo, secondo me,  prendere un minimo di confidenza con la devanāgarī . Innanzitutto occorre chiarire che la devanāgarī sta al sanscrito come la scrittura latina – o scrittura romana – sta al francese o all’italiano, quindi non dobbiamo fare l'errore di confondere  devanāgarī e lingua sanscrita , in secondo luogo è bene ricordare che t ecnicamente non si tratta di un alfabeto, ma di un alfasillabario (" abugida ") usato non solo per il sanscrito [1] , ma anche per l’ hindi , il marathi , il kashmiri , il sindhi , il newari, il nepalese , il pāli , il BHS ( Buddhist Hybrid Sanskrit ) ecc. L’alfasillabario, a differenza dell’alfabeto, è una scrittura in cui ogni lettera contiene già una vocale inerente identificata generalmente con la vocale centrale media – scevà - rappresentata nell’alfabeto fonetico internazionale dal simbolo “ ə ”, e in devanāgarī dal simbolo “ अ ”, reso a su...

PELI COLONIALISTI

  PELI COLONIALISTI. Negli ultimi tempi parlando con, Anna, una ragazza poco più che ventenne) molto colta e intelligente, di cui mi onoro di essere amico, ho avuto conferme sull'abisso che separa la nostra generazione - quelli che erano adolescenti negli anni '70 per capirci - e i venti/trentenni di adesso, e mi è venuto il sospetto che il colonialismo culturale statunitense - contro cui noi, all'epoca, insorgevamo ad ogni piè sospinto - grazie ai social abbia raggiunto un livello inimmaginabile, almeno per noi dell'epoca "Yankee Go Home". Un colonialismo culturale subdolo che fa apparire delle mode o dei capricci di una élite alla Federico Rampini, come istanze di libertà o di difesa dei diritti. Uno degli esempi portati dalla mia amica Anna è stato quello della "depilazione vista come un retaggio della cultura patriarcale", per cui alcune ragazze esibiscono con orgoglio i ricci sotto le ascelle e le gambe villose. A parte che ognuno deve essere l...

YOGA SUTRA - SAMADHIPRAJNA, LA LUCE DELLA CONOSCENZA (3.5)

" Samādhiprajñā", traducibile con "concetrazione e intuizione", è un termine tecnico buddhista che non esiste nella letteratura brahminica. Si tratta solo di un preciso riferimento all'insegnamento di Buddha, uno dei tanti presenti nello Yoga Sūtra. Alla fine del IV libro ci renderemo probabilmente conto del fatto che senza uno studio approfondito della dottrina buddhismo, non è possibile comprendere completamente il testo di  Patañjali Tornando a "Samādhiprajñā", viene citato nell'ottavo capitolo del Mahāsaṃnipāta, detto Gaganagañjaparipṛcchā: "Come il Signore disse a Brahmā Prabhāvyūha: "[...] (11) Inoltre, 'la radice del bene' è l'ingresso nella capacità della fede, 'il merito' è in accordo con vigore, raccoglimento e consapevolezza, e 'la conoscenza' è la coltivazione della concentrazione e dell'intuizione ( samādhiprajñā ). (12) Inoltre, “la radice del bene” deve essere stabilita nei cinque poteri, “...

RAPPORTO TRA ENERGIA VITALE E ASTROLOGIA NELLO YOGA CLASSICO

  Per “Yoga Classico” noi intendiamo l’insieme di insegnamenti provenienti dalle venti yoga Upaniṣad e da una serie di testi scritti dal II al XV secolo d.C. Non tutti questi “manuali di istruzione” sono scritti in sanscrito: molti sono in Tamil, alcuni - poi tradotti in sanscrito in epoca moderna – erano in Rajasthani o Gujarati (Gujjar Bhakha), altri ancora –quelli diffusi in Tibet e Nepal dai maestri del Nord dell’India in fuga dalle invasioni islamiche - in una sorta di “sanscrito spurio” mescolato al tibetano. Si tratta di testi che colpiscono per la loro essenzialità e per i continui collegamenti con l’astronomia/astrologia indiana, lo āyurveda, la danza e le arti marziali indiane, tanto da far quasi sospettare l’esistenza i un’unica fonte di conoscenza. Ecco per fare alcuni esempi alcuni brani di un testo del X secolo : […] Lo yogin dovrà quindi eseguire il controllo del soffio vitale […] che spira per le vie della Luna, del Sole e di Rāhu […]. Le vie del Sole, della Luna...